- scritto da Riccardo Zerbinati
- categoria Smaltimento e riciclo
Energia e Architettura: materiali superutilizzati
Con la diffusione dei combustibili fossili quali carbone, derivati del petrolio e gas naturali, l’uomo ha potuto contare, per la prima volta nella storia, su un rendimento energetico fortemente superiore a quello a disposizione fin dall’antichità. Le caratteristiche di queste fonti energetiche, unite ad un costo iniziale basso, ha reso possibile da parte di progettisti poco attenti al contesto ambientale, un affidamento totale a questo tipo di risorse e impianti per garantire il benessere climatico all’interno degli edifici, con conseguente accantonamento di conoscenze e tecniche considerate da molti superate.
In copertina: Washing up Walls, © 2012 Architecten
IL RECUPERO DEI MATERIALI EDILI DOPO LA DEMOLIZIONE
LA CATTIVA GESTIONE DELLE RISORSE
La cattiva gestione del globo, che nel tempo ha determinato la formazione del buco dell’ozono ed il lento e progressivo innalzamento della temperatura, è oramai diventata così incontrollata e insostenibile da arrivare ad un punto di non ritorno.
Si passa, cioè, dalla perdita delle stagioni miti al sempre più accentuato sbalzo climatico tra estate ed inverno, quest’ultimo sempre più breve; dall’avanzare della desertificazione nelle aree equatoriali allo sciogliersi dei ghiacciai polari; dall’estinguersi di certa fauna, al continuo emigrare di talune specie di animali; dall’impoverimento delle sostanze insite nel terreno alla crisi economica dei prodotti agricoli; dall’esaurimento dei grandi pozzi di petrolio alla corsa per lo sfruttamento di quelli più piccoli.
La corsa all’immediata acquisizione di materie prime e la loro indiscriminata gestione hanno cancellato ogni prospettiva di sviluppo a medio e lungo termine quando, invece, è proprio in quella direzione che si dovrebbe guardare.
Non si può più essere ciechi di fronte a dati statistici che denunciano un aumento considerevole del quantitativo di gas serra derivato dall’uso di fonti energetiche fossili, nonostante il Protocollo di Kyoto avesse cercato di porre un freno a tali consumi sin dal 1990.
IL RUOLO DELL'ARCHITETTURA
Si devono dare risposte urgenti e concrete a problemi come la realizzazione di abitazioni che adottino sistemi alternativi a quelli in uso: dall’adozione di tecnologie e accorgimenti architettonici più o meno semplici per il risparmio delle risorse all’acquisizione energetica da fonti rinnovabili. Si può fare molto, ma si dovrebbe fare di più.
Come abbiamo accennato prima però, l’edilizia è responsabile, globalmente, dell’immissione in atmosfera di oltre il 50% del quantitativo totale di CO2.
La grave percentuale che ricopre il settore edile deriva:
- dalla produzione dei materiali da costruzione;
- dalla realizzazione degli organismi edilizi;
- dalla gestione energetica residenziale;
La progettazione bioclimatica vuole utilizzare, per ogni fase del processo edilizio, fonti energetiche rinnovabili, nonché tutti gli accorgimenti e sistemi che da una parte minimizzino il consumo e le dispersioni degli edifici, riducendone il fabbisogno energetico, e dall’altra ottimizzino le potenzialità dei materiali da costruzione e dell’ambiente nel quale sorge l’edificio. Lo sfruttamento di sistemi di risparmio e approvvigionamento energetico basati sullo studio dell’ambiente e delle risorse direttamente disponibili nel sito di costruzione è stato, fino all’avvento delle fonti non rinnovabili, l’unico modo per mitigare l’influenza delle condizioni climatiche avverse all’interno degli ambienti costruiti.
La necessità di ottimizzare le risorse e i materiali disponibili per raggiungere un livello soddisfacente di comfort negli spazi in cui si vive ha fatto sì che l’uomo sviluppasse, nel corso della storia, una serie di accorgimenti mirati a questo fine; questi, una volta verificati e affinati con l’esperienza, sono stati accettati da parte dei progettisti come materiale di progetto al pari e in concomitanza con i materiali base dell’edilizia, influenzando fortemente il modo di costruire nelle diverse parti del globo.
LE MISURE ADOTTATE PER LA LOTTA AL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Per il periodo successivo al termine del Protocollo di Kyoto, l’UE ha pensato ad alcune misure per contrastare il cambiamento climatico e le emissioni nocive in atmosfera. Il “pacchetto”, contenuto nella Direttiva 2009/29/CE, è entrato in vigore nel giugno 2009 e sarà valido dal gennaio 2013 fino al 2020. Questo piano, denominato 20 20 20 prevede di ridurre le emissioni di gas serra del 20%, alzare al 20% la quota energetica prodotta da fonti rinnovabili e portare al 20% il risparmio energetico.
L’obiettivo è ovviamente quello di contrastare i cambiamenti climatici e promuovere l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili tramite obiettivi vincolanti per i Paesi membri.
La prima esigenza per l’UE era sicuramente quella di trovare una modalità per impegnarsi nel periodo “post-Kyoto” senza attendere improbabili accordi globali: l’impegno europeo voleva essere esempio e traino in vista della COP 15 di Copenhagen del dicembre 2009, dove si presupponeva di riuscire a raggiungere un accordo per il contrasto al cambiamento climatico anche sulla scorta dell’esperienza europea. L’UE ha voluto ugualmente promuovere il proprio impegno unilaterale, rilanciandolo oltre il -20% di emissioni entro il 2020 e portandolo al -30% per il 2030 e a -50% nel 2050.
Quindi anche se non accompagnato da un impegno globale, il pacchetto clima-energia rimane un buon insieme di provvedimenti per contrastare il cambiamento climatico ed aumentare l’efficienza energetica.
Anche se una parte di CO2 viene assorbita naturalmente dagli oceani e dalla vegetazione, è impensabile che questi possano assorbire tutta quella che viene prodotta giornalmente.
In trent’anni (1970 - 2000), la concentrazione di CO2 è passata da 250 parti per milione a 370 parti per milione. Questo grande incremento, oltre ad aumentare la temperatura sulla crosta terrestre, ha provocato anche gravi fenomeni di disgelo come nel caso del ghiacciaio Hallstatt, o il ghiacciaio Re, in Austria, che, fino agli inizi del ’900 avevano un’estensione notevole, mentre con l’avvento del nuovo millennio si sono trasformati in spianate scongelate.
La nostra impronta culturale, ci impone un continuo consumo di risorse che vengono spesso cestinate anche se non sono arrivate alla fine del loro ciclo vitale, per essere sostituite con nuove, che spesso svolgono la stessa identica funzione.
Il settore edilizio ad esempio, produce in Europa, circa il 40% del totale dei rifiuti.
La progettazione architettonica costituisce un’opportunità importante di miglioramento delle prestazioni ambientali ed economiche della fase di produzione fuori opera e di smaltimento grazie all’impiego di prodotti riciclati e prodotti superutilizzati.
I prodotti superutilizzati sono il risultato di un processo di recupero diretto di un materiale prima che questo possa essere classificato come rifiuto. Il presupposto è che ogni “cosa” può avere più di un ciclo di vita, in relazione alla capacità di elaborazione del progettista.
I MATERIALI SUPERUTILIZZATI
I prodotti superutilizzati sono il risultato di due processi di riuso prevalenti: riuso a circuito chiuso e riuso a circuito aperto. Il primo prevede il riutilizzo del materiale, o un riutilizzo parziale, sia dopo una lavorazione che dopo una trasformazione limitata nel sistema che lo ha generato; il secondo prevede le stesse tipologie di riutilizzo del circuito precedente, ma il rifiuto che nasce per una destinazione, dopo alcune lavorazioni cambia e diventa un altro elemento.
Le recenti realizzazioni dell’architettura “superutilizzata” si connotano in chiave sostenibile. Come i precedenti, le tipologie dei materiali superutilizzati, sono classificabili a seconda delle caratteristiche del rifiuto.
La Manifesto House, realizzata in Cile dallo studio James & Mau,fa un uso di legno e cartone, mentre il Retail building, opera dell'artista Choi Jeong-Hwa a Seul, utilizza porte in rivestimento sul prospetto.
Altri esempi di edifici che impiegano rifiuti come materiali da costruzione sono il Washing up Walls dei 2012 Architecten costruito con vecchi lavandini in acciaio inox, la Council House 2 Building che riutilizza legno e cartone sugli schermi in facciata e la villa Wepeloo che utilizza materiali reperiti in un raggio di massimo 15 km.
Molte di queste soluzioni, servono si a diminuire gli scarti di produzione, i rifiuti, le emissioni di biossido di carbonio e i consumi energetici, ma spesso, come negli esempi costruiti da Superuse Studios e 2012 Architecten, il prodotto finale risulta più oneroso di un prodotto finale costruito ex-novo.
Si deve continuare a percorrere questa strada, utilizzando materiali alla fine del loro ciclo di vita, e materiali che sono diventati scarti di produzione preparandoci a ciò che potrebbe essere una svolta notevole in termini di composizione, utilizzo del suolo e salubrità.
Fonti | Roberto Giordano, I Prodotti per l’edilizia sostenibile, Sistemi editoriali, Esselibri, 2010, Napoli.