Cambio climatico e dissesto idrogeologico. Cosa fare per attenuare il problema

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Le piogge che fra il 12 e 13 novembre 2012 hanno provocato le alluvioni verificatesi in Toscana, Umbria e Lazio, creato disagio in Veneto e Friuli, e allarme nelle Regioni meridionali, purtroppo, si ripeteranno certamente nei prossimi anni. Ormai non c’è ombra di dubbio: abbiamo superato uno dei punti di non ritornoprevisti dai diversi modelli sul cambio climatico –lo scioglimento delle calotte polari– e questo comporterà la “tropicalizzazione”dell’area del Mediterraneo. Subiremo stagioni secche prolungate che comporteranno il progressivo inaridimento dei suoli, alternate con piogge di tipo monsonico che innescheranno forti fenomeni di erosione. Il dilavamento dei terreni a sua volta comporterà l’aumento del volume di sedimenti depositati nei corpi idrici, riducendo la loro capacità di laminare le piene, quindi le alluvioni saranno inevitabili.

Al momento di scrivere queste righe la conta dei morti per le alluvioni a Grosseto sale a cinque persone. Questo tragico bilancio dovrebbe servire a far riflettere chi ha potere decisionale sulle azioni da intraprendere. Senza voler entrare nel merito sul modus operandi di certa casta politica, che aspetta il verificarsi di uno stato d’emergenza per favorire l’aggiudicazione di opere senza procedura di appalto, anche nel caso di quelle amministrazioni che hanno provveduto in buona fede a realizzare opere preventive bisogna prendere atto che le soluzioni ingegneristiche non sempre si sono dimostrate adatte. Se si continua a ripetere l’applicazione di ricette che da anni si rivelano inefficaci e a cementificare in modo insostenibile il territorio, è chiaro che il problema del dissesto idrogeologico del nostro Paese non farà altro che aggravarsi di anno in anno.

LE AZIONI PER ATTENUARE IL PROBLEMA
Forse siamo ancora in tempo, se non ad evitare il problema, almeno di mitigarlo. Tre sono le azioni fondamentali da realizzare: aumentare la capacità di accumulo e convogliamento dei corpi idrici, ridurre la velocità del deflusso delle acque e, soprattutto, aumentare la capacità dei suoli urbani e agricoli di trattenere acqua.

AUMENTARE LA CAPACITA’ DI ACCUMULO E CONVOGLIAMENTO DEI CORPI IDRICI
La prima azione richiede una pratica antica e ovvia come il dragaggio. È vero che in alcune lagune o corsi d’acqua i sedimenti possono contenere degli inquinanti, ma sulla loro presenza è stato creato, a nostro modesto parere, troppo allarmismo e senza altregiustificazioni che le solite logiche burocratiche.

RIDURRE LA VELOCITA’ DEL DEFLUSSO DELLE ACQUE
La seconda delle azioni era già nota agli antichi romani, i quali quando costruivano gli acquedotti prevedevano a intervalli regolari dei cambiamenti bruschi di direzione con il fine di diminuire la velocità di discesa dell’acqua. In poche parole, è necessario dissipare parte dell’energia dei torrenti in piena. Il cambio brusco di sezione o di direzione di deflusso è un modo, ma anche l’aumento della rugosità delle pareti dei canali è un valido metodo, sicuramente meno invasivo per il territorio. Argini ricoperti di lastre di cemento costituiscono ciò che nel gergo tecnico si chiama un condotto idraulicamente liscio: anche se il cemento in sé è ruvido, la dimensione delle ruvidezze è talmente piccola comparata con la sezione del canale che l’attrito dell’acqua con le pareti non è sufficiente a dissipare l’energia cinetica che cresce man mano che il fiume s’ingrossa e l’acqua scende di quota. Oltre che aumentare pericolosamente la velocità dell’acqua, che nell’urto arriva a distruggere ponti e altri manufatti situati a valle, le pareti lisce possono essere una trappola mortale per chiunque abbia la sfortuna di venire trascinato dalla piena, non solo animali, come il cinghiale della foto, ma anche persone. Una soluzione decisamente più ecocompatibile è il consolidamento delle sponde con massi, come si può apprezzare nella foto.

Foto 2. Un cinghiale trascinato dal fiume Tagliamento in piena. Scattata con il cellulare a Latisana (UD) da Paola De Nardo .

Foto 3. Consolidamento delle sponde del fiume Adda con massi.

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AUMENTARE LA CAPACITA’ DEI SUOLI URBANI E AGRICOLI DI TRATTENERE ACQUA
Per quanto riguarda l’aumento della capacità di trattenimento dell’acqua dal suolo, due sono le possibili azioni che con basso costo potrebbero aiutare a migliorare la situazione attuale di dissesto idrogeologico. La prima consiste nell’aumentare la quantità dei colloidi nel suolo. Infatti, l’utilizzo massiccio di fertilizzanti chimici, negli ultimi 60 anni, ha servito a mantenere il bilancio di azoto e di nutrienti nel terreno necessario per favorire la crescita delle colture. Purtroppo però ci si è dimenticato di mantenere anche il bilancio di carbonio il quale si trova nei suoli sotto forma di humus, materia estremamente porosa in grado di accumulare grandi quantità di acqua e di ridurre dunque il deflusso delle piogge verso i canali di scolo. L’utilizzo di letame o di digestati provenienti dagli impianti di digestione anaerobica (biogas), oltre che risparmiare le emissioni di diossido di carbonio associate alla produzione, trasporto e applicazione dei fertilizzanti chimici, rappresenta un valido mezzo di apportare carbonio organico ai suoli e migliorare la loro capacità di trattenere acqua. Andrebbe incentivata anche la lombricoltura, in quanto questi umili esseri viventi sono efficacissimi nel produrre humus e mantenere la porosità dei suoli. Il ricorso all’applicazione di compost, tanto decantato dai fan delle mode green, non ha le stesse proprietà, in quanto in genere il suo contenuto di nutrienti è di gran lunga inferiore a quello del letame o dei digestati, ma è comunque preferibile al non fare niente. Inoltre, il suolo urbano è suscettibile di essere migliorato. Nella città di Malmö, ad esempio, sono agevolati i progetti che prevedono l’installazione di tetti verdi nelle nuove costruzioni e negli edifici restaurati, in quanto la loro presenza aumenta il coefficiente di permeabilità globale dello spazio urbano, riducendo la portata di punta delle opere di convogliamento delle acque pluviali. La seconda delle azioni possibili è la coltivazione di piante con sistemi radicolari che fungono da vera e propria rete geotessile naturale. Le canne palustri (Phragmites australis) e la canna comune (Arundo donax), che si trovano tipicamente lungo le sponde di fiumi e fossati, sono dei validi mezzi per contenere l’erosione e consolidare i pendii. Più efficace ancora è la piantumazione di bambú gigante (Phillostachys pubescens). Studi realizzati in Cina (Xiao Jianghua. Importance of Ecological Function of Bamboo Forests. Forestry Economy, 2004) dimostrano che la materia organica sciolta (foglie secche e cortecce dei turioni) che si trova in un ettaro di suolo coltivato con bambù è in grado di assorbire totalmente i primi 3 mm di una pioggia, trattenendoli come una spugna. Il bambù infatti assorbe grandi quantità di acqua in poco tempo. Un altro studio (Xue Jiru, Yang Ziming. The Development and use the resources of Moso Bamboo in YunnanProvince. Kunming: Yunnan science and technology publishing house, l995) dimostra che un ettaro piantumato con bambù gigante è capace di assorbire e trattenere fra 3.750 e 4.200 ton di acqua piovana. L’effetto di protezione del suolo contro l’erosione meccanica causata dalla pioggia che può fornire una foresta di bambù è stato stimato in un 16% in più rispetto ad un bosco di pini di pari superficie.







Mario Rosato

Mario Rosato Ingegnere

La sua passione sono le soluzioni soft tech per lo sviluppo sostenibile, possibilmente costruite con materiale da riciclaggio. Un progetto per quando andrà in pensione: costruire un'imbarcazione a propulsione eolica capace di andare più veloce del vento in ogni direzione.