Sentenza Eternit. Il materiale killer e la condanna dei responsabili

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L’amianto, il cosiddetto materiale killer, che ha ucciso e continua ad mietere vittime, è stato messo al bando in Italia solo dal 1992 e solo dal 1998 sono state individuate le prime aree da bonificare, oltre 20 anni dopo la sua massima diffusione sia negli insediamenti industriali che civili. Fortunatamente aumenta sempre più il numero delle città che decidono di assumere un atteggiamento ecologicamente corretto nei confronti dell’ambiente scegliendo di sottoporre capannoni e strutture varie, come case, condomini, strutture per il terziario, realizzate con materiali contenenti amianto, ad una valutazione che possa accertare il loro effettivo stato di conservazione e quindi determinandone l’effettiva pericolosità per l’uomo e per l’ambiente circostante.

IL PROCESSO E LA CONDANNA PER I “SIGNORI DELL’ETERNIT”

A Torino, per la sentenza definitiva sull’ex stabilimento Eternit di Casale Monferrato, sono arrivati decine di pullman da tutta Europa, troup televisive da mezzo mondo, curiosi, parenti e amici delle vittime e tanta altra gente. I pubblici ministeri Sara Panelli, Gianfranco Colace e Raffele Guariniello – lo stesso del processo ThyssenKrupp che sempre a Torino che per la prima volta condannò gli indagati per “omicidio con dolo eventuale” a 16 anni e sei mesi – hanno contribuito affinché il capo d’imputazione sui patron della Eternit Ernest Schmidheiny (64enne svizzero) e Jean–Louis de Cartier de Marchienne (novantenne belga) fosse“Disastro ambientale doloso permanente”.

La procura aveva chiesto 20 anni, ma la corte ha dovuto limitare la pena a 16 anni di carcere a testa. Oltre alla condanna sono state inflitte pene di centinaia di migliaia di euro di indennizzi ma i due eredi del colosso Eternit non erano neppure presentati in aula durante la sentenza.

Dall’11 dicembre 2009, data in cui si è aperto il processo, a oggi, si sono susseguite 65 udienze, con 6392parti civili provenienti da diverse parti del mondo. Ai giudici sono voluti ben tre mesi per definire le linee della sentenza che si incentra sul disastro “doloso” permanente e omissione “dolosa” di misure antinfortunistiche.

La vera vittoria è che per la prima volta al mondo una corte ha emesso un verdetto che riconosce i danni dell’amianto e le responsabilità per chi avrebbe potuto evitare tutte quelle vittime. È il termine “doloso” che dà quel peso alla sentenza finale poiché il senso della portata della decisione perché racchiude in sé il significato di una colpevolezza consapevole da parte dei vertici Eternit.

Il miliardario Schmidheiny attualmente si trova in Costarica e per pagare il debito delle proprie colpe avrebbe offerto 18,3 milioni di euro al comune di Casale per chiudere la faccenda. Il comune però ha rifiutato andando avanti con la causa anche dato il fatto che i soldi offerti sa Schmidheiny derivano dalle sue multinazionali che per anni hanno sfruttato il Sud Africa per estrarre amianto e hanno mietuto vittime facendoglielo lavorare.

Stephan Schmidheiny però vanta un curriculum abbastanza controverso. È noto come collezionista d’arte, filantropo, animatore di molteplici reti in favore di un nuovo capitalismo verde, ha svolto un ruolo di primo piano nelle attività di un’organizzazione denominata “Consiglio delle Aziende per lo Sviluppo Sostenibile”, ed ha contribuito a finanziare il Summit della Terra tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992. È stato addirittura inserito nell’elenco deiSalvatori del pianeta”: elenco in cui compaiono Buddha, Arnold Schwarzenegger e molti altri “controversi” personaggi. Quando si è reso conto che la messa al bando dell’amianto era diventata inevitabile, Schmidheiny ha rivenduto ad altri, fra i quali suo fratello, tutte le sue partecipazioni nelle società che utilizzavano il minerale. A quanto pare, questa capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti gli ha consentito di insabbiare ogni conflitto morale tra comportamenti apparentemente molto divergenti.

COMMENTI DAL MONDO DELL’ECOSOSTENIBILITA’

“L’amara vittoria riportata oggi con questa storica sentenza di colpevolezza non può cancellare le migliaia di vittime che l’amianto ha fatto in Italia e nel mondo. La sentenza conferma la gravità del disastro ambientale e sanitario che ha comportato un danno inenarrabile, non solo vicino allo stabilimento ma in un’area molto vasta che interessa 48 comuni attorno a Casale Monferrato, e agli altri tre stabilimenti italiani, il tutto aggravato dal fatto che il numero dei morti non è calcolabile visto che continuerà a salire anche a distanza di anni.”

Patrizia Fantilli, responsabile ufficio legale–legislativo WWF Italia.
“Ancora una volta non abbiamo ottenuto risposte precise alle nostre domande puntuali. A oggi pare che nessuno sappia, o voglia dire, che fine faranno i servizi educativi ad Alessandria, a partire dai nidi, che con ogni probabilità finiranno in buona parte in mano alle cooperative, senza nessuna garanzia in merito alla qualità dei servizi”.

Giovanni Maccarino,segretario provinciale dell’Unione sindacale di Base di Alessandria
“Una sentenza esemplare che restituisce giustizia a migliaia di persone e famiglie che hanno sopportato e sopportano ancora un vero calvario. Ci sono voluti più di trent’anni di lotta per affermare che l’amianto uccide e finalmente, da oggi, questo non potrà più essere messo in dubbio. Il caso italiano sia ora d’esempio e faccia giurisprudenza nel mondo, soprattutto nei Paesi dove l’amianto continua ad essere estratto e lavorato e continua silenziosamente a mietere vittime”

Vittorio Cogliati Dezza,presidente nazionale di Legambiente
Fin dall’inizio ci siamo schierati dalla parte dei familiari delle vittime in molti casi amici, come Luisa Minazzi, storica esponente di Legambiente e simbolo della battaglia per la giustizia condotta dalle vittime dello stabilimento Eternit a Casale Monferrato. Questa sentenza è sicuramente un risultato storico per la tutela dei lavoratori ma anche per la salute dei cittadini che ancora oggi, spesso inconsapevolmente, sono esposti al rischio amianto”.

Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta
"La condanna dell’Eternit è giusta ed era inevitabile. Il problema vero oggi in Italia è che, nonostante l’impegno del Ministero dell’ambiente in questo campo e le ingenti risorse impiegate (circa 50 milioni di euro solo nelle aree industriali più inquinate, i cosiddetti SIN, Siti di Interesse Nazionale), non abbiamo ancora una mappatura completa dei siti che devono essere risanati per l’inquinamento da amianto. Si tratta di decine di migliaia di realtà, dalle più piccole alle più grandi, e per le quali il monitoraggio avviato con le Regioni non è stato ancora concluso. Speriamo che la sentenza su Casale Monferrato faccia da battistradae da stimolo per consentire una piena e completa conoscenza del problema a livello nazionale e per avviare un serio, organico programma di bonifiche.

Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare.
(...). A volte mi domando: ma io come faccio a essere ancora vivo? Già, perché per chi lavorava con l`amianto non c`erano tante possibilità di farla franca. Le ipotesi erano due: se ti andava “bene”, ti beccavi l`asbestosi, una malattia professionale che ti concede al massimo dieci anni di vita. Se andava male, c`era in agguato il mesotelioma, un tumore che non perdona. (...)

[tratto da “Mal d`amianto” di Antonella Granieri, psicologa, psicoterapeuta, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell`International Psychoanalical Association].

Mariangela Martellotta

Mariangela Martellotta Architetto

Architetto pugliese. Prima di decidere di affacciarsi al nascente settore dell’Ecosostenibilità lavorava nel settore degli Appalti Pubblici. È expert consultant in bioarchitettura e progettazione partecipata. Opera nel settore della cantieristica. È membro della Federazione Speleologica Pugliese.