Il quinto Conto Energia in vigore dal 27 agosto. Molte le polemiche

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E’ stato pubblicato (GU 10/07/12 Suppl. Ord. 143) il Decreto attuativo del V Conto Energia del 5 luglio 2012. La delibera AEEG 292 del 12 luglio, confermando il raggiungimento del tetto di 6 mld di euro di finanziamento, ne sancisce l’entrata in vigore il 27 agosto prossimo. La norma nasce in una nebbia di polemiche, visioni funeste, critiche, incertezze, un clima che accompagna da anni la politica energetica nazionale, assieme ad una

totale assenza di programmazione, in barba ai tentativi europei e internazionali di dare coerenza e sostanza allo sviluppo del mercato delle rinnovabili.

In tale periodo si sono tuttavia evidenziati i punti deboli e le necessità di un settore strategico non solo per le sue funzioni, ma anche, nel corso di una crisi economica, per le sue potenzialità:

  • Necessità di stabilità normativa, ovvero strumenti di incentivazione che tengano conto degli sviluppi del mercato, ma soprattutto mantengano un protocollo utilizzabile ed interpretabile dagli operatori privati, dagli investitori stranieri e dalla controparte degli uffici competenti.
  • Sviluppo della PMI, interprete ideale del mercato distribuito delle fonti rinnovabili: NON grandi impianti, soggetti altamente specializzati (spesso non nazionali), gestioni difficili e soggette alla corruzione.
  • Necessità di correzione di incertezze e complessità che hanno rafforzato aspetti speculativi e mafiosi. Chiarezza normativa ed immediatezza interpretativa sono necessità evidenziate anche in rapporto ai legami che le fonti rinnovabili hanno maturato con il settore edilizio, così importante nel nostro paese.
  • Necessità di snellimento delle procedure per una corretta interpretazione dei costi. In particolare è stata più volte sottolineata la necessità di trasparenza in bolletta, attualmente considerata un balzello senza legami con la libertà di cui sono stati provvisti i relativi mercati.

Per tutta risposta in meno di due anni si sono succeduti, a dispetto dei termini da essi stessi previsti, 3 Conti Energia, ognuno dei quali conteneva già in sé una serie di adeguamenti all’ipotetico sviluppo del mercato FV. Tale sovrapposizione presuppone o una totale incapacità di previsione delle dinamiche energetiche del paese, oppure un più plausibile tentativo, comune ad altra normativa, di creare confusione per indebolire alcuni settori e proteggerne altri. Quest’ultima ipotesi trova riscontro nel bieco ripescaggio del nucleare (o meglio degli investimenti sul nucleare) e nella diffusione di notizie distorte sui costi delle rinnovabili al consumatore, la faziosità delle quali è stata evidenziata da una semplice analisi dei componenti in bolletta.

Del resto il mercato sta evidenziando il calo sostanziale del costo dell’energia elettrica conseguente alla diffusione del FV e del solare termico (in alcuni paesi europei ed in alcuni comuni italiani ecosostenibili ciò ha permesso politiche di riduzione delle tasse). Esso inoltre, com’è suo mestiere, non sta avendo pietà per quegli imprenditori che, anacronisticamente, all’inizio del nuovo millennio investivano in impianti a fonti fossili. Appare dunque chiaro quali siano i settori da “proteggere”, ma gli attuali ministri hanno ritenuto di doverne dare maggiore evidenza con nuove concessioni minerarie per l’estrazione di petrolio e gas (diminuzione delle royalties e del limite dalla costa).

È poco evidente il volume di affari che la compravendita delle fonti fossili comporta per investitori ad alti livelli (trattati con la Russia o con i paesi nord–africani), ma le amministrazioni delle regioni hanno concluso che per le loro tasche e per quelle dei loro cittadini aveva più senso schierarsi dalla parte delle rinnovabili. Ne è nato negli ultimi mesi un surreale confronto/scontro tra Conferenza delle Regioni e Ministeri competenti; sostanzialmente la prima ha puntato a mantenere l’assetto del precedente IV Conto Energia, sia dal punto di vista delle tariffe, sia da quello dei premi e delle modalità di incentivo, proponendo inoltre facilitazioni per le zone terremotate e semplificazioni degli iter burocratici.

Critiche al V Conto Energia arrivano infine dall’UE per bocca del Commissario Europeo all’Energia Guenter Oettinger, il quale in una lettera al governo boccia il sistema dei registri come inutile peso burocratico e giudica eccessivo il taglio agli incentivi, in quanto tali misure scoraggeranno ulteriormente gli operatori privati.

NOVITA’ E NUMERI

Ad essere obiettivo, leggendo il decreto ho trovato le misure adottate, a parte la complessità degli iter burocratici, commisurate con gli assetti del mercato internazionale. Soprattutto esse sarebbero ragionevoli se appartenenti ad un primo, o al massimo ad un secondo Conto Energia, ma il fatto di trovarsi ad una quinta edizione, le ultime tre in meno di due anni, le rende un elemento di complessità assolutamente inopportuno. Ecco le novità.

  • Già nel precedente si era introdotto un registro per l’accesso al finanziamento per potenze superiori ai 1.000 kW. Tale limite inferiore scende a 12 kW, salvo casi particolari. Nell’ambito dei registri, di notevole importanza sono i criteri di graduatoria, che richiamano la classe energetica dell’edificio, la provenienza e qualità dell’impianto, l’integrazione con opere funzionali quali rimozione amianto, bonifica di siti e utilizzo di tettoie e pergole, etc.. I registri hanno cadenza semestrale e le pratiche per uno non sono valide per il successivo.
  • Si sono istituiti dei tetti di spesa vincolanti per l’ammissione al finanziamento, a diversi livelli: complessivamente sono disponibili 6,7 mld euro/anno, ma ulteriori tetti di spesa, parzializzati, si applicano per le singole tipologie di impianto (integrato, a terra, etc.), per i singoli registri e all’interno di questi per i singoli criteri di graduatoria (classe energetica, rimozione amianto, componenti UE, etc.)
  • Per il calcolo delle tariffe riconosciute al kwh prodotto, come nei precedenti decreti esistono classi di potenza e due tipologie di impianto, a terra ed integrati, mentre una terza, quella relativa a tettoie e pergole, non dichiarata ma prevista, si ricava dalla media aritmetica delle due. Il calcolo è notevolmente semplificato: c’è una tariffa omnicomprensiva a cui si aggiunge, in sostituzione al vecchio scambio sul posto, il premio per autoconsumo. I valori si riducono in pratica di oltre il 20%, il che, con gli attuali costi, fa tornare i tempi di ammortamento degli impianti attorno ai 10 anni e a volte anche oltre. Anche in questo caso è prevista una diminuzione semestrale dei valori.
  • Per quanto attiene alla documentazione da presentare, soprattutto per gli impianti integrati e per il riconoscimento della provenienza europea, essa si complessifica includendo dichiarazioni sui singoli componenti a partire dalle case produttrici. Tale complicazione non impedisce tuttavia l’accesso al bonus di pannelli assemblati in Europa ma con celle orientali.
  • Vengono introdotti meccanismi di offerta al ribasso, essenzialmente in due punti: impianti tra i 12 e i 20kW possono essere esonerati dall’iscrizione al registro in cambio di una rinuncia al 20% dell’incentivo; nelle graduatorie dei registri invece, a parità di criterio, per rientrare nello specifico tetto di spesa (da cui la funzione dei tetti di spesa frazionati) si può avanzare proponendo una rinuncia al 5% dell’incentivo. Tali misure hanno già abbondantemente dimostrato in ambito edilizio lo stretto legame con l’abbassamento della qualità delle opere, oltre a far sorgere dubbi sostanziali sulla utilità dei registri se non come strumento di selezione: già si parla di lotteria dei registri.
  • Vengono mantenuti i bonus legati alla sostituzione di amianto e all’utilizzo di prodotti made in Europe, anche se con valori decisamente minori che vanno a diminuire col tempo.
  • Vengono introdotte facilitazioni in diversi punti del decreto (nelle graduatorie di registro, nei tempi di adeguamento al decreto, nei limiti di potenza, etc.) per gli impianti a servizio di enti pubblici e per gli impianti a concentrazione, mentre rimangono quelle per gli impianti integrati tecnologicamente innovativi.
  • Viene introdotto un contributo da versare al GSE, per ogni kWh prodotto per gli impianti che stanno usufruendo dei precedenti CE e per ogni kW di potenza installata per i nuovi impianti, a copertura degli oneri di gestione, verifica e controllo. Oltre all’ingiustizia di rendere tale contributo valido retroattivamente, non si capisce la ragione di una decurtazione di un finanziamento: basterebbe abbassare la tariffa del valore corrispondente, semplificando la pratica.
  • Vengono introdotti limiti dimensionali per quanto riguarda le percentuali di copertura degli impianti su serra, ed il vincolo della messa a norma delle serre.
  • Agli impianti di potenza superiore a 1.000kW spetta invece la tariffa omnicomprensiva diminuita del prezzo zonale dell’energia elettrica. Tale meccanismo appare contraddittorio nella misura in cui la maggior necessità di energia sulla rete viene espressa anche da un prezzo maggiore, ma ciò determina una diminuzione dell’incentivo proprio laddove sarebbe auspicabile una maggiore capacità produttiva. Per lo meno l’energia prodotta potrà essere utilizzata dal gestore dell’impianto.
  • Tra i criteri di graduatoria dei registri viene introdotta la funzionalità dell’impianto a servizio di attività produttive in loco, che assieme a quanto appena detto per i grandi impianti, sembrerebbe delineare una politica di incentivazione di modelli di business “dietro al contatore” (Sistemi Efficienti di Utenza), in cui il produttore vende ad un acquirente locale senza passare per la rete.

ASPETTATIVE DELUSE

Purtroppo occorre a questo punto fare anche un breve riassunto di punti sollecitati dalla Conferenza delle Regioni, da associazioni di categoria e operatori del settore, attese eppure mancanti nel nuovo decreto.

  • Una definizione normativa dei sistemi SEU di cui sopra, che rimangono dunque ancora nel limbo delle opportunità ad un passo dalla realtà, la cui validità è stata riconosciuta anche dall’Antitrust (segnalazione AS898).
  • La semplificazione burocratica, che sembra ora più lontana, soprattutto dalle intenzioni della nuova politica energetica nazionale. Tale deficienza diviene ormai difficile da definire non intenzionale alla quinta revisione.
  • Facilitazioni di accesso all’incentivo per le zone disagiate per calamità naturali, uno strumento notevole che avrebbe permesso di aumentare le capacità di aiuto alla ripresa economica, oltre che alleviare i danni tecnici alla rete.
  • La garanzia di stabilità e durabilità, in vista di nuove revisioni, ricorsi al TAR, correzioni da parte dell’UE, avvicendamento di governi e ministri, etc.
  • Incentivazione di misure di stoccaggio in sostegno alle difficoltà di gestione dei picchi e degli sfasamenti produzione–consumo in rete.

ANALISI DELLE CONSEGUENZE DEL DECRETO

Ho una piccola s.r.l. (es3) che lavora nel settore, dapprima nella consulenza e progettazione, poi anche nell’installazione e chiusura delle pratiche per l’incentivazione di piccoli impianti fotovoltaici. Nel ruolo di responsabile sono costretto a fare delle previsioni riguardo alle possibilità di sviluppo della nostra attività. Purtroppo a seguito dell’annuncio del V Conto Energia ho dovuto constatare un vero e proprio collasso del settore. Hanno chiuso società installatrici, fornitori, intermediari, i rappresentanti commerciali focalizzano su altri prodotti. Non è possibile dare certezze ai clienti né fare piani di ritorno economico.

Le conclusioni che posso trarre sono le seguenti:

Il decreto ha brutalmente avvicinato il mercato alla grid parity, ma come sottolinea Valerio Natalizia del GIFI il problema non è tanto nell’entità dell’incentivo, ma nella sua incertezza, oltre al fatto che il fotovoltaico potrebbe già ora funzionare senza incentivi, ma lo impedisce il costo della burocrazia, troppo elevato e variabile alle diverse latitudini della penisola.

L’indebolimento delle aziende italiane è anche sul mercato europeo, proprio laddove c’è bisogno, nel continuo confronto con le potenze produttrici extraeuropee, di una presenza consolidata di operatori ai vari livelli (è di queste settimane l’adozione di dazi e misure antidumping da parte di USA e UE contro i mercati asiatici).

Un’altra importante considerazione riguarda la “democraticità” delle energie rinnovabili relative alle utenze di piccolo taglio: si tratta di una politica energetica che avrebbe privilegiato la produzione energetica diffusa, le piccole imprese, i piccoli investimenti familiari e la maggiore sostenibilità degli stili di vita e dei consumi, con conseguenti risparmi sulle bollette delle abitazioni o delle piccole attività commerciali e produttive.

Mentre l’economista danese Sweder van Wijnbergen ipotizza un meccanismo di risoluzione del debito pubblico attraverso la concessione di autorizzazioni sul territorio nazionale per impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili, sul nuovo mercato dell’energia l’Italia si affaccia in qualità di manovalanza, ovvero dalla parte di quella larga fetta della popolazione mondiale che sosterrà con dazi sul consumo di massa i costi dei grandi oligopoli di produzione e dispacciamento dell’energia, come già avviene per gli idrocarburi. Con questo decreto e con gli altri sulla produzione energetica l’attuale governo, in sintonia con tali soggetti (uno di essi è il proponente del testo del decreto), ha evitato che una opportunità come quella dell’energia solare, calzante a pennello la geografia italiana oltre che l’imprenditorialità diffusa e di piccole dimensioni, portasse ad una posizione anche solo di parziale indipendenza energetica e dunque economica della nazione.

Scarica la bozza del Quinto Conto Energia

Francesco Cherubini

Francesco Cherubini Dottore in Fisica

Nasce ricercatore biofisico per morire progettista HVAC tra ingegneri, architetti e geometri. E’ il classico soggetto che ha una lavatrice a pedali in cantina e l'estate fa campeggio con i pannelli solari e l'impianto a 12 volts autocostruito. Passione per l'artigianato, il rugby e l'essenzialità.