Salvaguardia delle foreste di legno pregiato. Il nuovo Regolamento Europeo

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A marzo del 2013 è entrato in vigore l’EUTR (EU Timber Regulation)ovvero il Regolamento Europeo 995/2010 con il quale diventa reato immettere nel mercato europeo legname e prodotti legnosi ottenuti illegalmente. Le aziende che manipolano prodotti in legno, nonché i derivati come carta e cartone, dovranno dunque dotarsi di un sistema “Diligente” (Due Diligence System) di gestione della materia prima e dei derivati in modo daevitare di essere responsabili, o quantomeno complici, di questo nuovo crimine ambientale. Si tratta di un ulteriore sistema messo a punto ad arte per “far cassa” o di un valido strumento di salvaguardia delle foreste nel rispetto degli interessi di un’ampia collettività?

L’esempio canadese nella gestione sostenibile delle foreste

IL CONTRIBUTO DELLA FSC A SOSTEGNO DELLA ECOSOSTENIBILITÁ

Già lo scorso febbraio la FSC (Forest Stewardship Council), la ONG della certificazione europea della sostenibilità ormai non solo ambientale, ma anche economica e sociale, dei prodotti in legno, si è preoccupata di far risultare conformi, ai requisiti imposti dal nuovo Regolamento europeo, le aziende che commerciano prodotti certificati, dallo stesso FSC, pubblicando una versione commentata con note esplicative della Direttiva 40–004 per la certificazione della catena di custodia.

Nelle Note Esplicative la FSC chiarisce le regole e i doveri –ai quali gli importatori europei dovranno attenersi– per la salvaguardia del patrimonio ambientale delle foreste sulle modalità di raccolta e trasmissione delle informazioni dei processi produttivi con il fine di evitare che “componenti minori” o “prodotti non conformi” vengano inclusi nei prodotti certificati FSC importati.

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Inoltre, la FSC evidenzia le leggi commerciali e doganali dei paesi esportatori extra Europei, le quali non potranno più essere impunemente trasgredite. L’Europa è infatti responsabile della maggior parte delle importazioni di prodotti in legno dalla Cina, dall’India, dall’Africa e dal Brasile, generando più di un quinto delle emissioni climalteranti globali, si tratta di quasi 6,5 mld di tonnellate di solo biossido di carbonio causato dagli scambi internazionali prevalentemente marittimi.

Il Regolamento in oggetto nasce, in primo luogo, dall’ammissione da parte della UE che il taglio illegale è un grande business in molte parti del mondo –e aggiungiamo– a beneficio di un manipolo di imprenditori, i quali sono i principali responsabili dell’elevata impronta ecologica dei prodotti commercializzati nel nostro mercato europeo. Inoltre, evidenziamo che la cosiddetta filiera lunga è per molte ragioni in “perfetto” contrasto con il principio di sviluppo sostenibile sancito nell’ormai lontano 1987 dalla stessa UE con la pubblicazione del Rapporto Brundtland.

Ricordiamo che quest’ultimo continuerà ad orientare le politiche europee di programmazione dei finanziamenti per lo sviluppo economico con Horizon 2020 (nel periodo 2014–2020). Ci auguriamo in futuro un concetto di eco design più concreto e meno di “facciata”. In questo contesto l’ultimo, ma non marginale, anello della catena “della responsabilità ambientale” è il consumatore informato e consapevole dell’impatto delle sue scelte.

Recentemente UNEP e Interpol hanno stimato che il taglio illegale delle foreste rappresenta tra il 10 e il 30% del totale del legno utilizzato. In molti casi l’approvvigionamento del mercato europeo ha un impatto devastante sulle foreste di legno pregiato in quanto danneggia la biodiversità e penalizza, con il fenomeno conosciuto come land grabbing, il sostentamento delle popolazioni locali, le uniche a pagare le conseguenze ambientali di un mercato basato sulla legge della massimizzazione del profitto economico.

In secondo luogo, il Regolamento intende contrastare possibili scempi forestali legati al fatto che le aziende certificate FSC non necessariamente operano solamente con materiali certificati.
Ci auspichiamo che con l’entrata in vigore di questo nuovo Regolamento europeo le aziende garantiscano ai loro consumatori la provenienza legale anche per il resto delle loro forniture di materia prima, senza però appesantire il prezzo dei prodotti in un mercato,quello europeo, già martoriato dalla crisi economico–occupazionale.

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CERTIFICAZIONE DEL BAMBÙ

Apriamo una breve parentesi sul bambù perché rimangono da chiarire alcuni aspetti legati all’ammissibilità della sua materia prima, a tutti gli effetti legnosa, in molti ambiti dove il legno è ancora sovrano. Diciamo forse lo sarà non per molto tempo ancora, perché intuiamo che l’impatto economico del citato Regolamento sul settore del legno non sarà irrilevante.

Abbiamo constatato che all’oggi vi sono prodotti in bambù marchiati FSC per gli stessi motivi per cui lo sono molti legnami. È il caso dei pavimenti in parquet e dei tranciati usati per le impiallacciature di mobili.

Cogliamo l’occasione per spezzare una lancia a favore del bambù precisando che proprio per il suo rapido ciclo di vita è da considerare altamente rinnovabile rispetto ad un qualsiasi albero impiegato come materia prima. In altre parole, essendo un’erba, una volta reciso il bambù non necessita di essere ripiantato, ma ricresce spontaneamente dai propri rizomi nell’arco di alcuni mesi. Le foreste bambù aumentano annualmente la produzione di biomassa del 30%.

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A nostro modesto avviso, il requisito della certificazione FSC, richiesta ai produttori di materia prima derivata da questa graminacea, afferisce a questioni di tipo commerciale più che di tipo ambientale e sociale: non è incredibile pensare che la menzionata certificazione –conditio sine qua non per partecipare ai bandi “green” – sia piuttosto un criterio, adottato da alcune lobby, per eliminare un eccellente materiale, competitivo del legno in molti settori interessanti (industrial design, costruzioni di strutture e mobili).
Secondo nostre indagini, non esistono di fatto criteri tecnici fondati per scartare a priori il bambù come materia prima nemmeno nelle opere pubbliche per le quali la normativa è particolarmente stringente come ad esempio in materia di reazione al fuoco. Molti prodotti in bambù superano egregiamente gli standard europei.

Evidenziamo alcune delle mirabolanti proprietà del bambù ad esempio nel settore delle pavimentazioni e dei rivestimenti, dove più compete con il legno: il parquet in strand woven (letteralmente strisce in fibre di bambù) arriva ad una durezza Brinell fino a 9 (Kg di forza applicata in un millimetro quadrato)mentre il costosissimo e tutelato Teak raggiunge solo 4.

Per concludere,dobbiamo segnalare che, al momento,la EUTR non riconosce alcuno schema di certificazione volontario come alternativa al DDS (due diligence system) e perciò anche le aziende che importano materiale certificato FSC dovranno impegnarsi a conformarsi alla legge!

Per approfondimenti riguardo i termini di scadenza e ulteriori aggiornamenti rimandiamo al sito dell’ente FSC e a quello internazionale dell’EUTR.





Giovanna Barbaro

Giovanna Barbaro Architetto e Tecnologo

Deve il suo carattere cosmopolita a Venezia, dove si laureò in architettura (IUAV). Dal 2008 europrogettista nei settori green economy e clean tech. Nel 2017 ha realizzato uno dei suoi più importanti sogni: fondare Mobility-acess-pass (MAP), un'associazione no profit per la certificazione dei luoghi pubblici per le persone con disabilità motorie. Tra i suoi hobby preferiti: la fotografia e la scrittura