• scritto da Angela Crovace
  • categoria Progetti

I trulli, abitazioni in autocostruzione a km zero

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I trulli, le casette con il tetto a punta che popolano l’altopiano delle Murge pugliesi possono costituire un valido esempio di autocostruzione a kilometro zero perché ad erigerle era lo stesso contadino proprietario del terreno su cui sorgevano e adoperando il materiale trovato in loco, quella pietra che si accumulava da qualche parte dopo aver dissodato il terreno roccioso. Un lavoro lungo e faticoso per cercare di rendere produttiva una terra prevalentemente carsica, che terminava con la raccolta di pietrame di vario tipo e che veniva poi assemblato per costruire muretti di recinzione, terrapieni, terrazzamenti, ricoveri, depositi, stalle e anche abitazioni.

LA COSTRUZIONE DEI TRULLI
Le cosiddette casedde erano realizzate senza uso di centinature, con attrezzature molto semplici come martelline e asce per tagliare e sbozzare i conci, ma soprattutto erano interamente ‘a secco’, alcune volte si usava un legante a base di terra e paglia, il bolo. Forza di gravità ed attrito garantivano l’equilibrio e la staticità della struttura grazie anche alla scabrosità del materiale e all’incastro di scaglie di pietra tra i giunti.

E’ chiaramente un prodotto edilizio autoctono, tutto ciò che veniva impiegato era originario del luogo, finanche all’imbiancatura delle pareti con latte di calce ottenuto dalla cottura della pietra.

Un’architettura frutto di una civiltà contadina che richiama alla mente le cavità carsiche ma anche le capanne di legno e paglia, dalle forme vernacolari e dai materiali naturali, in un intimo rapporto col territorio circostante. In queste costruzioni nulla è lasciato al caso: le fondazioni sono costituite dalla roccia affiorante molto resistente, i blocchi litici di maggior spessore erano destinati alle parti strutturali, i materiali informi per i riempimenti, le lastre sottili e piane per le coperture.

L’estrazione, la trasformazione e l’assemblaggio del materiale da costruzione avvenivano tutte nello stesso luogo, senza mediazioni, in un rapporto diretto con l’ambiente e quindi con un minimo apporto energetico perché non era necessaria energia meccanica per il trasporto né quella termica per le trasformazioni chimiche. La calce però necessitava di una cottura ad elevate temperature nelle fornaci, ormai del tutto scomparse anche perché non è più usanza incalcinare le casedde ma si lascia la pietra a vista, forse per imitare i casali umbro–toscani delle riviste d’arredamento, oppure si tinteggiano di turchese e cobalto come le dimore di villeggiature greche che vanno tanto di moda!

GLI AMBIENTI INTERNI
L’intersezione delle coperture ed un apposito sistema di canalizzazione convogliava la preziosa acqua piovana dall’alto fino ad una cantina sotterranea ed un camino, a volte una vera e propria stanza–camino, serviva non solo per produrre calore in inverno, ma anche per generare moti di ventilazione durante il periodo estivo e per cuocere gli alimenti. Solitamente la stanza centrale più grande aveva un soppalco in legno per la conservazione delle derrate alimentari ma anche per evitare dispersione di calore verso l’alto nelle stagioni fredde e per isolare il calore che in estate penetrava dalla copertura.

L’ISOLAMENTO TERMICO
Si può anche affermare che il trullo sia un prototipo di casa passiva perché erano tanti gli accorgimenti adoperati per isolarlo termicamente: la notevole inerzia termica della pietra, lo spessore delle pareti (da 1,5 a 2,5 metri), uno strato isolante interno sia nella muratura di base che nel cono di copertura, la disposizione del fronte principale verso meridione, la riduzione delle finestre al minimo e prevalentemente rivolte a sud per catturare i raggi del sole, la protezione di questo fronte con un pergolato di viti ad alto fusto che poi in inverno perdeva le foglie.

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LA MANUTENZIONE DEI TRULLI
Essendo costruito senza malta richiedeva una continua manutenzione e l’azione del vento, la pioggia, il gelo tendevano a sconnettere le chiancarelle della cupola permettendo l’entrata dell’umidità; i trulli molto dissestati poi, venivano buttati giù e ricostruiti riutilizzando lo stesso materiale, per questo motivo non esistono trulli molto antichi.

I tempi moderni e il boom di seconde case per le vacanze hanno completamente stravolto l’identità della casa a trullo, costruite ora solamente da sempre più rari trullari, a prezzi sempre più alti, in tempi sempre più brevi, utilizzando malte cementizie e tufo per la difficoltà nel reperire il materiale tradizionale, oppure intonaci poco porosi per lisciare pareti e volte, in un processo di continua trasformazione per cui non è quasi più possibile rintracciare un trullo originale.

In un periodo in cui lo spreco di materiale, di territorio, di energia, di acqua è incalcolabile, questo tipo di costruzione sembra ‘genuina’ perché frutto di un plurisecolare lavoro compiuto dall’uomo sulla natura per trasformarla, ma senza violenza e con rispetto, in un equilibrato rapporto tra uomo e ambiente, forse da imitare un po’.

Fonte | Architettura in pietra a secco. Atti del 1° Seminario internazionale, a cura di Ambrosi A., Degano D., Zaccaria C., Schena Editore