VII programma Europeo d’azione per l’ambiente. Prima parte

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Lo scorso 20 ottobre, dopo un anno e mezzo di negoziazioni sotto la presidenza dell’Irlanda, è stato raggiunto l’accordo tra Parlamento e Consiglio europei, e, finalmente, è stato adottato il settimo programma d’azione per l’ambiente con un budget d’investimenti di quasi 3 milioni di euro. La notizia ci giunge dall’EEB (European Environment Bureau) l’ufficio che sovrintende le questioni ambientali a livello comunitario. Vediamo dunque quali sonoi principi fondanti e quali gli obiettivi prioritari del nuovo programma europeo che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire entro il 2020 con l’encomiabile fine di agevolare il difficile processo di transizione verso un modello di sviluppo economico più sostenibile, superando le criticità evidenziate durante la vigenza del precedente programma.

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BREVE RETROSPETTIVA

Gli EAP (Environment Action Plan–Programma Europeo d’azione per l’ambiente) sono nati nei primi anni ’70 con lo scopo di orientare, con cadenza settennale, lo sviluppo della politica ambientale dell’Unione europea. La responsabilità del conseguimento degli obiettivi ambientali e climatici contenuti in tali programmi è condivisa dagli Stati membri. In altre parole, ciò significa che anche i singoli Stati possono emanare leggi, purché tali leggi non siano in contraddizione con i diktat europei.

Per essere precisi, gli EAP si fondano sui principi sanciti dall’iniziativa faro della Strategia Europa 2020. Quest’ultima propugna: la costruzione di un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse naturali, dunque, la transizione verso un’economia che disaccoppi imperativamente la crescita economica dalla domanda di risorse e di energia con il fine precipuo di ridurre i relativi impatti ambientali, ovvero di sostenere uno sviluppo che sia in grado di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e che nel contempo aumenti anche la competitività della UE grazie all’efficienza e all’innovazione e, in fine, promuova una maggiore sicurezza in ambito energetico.

Recentemente l’Unione europea è giunta alla conclusione che, nonostante gli EAP abbiano recato complessivamente sensibili benefici all’ambiente, persistono tuttavia tendenze insostenibili nei cinque settori postulati come prioritari e sui quali c’è ancora molto da investire: cambiamenti climatici, biodiversità, ambiente e salute, uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti.

L’EEB nel 2014 celebrerà 40 anni di candidatura greener, ovvero la prima agenzia europea per l’ambiente creata nella UE e con un ufficio a Brussel che raggruppa ormai 140 organizzazioni di 30 paesi e insomma coinvolge nelle problematiche ambientali la bellezza di 15 milioni di cittadini. Secondo il parere del suo direttore, Pieter de Pouscame, l’adozione del settimo programma Europeo d’azione per l’ambiente arriva troppo tardi per correggere il tiro delle politiche europee per l’ambiente entro le scadenze prefissate nella Road map 2050 e, dunque, per spendere in modo efficace il budget della UE nei prossimi sette anni rispettando obiettivi sempre più stringenti. Infatti, Il sesto EAP era scaduto a luglio del 2012 senza però raggiungere gli obbiettivi specifici, prestabiliti, in termini quantitativi lasciando gli Stati membri nell’incertezza.

Il direttore dell’EEB aggiunge poi che solamente vincolando il budget di spesa alle reali priorità ci potrà essere una concreta opportunità di dedicare adeguate risorse all’ambiente. E noi osserviamo che le priorità per la collettività, specie nelle voci di spesa “ ambiente”, “sicurezza” e “salute”, non necessariamente coincidono con quelle di un manipolo di potenti lobby (municipalizzate spesso con una elevata partecipazione privata) come ad esempio quelle che monopolizzano la gestione dell’energia e dei rifiuti, delle quali spesso gli interessi s’intrecciano profittevolmente secondo organizzazioni che seguono i principi delle “scatole cinesi” (società annidate dentro altre, in una catena tendente all’infinito, con il lucroso scopo di occultare il nome del burattinaio).

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PRINCIPI E OBIETTIVI DEL VII EAP

Nel VII Programma d’azione per l’ambiente sono menzionati i seguenti principi fondanti: “Chi inquina paga”, “Precauzione e Prevenzione”, “Riduzione dell’inquinamento alla fonte (di produzione del bene, N.d.R.)” e “Produrre una volta, riutilizzare molte volte (allungare la vita dei materiali cambiandone la destinazione d’uso, N.d.R)”.

Nel quadro generale per la politica ambientale comunitaria gli obiettivi prioritari sono stati ridefiniti tenendo conto del fallimento del sesto programma d’azione, quest’ultimo imputato d’essere eccessivamente ambizioso nella scelta delle mete o superficiale nell’analisi della realtà. Spesso i maggiori ostacoli non sono rappresentati dalle tecnologie messe a disposizione dalla scienza, ma dall’inadeguatezza di alcune burocrazie locali, troppo macchinose e lente nel recepire le novità in genere.

Gli obiettivi sono indubbiamente ambiziosi se consideriamo che, nel settore che più ci riguarda da vicino, quello edilizio (comprendendo anche il suo indotto: arredamento, accessori per la casa, ecc.), l’assunzione di serie politiche tese alla riduzione degli impatti ambientali non è diffusa, prima di tutto perché è volontaria e soprattutto perché, evidentemente, impera una prassi, del tutto obsoleta, di sfruttare le risorse naturali come se fossero illimitate, e di gestire i rifiuti come se fossero robaccia da seppellire o da incenerire allegramente con l’arrogante convinzione di produrre energia rinnovabile, quindi pulita e a basso costo. Tutto ciò in virtù di uno scellerato modello di “sviluppo” lineare capace di impoverire e devastare in modo irreversibile la Terra.

A suffragare l’inadeguatezza della burocrazia raccontiamo un aneddoto, con risvolti reali perché accaduto recentemente nell’evoluta Italia del nord: alcuni enti regionali dedicati ad agevolare il recepimento delle direttive europee in materia di risparmio energetico, in occasione di fiere dell’edilizia green, hanno diffuso tra i loro discepoli la convinzione che non sia possibile realizzare una LCA di un edificio perché non esiste una banca dati Italiana.
Noi rispondiamo che le banche dati solo semplificano l’analisi del ciclo di vita di prodotti e processi, ma questa è sempre possibile anche raccogliendo informazioni in modo diretto e calcolando quindi gli impatti, nelle singole matrici ambientali, per ciascun componente e processo costruttivo, a maggior ragione quando i componenti sono a Km zero.

Non possiamo nemmeno nascondere che dietro la giustificazione dell’impossibilità di completare la banca dati italiana (iniziata i primi anni del 2000) ci sia l’ostruzionismo da parte dei fabbricanti e operatori del mercato delle costruzioni in quanto si appellano al “segreto industriale” per non fornire informazioni indispensabili alle etichettature dei prodotti ecologici. Quindi, come avrebbe detto Catone, Quo bono?

Non è un segreto che una buona parte dei materiali da costruzione possono tranquillamente e legalmente essere considerati risorse da sfruttare reintroducendoli nel mercato con altre destinazioni d’uso o come sottoprodotti. Dopo tutto, i nostri avi in tempi di crisi ci hanno lasciato esempi magistrali riguardo la cultura della manutenzione, riparazione e riciclo. Con l’era del consumismo si è perso tutto. Attualmente, in Italia la normativa per essere più sostenibili ci sarebbe, anche se è farraginosa, piuttosto oseremmo dire che manca l’etica ambientale da parte di certe figure professionali, come dovrebbero essere i manager o meglio i responsabili tecnici della gestione ambientale, vuoi consulenti interni o esterni alle imprese di costruzioni.

Riportiamo alcuni esempi significativi. Senza andare troppo lontano dalla nostra cultura, segnaliamo che in Spagna esiste, già da diversi anni, una rete di associazioni di categoria nel settore delle “Demolizioni e costruzioni”, le quali si occupano di promuovere best practice di aziende e progettisti creando un interessante indotto occupazionale di elevato livello professionale.

Abbiamo scoperto che nel nostro Paese esiste un’associazione omologa, però la nostra è abbastanza dormiente se confrontata con quella spagnola, non si relaziona ad esempio con gli ordini dei professionisti progettisti. Un altro valido esempio in Olanda: si è affermata una figura professionale esperta nella progettazione della demolizione degli edifici in quanto per ottenere i relativi permessi di costruire è necessario presentare oltre al progetto edificatorio anche quello per lo smaltimento futuro di ogni componente evidenziando i relativi impatti ambientali.

Vediamo allora come il nuovo programma di azione ambientale intende superare le criticità emerse in un contesto particolarmente critico nei paesi meridionali della UE, dove la crisi è più forte su diversi fronti: economico, finanziario, occupazionale e ambientale. Innanzi tutto, sottolineiamo che il settimo EAP per conseguire uno sviluppo più sostenibile –mantenendo le specificità in termini quantitativi– sposta l’orizzonte al 2050.
Gli obiettivi su cui si propone di lavorare e sui quali, come cittadini, noi dovremo vigilare sono i seguenti:

  1. proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’Unione;
  2. trasformare l’Unione in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva;
  3. proteggere i cittadini da pressioni e rischi ambientali per la salute e il benessere;
  4. sfruttare al massimo i vantaggi della legislazione dell’Unione in materia di ambiente;
  5. migliorare le basi scientifiche della politica ambientale;
  6. garantire investimenti a sostegno delle politiche in materia di ambiente e clima, al giusto prezzo;
  7. migliorare l’integrazione ambientale e la coerenza delle politiche;
  8. migliorare la sostenibilità delle città dell’Unione;
  9. aumentare l’efficacia dell’azione UE nell’affrontare le sfide ambientali a livello regionale e mondiale.

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Concludendo, la Commissione europea ritiene che sia necessario effettuare sistematicamente valutazioni ex ante dell’impatto ambientale, sociale ed economico delle iniziative politiche a livello UE e di ciascun Stato membro, al fine di garantire la loro coerenza ed efficacia rispetto ai programmi.

Vista l’attuale crisi, la cui durata ha superato le previsioni dei più talentuosi statisti tanto da mettere in discussione –da parte delle fasce sociali più colpite– l’utilità di appartenere all’Unione europea, ci auspichiamo vivamente che le linee guida tracciate nel settimo EAP trovino riscontro quanto prima in Italia per una sana ripresa economica, un benessere diffuso a basso impatto ambientale, e soprattutto vorremmo che vi fossero organi super partes in grado di vigilare, in modo trasparente, la piena rispondenza dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi previsti.

Giovanna Barbaro

Giovanna Barbaro Architetto e Tecnologo

Deve il suo carattere cosmopolita a Venezia, dove si laureò in architettura (IUAV). Dal 2008 europrogettista nei settori green economy e clean tech. Nel 2017 ha realizzato uno dei suoi più importanti sogni: fondare Mobility-acess-pass (MAP), un'associazione no profit per la certificazione dei luoghi pubblici per le persone con disabilità motorie. Tra i suoi hobby preferiti: la fotografia e la scrittura