Architettura spontanea: un viaggio tra gli edifici più originali al mondo

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Nel 1963 Alfred Heineken, durante un viaggio ai Caraibi, vide spiagge disseminate di bottiglie vuote, proprio nel paese in cui scarseggiavano materiali da costruzione. Al suo ritorno, in collaborazione con l’architetto olandese John Habraken, ideò il mattone di birra. L’architetto ebbe il compito di trovare un design adatto alla costruzione, dando vita a bottiglie squadrate rigorosamente verdi Heineken. Il progetto fu presto abbandonato ma costituisce un tassello importante nella storia del pensiero architettonico occidentale: quello di sfruttare qualsiasi materiale, idearlo e concepirlo per tutte le funzioni che sarà in grado di assolvere.

Ma come sempre accade, l’architettura spontanea anticipa di molti decenni quella dei progettisti e imprenditori al punto di avere numerosissimi esempi di costruzioni con materiali di recupero. Uno fra tutti il Wat Pa Maha Chedi Kaew in Thailandia, anche noto come il tempio del milione di bottiglie, che costituisce la più insolita costruzione di bottiglie al mondo. Un milione di bottiglie e migliaia di tappi utilizzati dai monaci buddisti per coprire e decorare il loro tempio, a pochi chilometri da Bangkok.

Negli Stati Uniti una delle più famose costruzioni di questo tipo è la Bottle House, con tre stanze e a forma di L, costruita in sei mesi con 51.000 bottiglie di birra, whisky, soda e medicine. Tra gli insediamenti spontanei moderni non possiamo non menzionare le favelas brasiliane, gli insediamenti abusivi indiani e delle Filippine. Ovunque sorgano questi insediamenti hanno caratteristiche comuni: nascono spontaneamente e sono tutti costituiti da materiale di recupero e rifiuti urbani. Ad oggi quasi un quarto della popolazione di Rio de Janeiro vive nelle favelas. Esse sono composte da migliaia di baracche su palafitte, spesso costruite su forti pendenze. Gli insediamenti abusivi indiani sono molto simili a quelli brasiliani e quello più grande si trova a Dharavi, alla periferia di Mumbai, reso celebre dal film premio Oscar “The Millionaire”.

Ma gli esempi sono davvero tantissimi: dai sassi di Matera alle chiese lignee d’Europa; dai trulli pugliesi agli igloo...sono ovunque e di qualsiasi materiale facilmente reperibile: legno, pietra, terra e argilla, bambù, giunco, materiali riciclati, neve... Bernard Rudofsky nel libro “Le meraviglie dell’architettura spontanea” definisce l’architettura senza architetti testimonianza silenziosa di diversi modi di vivere che attinge le sue radici dall’esperienza umana e riveste un interesse che va oltre quello tecnico ed estetico. Si tratta di un’architettura senza dogmi, libera da qualsiasi vincolo, rispondente ad una unica necessità: quella per cui la casa è una struttura utilizzata dall’uomo per ripararsi dagli agenti atmosferici e dove si possano compiere le azioni fondamentali per la vita. Nel suo libro c’è un intero capitolo in cui omaggia gli abusivi in quanto veri sfruttatori delle risorse del territorio e lontani dalle logiche economiche del mercato edilizio. L’abusivismo oggi è ben lontano dal concetto di Rudofsky in quanto troppo spesso anch’esso piegato alle leggi del mercato, ma diviene più semplice abbracciare la sua teoria se si fa riferimento alla storia, ad esempio, che ha portato i contadini pugliesi a costruire i trulli. Pare che essi siano nati come ingegnoso sistema per evadere le tasse, da qui l’esigenza di costruirli “a secco” senza malta, in modo da poterli smantellare in pochissimo tempo. Eppure, nonostante la sua natura “provvisoria”, il trullo è oggi esempio emblematico di casa passiva.

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Il progettista moderno non può non guardare a queste costruzioni come ad un esempio concreto e indissolubile di architettura ecosostenibile. Ed è con questa consapevolezza che nasce l’aerthship: una forma di architettura che unisce gli elementi spontanei e tecnologici, spianando la strada verso un futuro sostenibile. Una aerthship è una casa solare passiva costruita con materiali riciclati e naturali, che trae energia dal vento e dal sole e conserva le acque di scolo. Mike Reynolds, promotore di questo tipo di architettura, fu ispirato proprio dagli insediamenti spontanei e cominciò a concretizzare le sue teorie negli anni ’70 scegliendo come mattone uno pneumatico riempito di terra battuta. I principi dell’architettura di Reynolds altro non sono che i principi che hanno spinto milioni di persone, in ogni tempo e in ogni latitudine, a sfruttare al massimo le risorse naturali. Interessante è infatti scoprire quanto la storia dell’architettura non d’autore possa rivelarsi più che mai attuale in quanto rispondente a tutte le moderne necessità: ecosostenibilità, abbattimento dei costi di produzione, basso costo per la manutenzione del fabbricato, senza tralasciare quella carica emozionale che l’architettura moderna troppo spesso accantona insieme al rispetto per il territorio.

Elena Casolino

Elena Casolino Architetto

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