Il Diario di una Casa Solare: la parola agli studenti di Roma Tre

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Per sapere come nasce e si sviluppa la casa solare di Rhome for denCity, unico progetto italiano che parteciperà al Solar Decathlon Europe 2014, le olimpiadi dell’architettura green, è importante farlo attraverso i suoi protagonisti: gli studenti, che lo vivono in prima persona e lo costruiscono giorno per giorno. Li ho incontrati e intervistati per farveli conoscere.

Chi sono:

Nicola Moscheni e Barbara Cardone

Che fanno:

Oltre a essere studenti di Architettura, sono due dei numerosi Decatleti del team di Rhome for denCity che parteciperà al Solar Decathlon Europe 2014 a Versailles

Come seguirli:

https://www.facebook.com/rhomefordencity

https://twitter.com/TeamRhOME

http://www.rhomefordencity.it/

Come siete venuti a conoscenza del Solar Decathlon Europe e di Rhome for denCity?

"La competizione all’interno dell’università era già conosciuta, grazie all’esperienza della casa di Med in Italy, arrivata terza a Madrid nel 2012.

Nell’edizione del 2014 che si terrà a Versailles, l’organizzazione ha come obiettivo quello di ridensificare le aree urbane, nel nostro caso Roma, che è la nostra area di intervento di partenza.

A febbraio scorso è stato organizzato per una settimana un workshop di progettazione, dedicato agli studenti, nel quale sono stati messi in ballo alcuni aspetti principali della competizione.

Il workshop è servito per affrontare questi temi che non sempre vengono sviscerati a sufficienza, quasi come fosse stata una simulazione della competizione concentrata in una settimana invece che in 18 mesi. E’ stato un modo per renderci conto del percorso che avremmo dovuto intraprendere, analizzando una zona periferica di Roma, una borgata abusiva o un paese storico da recuperare, facendo in una settimana delle riflessioni che hanno permesso di orientare il lavoro su determinati argomenti.

La difficoltà maggiore di questa edizione del SDE2014 è che il progetto richiesto è un progetto a tessuto urbano e quindi a grande scala, del quale però arriverà a Versailles solo una parte, un prototipo, e quindi non solo bisognerà rappresentare il tutto in quest’unica cellula che è sempre parte di un aggregato urbano, ma anche capire il problema di partenza e andare a risolverlo. Nelle edizioni precedenti invece il prototipo era di una casa monofamiliare e il concetto di aggregabilità non era tra i principali requisiti.

A seguito del workshop sono stati selezionati una ventina di studenti di architettura attraverso dei colloqui conoscitivi, a cui si sono poi aggiunti anche dei ragazzi di economia e scienze della comunicazione".

Cosa ne pensate di questa competizione?

"Il Solar Decathlon è un’esperienza sicuramente molto formativa e interessante, ha una risonanza internazionale e quindi ti permette di capire come stanno procedendo gli altri paesi e cosa questi stanno mettendo in campo come ricerche dal punto di vista della sostenibilità ambientale.

Durante i due anni di preparazione del progetto di Med in Italy, si sentiva coinvolta praticamente tutta la facoltà, perché e si vedevano in continuazione i disegni e i plastici che giravano per le aule, e soprattutto abbiamo seguito e sostenuto il team di Roma Tre in collegamento virtuale mentre la casa era a Madrid".

Come vi trovate a lavorare per la prima volta insieme in un gruppo così particolare?

"Ovviamente non è facile, perché siamo tanti e dobbiamo organizzare un lavoro importante, con moltissime scadenze e con tanti documenti da preparare. Siamo comunque seguiti da un gruppo di professori che ci danno degli input e ci guidano, ma poi sta a noi alla fine comporre il materiale e ragionare sui problemi e le tematiche che ne derivano.

La cosa bella è che siamo un gruppo eterogeneo, perché ognuno di noi ha potenzialità diverse e ciò rende il lavoro molto dinamico, quindi chi è più ferrato in un argomento ha la possibilità di influenzare gli altri e dare il proprio apporto. Lavorare in un gruppo come il nostro ci dà la possibilità di imparare non necessariamente solo dai professori, ma anche da chi ti siede accanto. Il fatto anche di avere un obiettivo comune che è quello della competizione fa sì che ci sia una coesione all’interno del gruppo.

Essendo un progetto molto complesso e con tanti aspetti diversi, ci siamo necessariamente divisi i compiti a seconda delle competenze, chi si dedica alla parte energetica, chi alla parte architettonica, chi a quella urbana, ma questi settori dialogano e si contaminano tra loro, procedendo di pari passo, intrecciati verso lo stesso obiettivo. Questo forse è il modo migliore per portare avanti un progetto che risulti valido dall’inizio fino alla fine.

Durante la competizione dovremo rispondere a 10 prove, che vanno dalla prova di Architettura a quella di Bilancio Energetico, ma riguardano anche argomenti che noi studenti tocchiamo ancora poco all’interno dell’università, come per esempio l’aspetto comunicativo o economico del progetto. Il fatto che ci siano delle regole e dei vincoli da rispettare, spesso ci mette davanti a degli ostacoli che noi dobbiamo per forza superare insieme, anche attraverso dei periodi di grande stress, che non abbiamo a livello accademico. Infatti seguiamo i corsi come tutti gli altri studenti e quando abbiamo momenti liberi dalle lezioni veniamo in aula Solar Decathlon a lavorare e a portare avanti il progetto e dato che la mole di lavoro è tanta dobbiamo dedicarvi del tempo ogni giorno".

Lo scorso aprile è avvenuta la prima consegna, in cosa consisteva?

"È stata utile per capire in che direzione doveva andare il lavoro e, malgrado le diverse problematiche affrontate, ci ha permesso di organizzare il materiale da presentare ed è quindi stato più un rodaggio per testarci anche tra di noi. Sicuramente è servita per conoscerci, per conoscere le nostre attitudini e per preparare il lavoro al meglio per la prossima consegna.

La prima consegna consisteva essenzialmente nella definizione di un Manualovvero un manuale che raccogliesse tutte le ricerche che stiamo mettendo in campo sia a livello urbano che a livello energetico o progettuale e poi in dei Drawingsovvero dei disegni che raccontassero lo stato di avanzamento del progetto, oltre ad una serie di documenti da presentare all’organizzazione, ovviamente tutto redatto in inglese".

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La prossima consegna sarà il primo luglio, cosa dovrete preparare?

"La seconda Deliverable non cambia molto dalla prima, dovremo continuare la redazione del Manualaggiungendo Drawings a quelli già composti, solo in modo più sistematico e più puntuale, toccando più a fondo i temi principali, che a quel punto prenderanno veramente forma. Mentre la Deliverable 1 era orientata più a far capire su quali temi e aspetti le diverse nazioni si sarebbero andate a focalizzare, nella Deliverable 2 si tratterà effettivamente di far capire concretamente dove stiamo indirizzando il nostro lavoro in base al tema scelto, le idee e le ricerche che stanno uscendo fuori durante il percorso di analisi.

Ogni team ha dovuto studiare il proprio contesto urbano di partenza, così come noi Roma, per capire le criticità su cui intervenire attraverso il risanamento del luogo che ha delle problematiche, con una serie di aspetti ecososostenibili e che possano portare il futuro nella città, costruendo una nuova identità e una nuova consapevolezza verso determinati temi, recuperando però le radici del passato.

Abbiamo deciso di approfondire lo studio delle borgate abusive romane, perché riteniamo siano l’anello più debole del nostro territorio. Spesso inserite in contesti dove vi è una forte presenza di resti archeologici, come l’acquedotto Felice all’interno di Tor Fiscale, vogliamo provare a ricostruirgli un futuro, mantenendo e valorizzando la memoria storica, che comunque rimane l’identificazione del quartiere, nel quale le persone possano riconoscersi e costruire un’identità collettiva. In poche parole è il recupero della storia, del paesaggio e dell’identità urbana attraverso degli aspetti dell’ecosostenibilità che possano portare il futuro all’interno della città senza cambiare il presente. Non sarebbe giusto andare ad intervenire cambiando le abitudini degli abitanti o l’aspetto del quartiere, anche se si tratta di un insediamento abusivo. Di Smart Cities se ne parla sin dagli anni Novanta, la differenza è non solo nel voler creare nuovi oggetti architettonici a impatto zero, ma soprattutto creare degli Smart Citizens, cioè degli abitanti che sappiano quali devono essere le nuove abitudini, senza privarsi delle proprie. Analizzando le caratteristiche morfologiche delle borgate spontanee di Roma, si riconoscono degli aspetti comuni con una propria valenza che non può essere calpestata o dimenticata.

Tra l’altro come prima cosa abbiamo eseguito dei sopralluoghi in questi contesti parlando con gli abitanti e cercando di capire i loro modi di vivere nel quartiere e le loro problematiche".

Come porterete la casa di Rhome for denCity fino a Versaillers?

“Il prototipo che realizzeremo dovrà avere una caratteristica fondamentale, che è quella della prefabbricazione e della trasportabilità. I moduli della casa saranno progettati in modo tale da entrare nei vagoni di un treno e così viaggeranno fino a Versailles. Una volta arrivati, i pezzi saranno assemblati e poi starà alla nostra capacità far funzionare ogni cosa a dovere e portare tutta l’Italia che possiamo. La sfida più grande sarà quella di adattare la casa a due climi molto diversi, quello temperato mediterraneo e quello freddo nord–europeo. In ogni caso cercheremo sempre di mantenere le caratteristiche tradizionali della nostra area, che sono tipologiche ma anche tecnologiche”.

Pensate che le case del futuro saranno come Med in Italy o RHome for denCity?

"Personalmente credo sia il punto di partenza, forse c’è la speranza che possano essere così.

Sicuramente è qualcosa che porta cambiamento e soprattutto dobbiamo volere e credere che possa essere effettivamente possibile, altrimenti non saremmo qui.

Una competizione internazionale che coinvolge diversi paesi e in cui l’Italia sarà sicuramente presente è un trampolino di lancio, un punto e uno spunto per riuscire a portare il cambiamento, che in ogni caso è necessario.

Se la persona che vive in una casa a energia zero o positiva, si sente autorizzata a consumare il doppio del normale, allora non ho portato nessun cambiamento. Ognuno di noi deve farsi un esame di coscienza e deve capire che le abitudini devono cambiare, questo no vuol dire che devo privarmi di qualcosa, ma devo aggiustare il mio stile di vita verso nuove necessità.

Una cosa che dimostra Solar Decathlon è che non per forza dobbiamo essere delle Archistar per poter progettare qualcosa di nuovo, qualcosa di innovativo, che porta il cambiamento, noi siamo un gruppo di studenti e professori e lo stiamo facendo qui e adesso".

Francesca Romana Fieri

Francesca Romana Fieri Architetto

Architetto giramondo, dopo tanto viaggiare è tornata a Roma, la sua città di origine, per fondare uno studio di architettura insieme al marito e collega Dario Mabritto. Le sue passioni sono la bioedilizia, la fotografia e la progettazione partecipata.