Future shack: il rifugio sostenibile in un container

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Il terremoto di Fukushima, Cile e Haiti, le inondazioni in Portogallo, le grandinate abbattutesi in Australia e le tempeste invernali che hanno spazzato gli Stati Uniti, sono solo alcune delle più recenti catastrofi naturali che hanno flagellato le popolazioni colpite, con ingenti danni sia economici sia in termini di vite umane. Tali eventi hanno posto all’attenzione la necessità non solo di rispondere alle urgenze abitative delle aree colpite, ma anchedi sperimentare con libertà e inventiva soluzioni architettoniche che restituiscano dignità all’abitare temporaneo.

Comprare una casa è facile ed economico come comprare una macchina. Soprattutto se si tratta di un prototipo completamente auto–sufficiente, sostenibile e riciclabile. L’idea di trasformare un container navale in una casa di emergenza, si annidava nella mente dell’architetto australiano Sean Godsell già dal 1985, ma il modello fu sviluppato solo a partire dal 1990. Nel maggio 2004 Future Shack è stata esposta al Cooper–Hewitt National Design Museum di New York, conquistando l’interesse di un vasto pubblico.

Il progetto: larga e alta circa 2,40 metri, la struttura ha una lunghezza di circa 6,10 metri, copre una superficie di 15 metri quadrati, e, come se non bastasse, sono sufficienti solo 24 ore per assemblarla!

L’immagine archetipo della casa è evocata dalla copertura parasole a doppia falda e dalla tettoia che, aggettante sull’ingresso, improvvisa una verandah di fortuna. La copertura è in plastica riciclata ed è dotata di celle solari per la produzione di elettricità. Il suo telaio in acciaio zincato ha un design versatile che si presta ad accogliere materiali tipici del luogo tra cui paglia, fango, canne e foglie di palma: anche grazie a questa sua adattabilità ai vari contesti ritroviamo il simbolo universale dello spazio domestico. Una rampa consente l’accesso al piano di calpestio, rialzato rispetto al suolo. Due coppie di gambe di appoggio telescopiche, dotate di un’ampia e robusta base rotante, eliminano la necessità di particolari opere di preparazione del terreno, anzi quest’ultimo può ospitare il prototipo in tutta sicurezza anche se accidentato e con una pendenza fino a 45°. I meccanismi di fissaggio sono elementari e richiedono conoscenze di base, la manutenzione stessa è semplice, rapida ed economica.

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Completamente auto sostenibile, il fabbricato è capace di produrre autonomamente elettricità. Il container è dotato di un elevato isolamento termico che, associato alla ventilazione naturale che si crea grazie a bocchette apribili in copertura per la circolazione dell’aria, assicura un alto livello di comfort interno. I pannelli del tetto forniscono un elevato coefficiente di ombreggiamento e, creando un cuscino termico tra il fabbricato e la radiazione solare diretta, riducono così il carico di calore che la struttura deve sopportare.

All’interno, la casa–rifugio è rivestita in legno compensato e caratterizzata da arredi calibrati su misura. Un tavolo e due letti, incassati nel rivestimento in legno, all’occorrenza si ribaltano per essere pronti all’uso, contribuendo a influenzare la qualità dello spazio, arioso o intimo a seconda che siano nascosti alla vista o svelati. I servizi, bagno e cucina, sono compattati all’interno delle spesse pareti perpendicolari all’asse di percorrenza del modulo, in uno spazio essenziale ma non privo di comodità. In dotazione all’interno dell’unità vi sono serbatoi di acqua, celle solari, rampa di ingresso, ricevitore satellitare, tetto parasole e relativa scala d’accesso. Non manca il rivestimento interno in compensato, imballato assieme a vestiti, scorte di cibo e coperte per i più sfortunati.

I container navali sono moduli universali robusti e durevoli, prodotti in serie. Possono essere stoccati completi del necessaire, in attesa di essere trasportati a bordo di camion, treni o navi (le infrastrutture per il trasporto dei container navali sono disponibili in tutto il mondo). Allo stesso modo, una volta assolta la loro funzione, saranno rispediti in deposito, pronti a nuove evenienze.

Il container di Godsell, sebbene piccolo, è un concentrato di architettura, design e etica: si tratta di un’architettura che soddisfa più i bisogni che i desideri ma, come tutti i progetti di qualità, finisce col riuscire in entrambi i propositi. In questo piccolo–grande esercizio di stile rinveniamo tutta la portata etica insita nel modernismo umanitario scandinavo e californiano, cui Godsell sembra aderire.

L’architettura è lo strumento idoneo a rendere le risorse di cui disponiamo accessibili anche a coloro che non possono sfruttarle, e qui la tecnologia è a servizio del ruolo etico di una sfida così ambiziosa.









Barbara Brunetti

Barbara Brunetti Architetto

Architetto e dottoranda in Restauro, viaggia tra la Puglia e la Romagna in bilico tra due passioni: la ricerca accademica e la libera professione. Nel tempo libero si dedica alla lettura, alla grafica 3d, e agli affetti più cari. Il suo sogno nel cassetto è costruire per sé una piccola casa green in cui vivere circondata dalla natura.