- scritto da Giovanna Barbaro
- categoria Smaltimento e riciclo
Terre e rocce da scavo, la nuova disciplina regola obblighi e responsabilità
Il 6 ottobre è entrata finalmente in vigore –con circa 5 mesi di ritardo– la nuova disciplina riguardante la gestione dei materiali da riporto proveniente da cantieri edili e da opere di ingegneria civile. Si tratta del D.M. n. 161/2012 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo” (GU n. 221 del 21 settembre 2012), ovvero siamo di fronte all’ennesimo correttivo del c.d. Testo Unico Ambientale (TUA)istituito con il D.Lgs 152/2006. Qualche mese fa avevamo precisato che l’articolo 49 del D.L. n.1/2012 (Decreto liberalizzazioni) una volta emanato il D.M. attuativo –previsto per la fine di maggio– avrebbe mandato in pensione l’articolo 186 del TUA riguardante le terre e rocce da scavo. In realtà l’articolo 186 del T.U.A. –come vedremo– ha natura di «norma temporanea» (Sentenza della Corte di Cassazione, 31 agosto 2012, n. 33577). La vera novità però sta qui:le “Matrici ambientali di riporto” non rientrano come previsto –a pieno titolo– nel concetto di suolo –salvo casi ben precisi– e pertanto non possono essere completamente escluse dalla disciplina sui rifiuti, con conseguenze amministrative e penali per gli infrattori. Siccome nel nostro ordinamento «Ignorantia iuris neminem excusat» (l’ignoranza della legge non scusa) vediamo dunque che cosa è cambiato.
AMBITI D’APPLICAZIONE E DI ESCLUSIONE (ART. 3)
Precisiamo che il D.L. n. 1/2012 si basa sulle definizioni contenute nell’articolo 183, Parte IV, del D.Lgsn. 152/2006 e s. m. e i.Ai sensi dell’articolo 3 la nuova disciplina si applica alla gestione dei materiali da scavo, cioè suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realizzazione di un’opera.Ad esempio il D.L cita:
- scavi in genere (sbancamento, fondazioni, ecc.);
- perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento;
- opere infrastrutturali in generale (galleria, diga, strada, eccetera);
- rimozione e livellamento di opere in terra;
- materiali litoidi in genere provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d’acqua, spiagge, fondali lacustri e marini;
- residui di lavorazione di materiali lapidei (marmi, graniti, pietre, eccetera) anche non connessi alla realizzazione di un’opera e non contenenti sostanze pericolose (quali ad esempio flocculanti con acrilamide o poliacrilamide).
I materiali da scavo possono contenere, sempreché la composizione media dell’intera massa non presenti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti dal presente regolamento, anche i seguenti materiali:
- calcestruzzo,
- bentonite,
- polivinilcloruro (Pvc),
- vetroresina,
- miscele cementizie
- additivi per scavo meccanizzato.
Il regolamento, invece, non si applica ai rifiuti provenienti dalla demolizione degli edifici o di altri manufatti preesistenti per la gestione dei quali rimandiamo alla Parte IV del D.Lgs 152/2006 e s.m. e i.
ELENCO DEGLI ALLEGATI
Il D.M. n. 161/2012 si compone di nove allegati contenenti istruzioni tecniche utili alla compilazione della documentazione da presentare alle Autorità competenti.
- Caratterizzazione ambientale dei materiali da scavo,
- Procedure di campionamento in fase di progettazione,
- Normale pratica industriale,
- Procedure di caratterizzazione chimico–fisiche e accertamento delle qualità ambientali,
- Piani di Utilizzo,
- Documenti di trasporto,
- Dichiarazione di avvenuto utilizzo (D.A.U.),
- Procedure di campionamento in fase esecutiva e per i controlli e le ispezioni,
- Materiali di riporto di origine antropica.
QUANDO TERRE E ROCCE DA SCAVO SONO SOTTOPRODOTTI (ART. 4)
Il nuovo D.M. all’articolo 4 (Disposizioni generali) stabilisce che le terre e rocce da scavo possono essere riutilizzate, quindi commercializzate, quando presentino i requisiti di “sottoprodotto” in ottemperanza all’articolo 184–bis del T.U.A.:
« a) il materiale da scavo è generato durante la realizzazione di un’opera, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale;
b) il materiale da scavo è utilizzato, in conformità al Piano di Utilizzo:
1) nel corso dell’esecuzione della stessa opera, nel quale è stato generato, o di un’opera diversa, per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni,rilevati, ripascimenti, interventi a mare, miglioramenti fondiari o viari oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali;
2) in processi produttivi, in sostituzione di materiali di cava;
c) il materiale da scavo è idoneo ad essere utilizzato direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale secondo i criteri di cui all’Allegato 3;
d) il materiale da scavo, per le modalità di utilizzo specifico di cui alla precedente lettera b), soddisfa i requisiti di qualità ambientale di cui all’Allegato 4.»
IL PIANO DI UTILIZZO (ART. 5)
Il Piano di Utilizzo è una novità introdotta dalla nuova disciplina sui materiali da scavo all’articolo 5 il quale sostituisce il Piano Scavi. In breve, diciamo che si tratta di un documento, compilato dal proponente secondo le istruzioni nell’Allegato 5, utile alla corretta gestione dei materiali da riporto e per certificarne le caratteristiche chimico–fisiche. Ad esempio deve contenere modalità di esecuzione e risultanze della caratterizzazione ambientale dei materiali da scavo eseguita in fase progettuale, indicando in particolare: i risultati dell’indagine conoscitiva dell’area di intervento (fonti bibliografiche, studi pregressi, fonti cartografiche, ecc) con particolare attenzione alle attività antropiche svolte nel sito o di caratteristiche naturali dei siti che possono comportare la presenza di materiali con sostanze specifiche. Il Piano di Utilizzo deve essere presentato dal proponente alla P.A. almeno 90 giorni prima dell’inizio dei lavori di escavazione, anche per via telematica. Qualora si accertino violazioni degli obblighi assunti in tale Piano, verrà automaticamente meno la qualifica di sottoprodotto del materiale, con conseguente applicazione dello stesso alla normativa sulla gestione dei rifiuti.
Fanno eccezione i progetti con una procedura in corso ai sensi dell’ex articolo 186: entro il 4 aprile 2013 sarà possibile presentare il Piano di utilizzo previsto dal nuovo regolamento, al fine di poter godere del particolare regime di favore ora introdotto (articolo 15). Altrimenti, senza il piano, i progetti saranno terminati secondo la procedura prevista dall’abrogato articolo 186.
SCHEMA DI PROCEDURA PER GESTIRE GLI ESCAVATI
L’impresa interessata – 90 giorni prima dell’utilizzazione del materiale – redige e presenta all’Autorità competente il Piano di Utilizzo.
- L’Autorità può richiedere entro 30 giorni integrazioni al Piano.
- Entro 90 giorni l’Autorità approva il Piano o lo rigetta.
- Oltre i 90 giorni il proponente può gestire il materiale secondo i termini del Piano.
- Il materiale cessa di essere sottoprodotto e va gestito come rifiuto se viene oltrepassato il termine temporale del Piano, in caso di violazione di obblighi o laddove siano venute meno le condizioni già citate.
- E’ prevista una procedura di reimpiego in situazioni di emergenza nonché la possibilità di effettuare modifiche al piano.
- Il proponente comunica il soggetto esecutore del piano che deve garantire l’assorbimento degli obblighi di tracciabilità attraverso il Documento di Trasporto e la Dichiarazione di avvenuto utilizzo.
Segnaliamo che se il materiale da scavo non contaminato –sebbene in possesso di tutti i “criteri qualitativi” atti a classificarlo sottoprodotto– viene invece smaltito in discarica o conferito presso impianti di trattamento o recupero rifiuti, esso continua ad essere considerato rifiuto, con il conseguente obbligo di emissione in fase di trasporto del Formulario Rifiuti (FIR) da parte del produttore.
Osserviamo che la messa a punto di un Piano di Utilizzo concepito secondo la nuova disciplina, cui si aggiungono stringenti adempimenti per la tracciabilità, sia eccessivamente onerosa dal punto di vista delle risorse umane, economiche e temporali, e questo sembra possa rendere difficoltosa la sua implementazione a fronte di opere di media–piccola entità. È molto probabile che gli impresari edili vedano la convenienza di destinare i materiali di scavo a recupero o a smaltimento come rifiuto a meno che non venga prontamente attuata la previsione di cui all’art. 266 comma 7 del d.lgs. 152/06 che fa riferimento alla emanazione di un DM recante le modalità di gestione semplificata delle terre e rocce provenienti da scavi fino a 6.000 metri cubi.
Concludiamo ricordando che l’Italia risulta essere la “maglia nera” d’Europa, in quanto Paese con il maggior numero di procedure di infrazione attribuite, nonché con il più alto tasso di deficit medio di recepimento delle direttive europee e purtroppo non solo per questioni legate alla normativa nazionale in materia di “tutela” dell’ambiente.