Dissesto idrogeologico e consumo di suolo. Cause, rischi, soluzioni

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La manutenzione preventiva rappresenta la forma più sostenibile possibile di gestione della risorsa territorio, sia dal punto di vista ambientale sia economica. E a guardare gli eventi clamorosi accaduti nel nostro territorio negli ultimi decenni, non possiamo che convincercene ulteriormente. Dissesto idrogeologico e consumo del suolo dimostrano che il sistema attuale di gestione del territorio ha purtroppo fallito. Un ripensamento profondo e condiviso su cause e soluzioni su più livelli di responsabilità urge, e la questione, di fatto, ci coinvolge tutti, qualsiasi sia il ruolo svolto anche se con pesi decisionali diversi.

Consumo di suolo e rischio idrogeologico: situazione allarmante in Italia

Già dal Settembre del 2007, con la “Conferenza nazionale sui Cambiamenti Climatici” organizzata dal ministero dell’Ambiente nella sede FAO di Roma, sotto il coordinamento scientifico dal climatologo Vincenzo Ferrara, emerse la necessità di adottare un piano nazionale di “adattamento” ai cambiamenti climatici indicando come criteri di base i seguenti paradigmi:

  1. La frequenza e la gravità degli eventi climatici estremi ci suggeriscono di sistemare e rimettere in sicurezza le aree a maggior rischio idrogeologico;
  2. Far rispettare le seppur numerose norme di sicurezza esistenti per le costruzioni nelle zone di esondazione dei fiumi e nelle aree a rischio frana e valanga;
  3. Pensare ad interventi di riforestazione delle aree non antropizzate a bassa vegetazione con l’obiettivo di mitigare gli effetti del riscaldamento climatico in difesa del suolo e per contrastare la desertificazione in atto;
  4. Riorganizzare i sistemi di allerta preventiva meteo–climatico, più efficaci là dove già sappiamo che le emergenze si verificheranno.

Le stesse indicazioni sono emerse dal recente “World Landslides Forum, una conferenza sulle frane e i dissesti superficiali, che si è tenuto a Roma nell’Ottobre del 2011. È stato sottolineato, tra l’altro, la necessità che la comunità scientifica affini gli strumenti per contrastare lo scenario di dissesto attuale. Quindi è stato richiesto alla settore della “Ricerca” di produrre maggiore consapevolezza tra gli attori coinvolti nella gestione del Territorio.

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LE CAUSE DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO

La caratteristica alla base dell’elevata pericolosità geomorfologica ed idraulica cui è soggetto il territorio italiano è la natura geologicamente giovane con una morfologia oltre l’80% di natura collinare e montagnosa, versanti con forti dislivelli e caratterizzata da un regime torrentizio dei corsi d’acqua.
Negli ultimi anni la situazione di base è peggiorata a causa del netto incremento dell’intensità e della frequenza degli eventi pluviometrici estremi. Queste condizioni hanno determinato due tipologie di fenomeni connessi:

  • le frane del tipo colate rapide di fango/detrito;
  • le alluvioni improvvise (flash–floods).

Il quadro generale si arricchisce di altri parametri, sia di origine naturale sia antropica.
Tra le cause naturali associate alle colate rapide, a titolo esemplificativo e non esaustivo, oltre alla pendenza dei versanti si possono ascrivere:

  • la natura dei suoli soprastanti
  • il substrato roccioso
  • la composizione (per lo più di natura argillosa con poca capacità di assorbimento)
  • l’esposizione dei versanti.

Tra le cause antropiche, invece, si possono elencare tutte quelle attività ascrivibili all’azione dell’uomo:

  • La mancata manutenzione dei versanti dovuta all’abbandono delle aree montane;
  • Il degrado dei sistemi di terrazzamento dei versanti con conseguente influsso negativo sui relativi circuiti di drenaggio;
  • La negligenza nel mantenimento dei versanti in corrispondenza delle infrastrutture viarie
  • L’abusivismo edilizio
  • L’attività edificatoria sregolata e fuori controllo
  • L’eccessiva impermeabilizzazione e consumo di suolo

I DATI SUL CONSUMO DI SUOLO

In Europa

Per svolgere una riflessione costruttiva sul fenomeno, vorrei sottoporvi alcuni dati inconfutabili, sulla base dei risultati forniti dall’Agenzia europea dell’ambiente, pubblicato dalla Commissione europea nel 2011.
La quota rilevata d’incremento di territorio occupato nell’Unione Europea fra il 1990 e il 2000 è stata di circa 1000 Kmq l’anno, tanto per fare un raffronto, pari ad un’area vasta come la città di Berlino, ovvero 275 ettari al giorno; dal 2000 al 2006, l’incremento della quota di terreno occupato è scesa a 920 Kmq l’anno (252 ettari al giorno), tendenza questa che non può dirsi confermata per il futuro.
In sintesi: nel 2006 ogni cittadino dell’Ue occupava circa 390 mq, vale a dire 15 mq in più del 1990, di cui circa 200 mq sono impermeabilizzati, cioè coperti da cemento o asfalto, per un totale di 100 000 Kmq, ovvero il 2,3% del territorio dell’Ue.

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In Italia

Per quanto riguarda il nostro Paese, ci sono dati contrastanti: i dati dell’Agenzia europea dell’ambiente valutano nel 2,8% la percentuale di territorio cementificata contro i 7,3% di copertura artificiale ( fonte ISTAT); comunque sia, siamo sempre al di sopra della media europea.

In sintesi sia l’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (ISPRA) che l’Agenzia Ambiente Italia 2011 hanno stimato un consumo di suolo rispettivamente di 8 mq e 16 mq al secondo. Ripeto, al secondo! Questo vuol dire che ogni anno viene cementificata una superficie pari alla somma di quella di Milano e Firenze.

In termini assoluti: l’Italia è passata da poco più di 8 000 Kmq di consumo di suolo del 1956 ad oltre 20 500 Kmq nel 2010. E ancora: nel 1956 erano irreversibilmente persi o più o meno compromessi 170 mq per ogni italiano, nel 2010 il valore è raddoppiato, passando a più di 400 mq. Un aumento che non si può imputare al solo fenomeno di crescita demografica.

GLI EFFETTI NEGATIVI DELL’IMPERMEABILIZZAZIONE DEL SUOLO

L’impermeabilizzazione inoltre diminuisce molti degli effetti benefici del suolo:

  • riduce l’assorbimento di pioggia e produce effetti di flash–floods influenzando negativamente il tempo di corrivazione, cioè il tempo che occorre alla generica goccia di pioggia caduta nel punto idraulicamente più lontano a raggiungere il bacino idrico di riferimento.
  • Impermeabilizzare un ettaro di suolo significa ridurre in modo significativo anche l’evapotraspirazione. L’energia necessaria per far evaporare quella quantità di acqua, equivale al consumo energetico annuo di circa 9.000 congelatori, quasi 2,5 milioni di kWh. In termini economici, un ettaro di suolo impermeabilizzato comporterebbe una perdita di quasi 500 mila euro annuo.
  • La cementificazione delle aree agricole e il consumo di suolo dovuto all’espansione urbana e all’attività antropica in genere, pongono seri problemi anche sull’approvvigionamento alimentare. Tra il 1990 e il 2006, i 19 Stati membri hanno perso una capacità di produzione agricola pari a 6,1 milioni di tonnellate di frumento (l’1% del loro potenziale agricolo, circa 1/6 del raccolto annuale in Francia, il maggior produttore d’Europa). Ricordiamoci che per compensare la perdita di un ettaro di terreno fertile in Europa, è necessario la reimmissione in opera di un’area dieci volte maggiore. (cfr: Rapporto Commissione Europea 2011)

INVERSIONE DI TENDENZA

Urge un cambiamento e un’inversione di tendenza verso la rigenerazione del nostro territorio nel suo complesso (urbano, agricolo e naturale) secondo un nuovo modo di concepire il territorio e gli spazi urbani in chiave di sostenibilità Economica e Ambientale.
Le leggi in materia già esistono.

Questo passaggio si attua attraverso un profondo dibattito culturale da una parte, che coinvolga tutti le compagini della società civile, con l’obiettivo poi di produrre e richiedere un’azione programmatica di Governo più efficace. Un piano d’interventi serio e soprattutto organico e puntuale che fermi e contrasti il consumo di suolo e premi, invece, la riqualificazione e la messa in sicurezza idraulica del territorio, il presidio del territorio non costruito e aperto, di cui gli agricoltori ne sono i paladini, e, al tempo stesso, una riqualificazione complessiva del patrimonio edilizio e urbano esistente in termini di sostenibilità energetica e soprattutto ambientale.

Un’interessante iniziativa, nella giusta direzione appena sollecitata: “La Banca Della Terra”, iniziativa in attuazione del nuovo regolamento, promosso dall’Assessore alle politiche Agricole Gianni Salvadori, appena approvato ai sensi della L.R.T. n. 80/2012.

Luca Facchini

Luca Facchini Architetto

Laureato all’Università di Firenze, dipartimento di Urbanistica - Progettazione Urbana nel 2001. Socio e Consigliere di INBAR, Sezione di Firenze. Ha fatto parte di Edilpaglia. Si occupa principalmente di Riqualificazione Energetica sensibilizzando la Committenza all’impiego di processi e materiali Biocompatibili.