Animali ed insetti ispirano architetture più efficienti

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La nuova frontiera dell’ecologia scavalca la green economy proiettandosi verso un concetto che stravolge l’attuale modo di intendere l’economia e la produzione, ovvero un nuovo modello elaborato con il nome di blue economy. La blue economy, teorizzata da Gunter Pauli, trae ispirazione dagli ecosistemi naturali (per esempio dalle strategie di sopravvivenza di animali e insetti) e intende affrontare le problematiche inerenti la sostenibilità non solo investendo nella tutela dell’ambiente e in architetture più efficienti, ma cercando di trarre vantaggio anche dalla rigenerazione, riutilizzando quelli che sono considerati rifiuti del nostro tempo al fine di rendere possibile a tutti trarre benefici dall’eterno flusso creativo e dall’abbondanza presente in natura.

Architettura biomimetica: design e tecnologia seguono i modelli della natura

In copertina: Ricostruzione in legno e fuori scala dell’interno di un termitaio.

Per questo s’ispira a ecosistemi naturali, nei quali tutto viene riutilizzato secondo un ciclo detto “a cascata”, dove gli scarti di una produzione diventano le materie prime di una nuova fase. Anche per quanto riguarda l’architettura vi sono dei progetti o idee che si possono inserire nel modello della blue economy, e che per essere efficienti si ispirano a sistemi e tecnologie utilizzati in natura da animali e insetti per sopravvivere, per esempio, adattandosi a determinate condizioni climatiche, come il raffrescamento superficiale del manto delle zebre e i sistemi di ventilazione dei termitai.

IL MANTO ZEBRATO PER CONTROLLARE IL CALORE DI SUPERFICIE

Il manto delle zebre è conosciuto per essere un’efficace sistema di controllo del calore, infatti mentre il bianco riflette la luce riducendo la temperatura superficiale, il nero fa il contrario assorbendo il calore, e la differenza di pressione tra l’aria più calda e più fredda delle strisce del manto innesca un serie di micro correnti che sono in grado di ridurre la temperatura percepita dalla zebra fino ad un massimo di 9°C.

Il principio adottato da questi animali è stato ripreso dall’architetto svedese Andres Nysquit per il progetto della Daiwa House a Sendai, in Giappone: la Daiwa House sfrutta la combinazione di bianco e nero per regolare la temperatura esterna dell’edificio, che in estate si abbassa di circa 5°C apportando un risparmio energetico del 20%.

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In alto: La Daiwa House di Andres Nysquit, Sendai, Giappone.

I TERMITAI: ARCHITETTURE SOSTENIBILI PERFETTE

Un altro esempio che accomuna la blue economy all’architettura è rappresentato dal dibattito poco noto riguardante il modo in cui sono costruite le abitazioni di alcuni insetti, e uno degli esempi più interessanti in questo settore riguarda i termitai.
Le termiti, infatti, nei paesi tropicali riescono a realizzare costrizioni particolarissime che possono raggiungere i dodici metri di altezza (come un grattacelo di dieci chilometri per noi umani), costituite da un impasto di erbe, saliva e sterco che seccandosi al vento e al sole si solidifica diventando resistentissimo.

I termitai sono stati studiati dal team che porta avanti il progetto TERMES (Termite Emulation of Regulatory Mound Environment by Simulation), hanno forme organiche che assomigliano allo sviluppo di frattali di funzioni matematiche complesse, che hanno una loro logica in riferimento alla dinamica dei fluidi, in questo caso dell’aria.

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Schema del funzionamento di un termitaio.

Una delle peculiarità dei termitai è che la temperatura interna viene mantenuta costante a 26°C grazie ad una sapiente regolazione dei flussi d’aria in entrata e in uscita. L’interno dei termitai è infatti composto da una serie di gallerie e torri del vento che a seconda della loro disposizione verticale o orizzontale, consentono all’aria di prendere velocità in alcuni punti o di rallentare in altri, garantendo condizioni ottimali di temperatura, ventilazione e umidità, anche per la crescita di un particolare fungo di cui le termiti prevalentemente si cibano.

La logica di costruzione dei termitai è stata utilizzata sempre dall’architetto Anders Nyquist, pioniere della tecnica di costruzione chiamata “eco–cycle adapted”, per progettare diversi edifici tra cui la scuola Laggarber, in Svezia a Timra, costruita nel 1995. Questo edificio sfrutta i principi di ventilazione naturale presenti nei termitai, per cui ogni trenta minuti si ha un completo ricircolo dell’aria, che significa avere studenti più ossigenati quindi attivi e pronti ad apprendere al meglio.

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La scuola Laggarberg.

Inoltre questo edificio, realizzato appunto secondo i principi dell’eco–cycle design, è studiato per avere un basso impatto energetico, è autonomo sia per quanto riguarda la provvigione del cibo, grazie all’orto curato dagli stessi studenti, sia per il riciclo delle acque grigie e nere che, dopo essere state depurate, vengono reimmesse nel ciclo per annaffiare il giardino della scuola. Questo progetto è stato fonte d’ispirazione per la costruzione di altre scuole, ed è spesso riportato come esempio non solo dal punto di vista costruttivo ma anche per la sua funzione educativa e sociale, facilitata dalla struttura stessa.

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Schema di ventilazione della Laggarber School.

Questi sono solo due dei molti esempi che potrebbero essere qui riportati a testimoniare la capacità di progettisti e architetti di allinearsi a un nuovo sistema di pensiero volto non solo al rispetto dell’ambiente, ma che si propone di arrivare alla svolta “zero rifiuti”, e questo è possibile grazie ad una continua evoluzione dei materiali, dei componenti e dei sistemi tecnologici costruttivi oltre che grazie all’utilizzo di pratiche ispirate a tecniche già presenti in natura.

Virginia Patrone

Virginia Patrone Urbanista

Femminista, ecologista, vegetariana: è urbanista e autrice freelance. Vive a Istanbul, dove durante la giornata scrive di architettura e di bizzarri esperimenti culinari sul suo blog Veganbul, di notte s’immerge nei mondi dei suoi autori preferiti, escogita nuovi progetti artistici cullandosi in calde atmosfere jazz.