Apicoltura urbana a tutela della biodiversità

La struttura a esagoni dei favi delle api ha da sempre affascinato i progettisti e matematici di ogni tempo. Già il celebre matematico scozzese Colin McLaurin dimostrò nel 1743 che la costruzione di un pannello a celle esagonali è quella richiedente la minima quantità di materiale (per gli amanti delle sfide matematiche, premettiamo che la dimostrazione non è banale e se non ci riuscite da soli, o siete troppo pigri per provarci,  la soluzione si trova su  Apicoltura Online. Eppure questi fantastici animali, produttivi e generosi con l'uomo, sono proprio da lui minacciati e potrebbe essere l'apicoltura urbana la chiave per tutelare questa biodiversità.

In copertina: Arnie in legno progettate da Snøhetta sui tetti di Oslo. © Morten Brakestad

UN ALVEARE PER L'HUB CRÉATIC DEDICATO ALLE START UP

API E ALVEARI MINACCIATI DALL'UOMO

Non  dobbiamo dunque meravigliarci se i moderni materiali compositi utilizzati nelle applicazioni aerospaziali ricorrono a nuclei tamburati esagonali per ottenere elevate resistenze meccaniche con il minimo peso. Le api hanno sviluppato l’istinto di costruire con moduli esagonali durante milioni di anni di evoluzione  darwiniana, perché produrre cera per loro comporta un elevato costo energetico. Infatti, il loro metabolismo richiede ben 10 g di miele per produrre 1 g di cera, quindi  nel corso dell’evoluzione sono sopravvissute solo le line genetiche più parsimoniose, cioè quelle che costruiscono gli alveari con moduli esagonali sfalsati su due facce, utilizzando il minimo di risorse. Possiamo dire che l’ape è anche un animale “riciclatore”, perché sa recuperare la cera che avanza dai vecchi favi. Oggi, purtroppo questi simpatici insetti sono seriamente minacciati dall’agricoltura intensiva selvaggia, che ha comportato una perdita irreversibile di biodiversità, e da pesticidi sviluppati per uccidere altri insetti, facendo diventare le api “vittime collaterali”. Il più pericoloso di tutti i veleni sembra essere  il neonicotinoide imidacloprid, il quale è stato sarcasticamente nominato dall'American Chemical Society come  "molecola della settimana".
Ironia della sorte, la molecola killer vietata nell’UE, ma ancora in commercio negli USA, ha due strutture a forma esagonale…

ARCHITETTURA E DESIGN AL SERVIZIO DELL'APICOLTURA

Alcune autorità municipali, come ad esempio quelle di Berlino, hanno tentato di salvare le api promuovendo l’apicoltura urbana. Bettina Madita Böhm, laureata in design a Bolzano con una tesi sull’apicoltura urbana, presentò nel 2014 alle autorità berlinese un design innovativo di “arnia urbana”.

Apiarium, design di Bettina Madita BöhmApiarium, design di Bettina Madita Böhm

Sicuramente è un design piacevole per gli umani ma viene spontaneo chiedersi se le api siano felici di vivere in una struttura di cemento. Le forti oscillazioni di temperatura date dalla sfavorevole combinazione di conduttività e inerzia termica del cemento, pure quello “alleggerito” e con "canali d'aria", costringono le api a consumare preziose scorte di miele per poter mantenere l’alveare nello stretto intervallo di temperatura  a loro utile per vivere e sviluppare la covata. E’ molto probabile che chi coltiva la passione per l’apicoltura amatoriale trovi tale premiato alveare, caratterizzato dall’accostamento di favi disuguali fra di loro, poco pratico perché gli smielatori sono progettati per telai di misure standard ben precise.

Decisamente più “a misura d’ape” (forse non tanto a misura d’apicoltore, come si può apprezzare dalle immagini) appare il progetto dello studio d’architettura Snøhetta di Oslo, collocato sul tetto di un supermercato alimentare e locale da ballo.

Apiario urbano norvegese, SnohettaApiario urbano norvegese, Snohetta

Negli USA, il paese dei grattacieli, gli studenti dell’università di Buffalo ne hanno costruito uno per le api. Non è chiaro se l’intenzione sia quella di alloggiare più famiglie di api all’interno di una stessa struttura. Si spera di no, perché le api si guidano con i raggi solari a mo' di GPS di estrema precisione , riuscendo a trovare la posizione del loro nido con più o meno un metro di risoluzione, ma è dubbioso che abbiano anche risoluzione  spaziale  in altezza. In una costruzione a condominio “apiesco” , probabilmente le diverse famiglie finirebbero per uccidersi una con l’altra e saccheggiare il miele della colonia più debole. Ammettiamo che si tratta anche in questo caso di un progetto molto carino dal punto di vista estetico, ma poco pratico dal punto di vista di chi, come l’autore, pratica l’apicoltura amatoriale. Molto probabilmente la struttura in metallo, all'interno della quale è alloggiata l'arnia di legno, indurrà stress termico nelle api, costringendole a consumare preziose riserve di miele e polline per mantenere stabile la temperatura del nido.

Grattacielo per apiGrattacielo per api

Secondo Wikipedia, Berlino avrebbe già 15.000 arnie urbane, Londra  altre 3.200,  seguite da Parigi, New York , Hannover, Copenaghen e Tokio. In Italia, come al solito, impera la sindrome NIMBY (not in my back yard). Molti dichiarano di essere naturalisti e preoccupati per il rischio d’estinzione delle api, ma in realtà la legislazione italiana in vigore obbliga i possessori di api a denunciare gli apiari (come se fossero allevamenti di bestiame o animali domestici pericolosi) e a collocarli a non meno di 10 m dai confini con i vicini. Sappiamo di casi in cui, pur rispettando queste disposizione di legge, ci sono poi singoli cittadini o gruppi di vicini che intraprendono azioni contro i possessori, sulla base di un non precisato “rischio per la salute”.

Il settore apistico amatoriale non gode di nessun contributo nè agevolazione, quando potrebbe costituire un’interessante fonte di reddito integrativo per le famiglie provate dalla crisi, e contribuire a migliorare la qualità dell’alimentazione producendo zuccheri e cibo di alta qualità a Km zero.  Perché non combinare ammortizzatori sociali e tutela di una specie preziosa come le api? Nonostante  tutto, si apprezza già qualche segnale positivo per l’apicoltura urbana italiana: nel Belpaese la prima città a favorire l’insediamento di apiari nel proprio territorio è stata Torino, con un progetto iniziato nel 2010, seguita da Milano e Roma. C’è d’augurarsi una maggiore sensibilità da parte dei legislatori e perché no, il contributo di designer creativi, ma razionali, per migliorare le condizioni di vita delle nostre amiche le api.

Mario Rosato

Mario Rosato Ingegnere

La sua passione sono le soluzioni soft tech per lo sviluppo sostenibile, possibilmente costruite con materiale da riciclaggio. Un progetto per quando andrà in pensione: costruire un'imbarcazione a propulsione eolica capace di andare più veloce del vento in ogni direzione.