- scritto da Giovanna Barbaro
- categoria Progetti
Condominio partecipato a Bologna: il cohousing è modello di inclusione sociale
Oasi è il progetto sperimentale di cohousing per categorie protette, nato dalla collaborazione tra l'Azienda Usl di Bologna, l'Asp Città di Bologna, il Comune di Bologna e l'Aias (Associazione italiana assistenza spastici, ONLUS).
Lo scorso 28 febbraio è stato inaugurato, al civico 7 di via Barozzi a Bologna (zona stazione ferroviaria) un nuovo modello di coabitare: il condominio “partecipato” all'interno in un fabbricato messo a disposizione dall'ASP-Città di Bologna. La novità risiede nella sua gestione e integrazione di funzionalità rispetto al condominio tradizionale, grazie alla dotazione di spazi e servizi che permettono di migliorare la qualità della vita dei disabili adulti, privi di sostegni famigliari e perciò bisognosi di essere seguiti da terzi, in questo caso dai assistenti sociali. In altri termini, si tratta del tentativo di rispondere alle esigenze della popolazione attuale e della disponibilità di risorse pubbliche per sostenere il welfare nell'Emilia Romagna.
La condizione sociale della popolazione italiana
Da una recente pubblicazione della Regione sul quadro dettagliato ed esaustivo del welfare a marzo del 2014 la “Fotografia del Sociale”, l’Emilia-Romagna è una delle Regioni più importanti d’Italia in termini di ricchezza e PIL pro-capite. Pertanto rappresenta un laboratorio privilegiato per osservare i principali trend di trasformazione della popolazione italiana, circa i cambiamenti demografici e socio-economici e sperimentare modelli d'inclusione sociale come incentivato dalle direttive UE.
Le statistiche, basate su un recente censimento demografico dell'ISTAT, riguardano la popolazione residente Bologna, Imola e Ferrara e restituiscono dati interessanti come: la numerosità, l’età, le differenze sociali per genere, le origini, il tasso di disoccupazione, il fenomeno dei NEET (i giovani tra i 15 e 29 anni che non lavorano e che non sono inseriti in un percorso formativo). Il dato più interessante è la mutazione della composizione delle famiglie, per cui emergono nuovi bisogni, come quello della conciliazione della vita familiare con i tempi lavorativi, in particolare delle donne su cui ricade il peso dell'assistenza famigliare. Le criticità emerse dalle statistiche sono state approfondite da CERGAS dell'Università Bocconi, con particolare attenzione alle percentuali di copertura dei servizi tradizionali di welfare offerti come: assistenza agli anziani, ai disabili e i servizi educativi per i bambini minori di 3 anni. Attualmente i tassi di copertura non superano il 30%.
Per quanto riguarda la condizione di disabilità - intesa come la riduzione o perdita di capacità funzionale conseguente ad una "menomazione”, la quale può essere di tipo anatomico, psicologico o fisiologico (definizione dell'OMS) - si stima che nel territorio della provincia di Bologna vi siano disabili in età adulta (18-64 anni) nel numero di 7.689 persone, di cui 1.021 residenti a Imola, mentre nella provincia di Ferrara ve ne sono 2.980.
I servizi residenziali e semi residenziali hanno una capacità di 1473 posti nella provincia di Bologna mentre di 427 nella provincia di Ferrara. I tassi di copertura del servizio sono quindi molto bassi e si attestano al 19% nell’area di Bologna e al 15% nell’area di Ferrara, mentre nell’area di Imola il tasso scende al 10 %. Per cui ci sono ampi margini di azione in questo settore edilizio.
Un altro dato che suffraga il bisogno in questa area è l’intensità di AD (Assistenza Domiciliare) più alta nel territorio di Bologna con un valore di 6 ore medie settimanali per singolo utente, mentre nella provincia di Ferrara ogni disabile usufruisce in media solo di 2,7 ore alla settimana di AD. In generale per quanto riguarda i disabili il tasso di copertura è del 32 % nelle province di Bologna e Ferrara mentre nel territorio della AUSL di Imola il tasso è del 34 %. Anche in questo settore c'è spazio per l'occupazione lavorativa.
Nel prossimo futuro, dunque, si prospetta un notevole problema sociale, probabilmente non limitato alla regione in analisi: l'aumento del tasso degli anziani poveri e non autosufficienti, destinato a pesare in modo insostenibile sul sistema socio assistenziale in termini di richiesta di figure professionali come i care giving (circa 1 ogni 2 anziani) e di risorse economiche. Si stima che in Emilia-Romagna vi siano circa 100 mila assistenti familiari con una spesa complessiva di 1,2 miliardi di euro all’anno.
A conclusione dell'indagine viene auspicata un'allocazione più efficiente delle poche risorse pubbliche disponibili da assegnare al welfare, quindi una riforma strutturale dello stesso sistema.
Il condominio partecipato
In questo contesto sociale s'inserisce il concetto di condominio partecipato realizzato secondo il modello del cohousing, fenomeno consolidato da decenni in UK. Lo stabile che ospita l'intervento di cohousing è stato riqualificato in modo da ospitare 6 monolocali, di circa 28 metri quadrati e uno leggermente più grande. Molti degli abitanti hanno diverse forme di disabilità che rendono loro difficile muoversi con agilità sulle proprie gambe. Il progetto Oasi è anche inclusivo nel senso più ampio del termine in quanto è multietnico: gli abitanti sono di diverse nazionalità e tutti hanno trovato alloggio dopo aver partecipato ad un percorso di accompagnamento.
La quota di affitto è a canone concordato (da 250 a 350 euro) e consente anche la fruizione dei locali comuni al piano terra, destinati ad accogliere i servizi che non trovano spazio negli appartamenti (stireria, lavatrici, seccatoio, cucina comune), ma anche le importanti attività di socializzazione. L'immobile è di proprietà di Asp Città di Bologna e i locali al piano terra sono stati dati in comodato d’uso all'associazione Aias (che paga un rimborso di 220 euro mensili ad Asp). I lavori per l'abbattimento delle barriere architettoniche sono stati finanziati con i fondi regionali della recente legge sul “Dopo di noi” (n. 112 del 22 giugno del 2016) per sostenere il diritto alla vita indipendente dei disabili.
Tra i campanelli degli abitanti vi è anche quello curioso del “portiere sociale”, si tratta di una persona che si occupa di ritirare i pacchi in arrivo e di consegnarli ai destinatari, di aprire il cancello, smistare la posta, ma anche di acquistare, per conto degli abitanti della palazzina, i prodotti alimentari al Banco alimentare, la cui sede è proprio lì accanto.
Nel condominio partecipato gli abitanti sono seguiti dall'Aias, tramite i suoi educatori a domicilio che coadiuvano il portiere sociale e un'altra figura professionale insolita: il mediatore condominiale con il compito di visitare giornalmente gli abitanti per chiacchierare davanti a un caffè, per dare un sostegno psicologico professionale e favorire le relazioni interpersonali.
Gli intervistati raccontano il condominio partecipato come un luogo bello, vivo, abitato in modo non convenzionale specialmente al piano terra, dove trovano collocazione gli spazi comuni pensati per realizzare attività di relazione e socializzazione, l’essenza stessa del cohousing, ovvero offrire modalità rispettose dell’autodeterminazione e soluzioni che siano in armonia con l’articolo 19 della Convenzione Onu del 2006 per i diritti delle persone disabili. In breve: socialità, responsabilità e autonomia sono i tre elementi del cohousing.
Il progetto è, senza dubbio, un ottimo esempio di modello di assistenza alla convivenza, che consente agli inquilini di vivere una vita dignitosa senza la parvenza di sentirsi in una struttura di ricovero. Tuttavia, come tutti i progetti sperimentali, anche questo, è perfettibile: gli abitanti intervistati hanno espresso il desiderio di poter avere, negli spazi comuni, anche una sala lettura, una sala tv e una piccola palestra.
Come progettisti, studiosi delle dinamiche demografiche, ci auguriamo che questo tipo di esperienza si diffonda sempre di più come buona pratica d'innovazione sociale, in un contesto critico, come quello odierno nel nostro Paese, caratterizzato dalla riduzione delle risorse destinate al welfare (direttive UE e politiche di contenimento del deficit pubblico, per effetto del patto del fiscal compact) sia in termini quantitativi che qualitativi e, in aggiunta, il fenomeno di mutazione della composizione della popolazione nazionale, assoggettata all'incremento, spesso incontrollato di immigrati, da una parte e della speranza di vita dall'altra (l’Eurostat stima che nel 2030 gli ultraottantenni nel nostro Paese costituiranno circa l’8% della popolazione, contro una media europea del 6,5%), che non necessariamente coincide anche con il mantenimento della capacità di autogestirsi adeguatamente degli anziani, costretti invece a rimanere nel mondo del lavoro, produttivi e competitivi, per questioni di bilancio pensionistico.
In ultima analisi, la grave crisi economico-finanziaria che attraversa il Paese e l’Europa tende ad accentuare molte contraddizioni nella gestione pubblica del welfare e pertanto ci induce a riflettere su come intervenire su assetti istituzionali e organizzativi, sulla suddivisione delle risorse e dei compiti, sulle politiche e sui servizi, sia a livello locale che nazionale, innescando, nel prossimo futuro, delle efficaci sinergie tra pubblico e privato anche attraverso, ad esempio, un sistema di voucher.