Attività di scavo ed estrattive: valutazione dei rischi e tutela ambientale

Attività di scavo ed estrattive

Ogni lavoro comporta dei rischi: anche quelli all’apparenza innocui possono celare insidie sia per gli operatori che per l’ambiente. È chiaro però che i fattori di pericolo si innalzano enormemente quando si parla di attività di scavo o estrattive, che per loro natura risultano essere più infide dello stare seduti in un ufficio a usare il computer. Va da sé che impieghi del genere espongano i lavoratori a danni che possono comprometterne lo stato di salute e la sicurezza, senza contare il livello di inquinamento che può scaturire da operazioni di questo tipo.

Per limitare tutte le problematiche elencate è importante dunque approcciarsi in maniera corretto alle attività, valutando i rischi del caso e le misure di prevenzione e protezione da attuare prima di iniziare i lavori in cantiere.

Attività estrattive e di scavo: come farle in sicurezza

Il regolamento per la gestione di terre e rocce da scavo ha evidenziato come i settori in cui si svolgono operazioni di scavo o di estrazione siano classificati ad alto rischio infortunistico, soprattutto perché ci si trova in ambienti dinamici dove i fenomeni di crollo possono avvenire con una certa frequenza e causare anche vittime, pur adottando tutte le misure di sicurezza previste. Risulta quindi più che mai fondamentale redigere un piano di sicurezza in cui viene definita chiaramente l’organizzazione del cantiere, in cui sono individuati i DPC (dispositivi di protezione collettiva) e DPI (dispositivi di protezione individuale) ritenuti più idonei, i quali andranno di volta in volta modificati in base ai mutamenti cantieristici. Per analizzare al meglio i rischi presenti, il coordinatore progettista dovrà analizzare le singole operazioni in fasi di lavoro, definendone anche la tipologia e i macchinari impiegati. A seconda del movimento di terra e dello scavo effettuato cambieranno i provvedimenti per eliminare o ridurre i pericoli in cantiere. In particolare, la stabilità dei fronti risulta essere uno degli aspetti più importanti da verificare, perché le operazioni di abbattimento vanno sempre a modificare l’equilibrio dell’area coinvolta. Pertanto, per evitare problematiche importanti, bisognerà considerare le caratteristiche geologiche-strutturali parallelamente alla metodologia e geometria di scavo impiegata. Per capire come procedere bisognerà effettuare un’attività di esplorazione diretta sul campo e prove sperimentali in laboratorio sui campioni prelevati dall’area. Tra i rischi più grandi che si possono correre quando si parla di attività di scavo o estrattive ci sono quello di seppellimento e di caduta, in questo caso dovuti principalmente allo scivolamento del lavoratore, che presuppongono per evitare che ciò accada il transennamento della zona interessata e la presenza in loco di personale in grado di intervenire in caso di emergenza. Ci sono poi rischi concorrenti come quelli di natura atmosferica, determinati da vento, pioggia, gelo.

Possibili danni acustici e ambientali

Grande attenzione in fase operativa viene posta anche all’ambiente circostante, che dev’essere tutelato in ogni modo per evitarne la compromissione. Spesso infatti i luoghi in cui i lavori si svolgono sono ubicati lontano dai centri abitati, limitando così che buona parte della popolazione venga a contatto con polveri o che avverta rumori forti e insistenti. Anche semplicemente dal punto di vista dell’impatto visivo questa scelta si rivela ottimale. Tuttavia, proprio il loro trovarsi in zone non antropizzate, va a implicare elementi naturali che per essere estratti devono rientrare in una serie di parametri, pena il danneggiamento delle peculiarità ambientali ed ecologiche dell’area. Non bisognerà interferire per esempio con le falde acquifere, altrimenti il rischio di dissesto idrogeologico risulterà elevato e si manifesterà attraverso frane che in primis potranno mettere a repentaglio la vita degli operai, oltre che danneggiare il cantiere e i macchinari presenti al suo interno.

Gli impianti di frantumazione: a cosa servono?

Si è parlato poc'anzi di inquinamento acustico e del fatto che collocando il cantiere in zone scarsamente popolate sia possibile limitarlo. Non bisogna però dimenticarsi che a lavorare in queste aree ci sono operai che entrano a diretto contatto con i rumori, e che pertanto vanno tutelati nel miglior modo possibile. Per farlo sarà necessario, oltre a dotarli di DPI, fornirgli macchinari quanto più silenziosi. Tra quelli che possono generare inquinamento acustico ci sono gli impianti di frantumazione, apparecchiature molto richieste nel campo dell’edilizia che, come dice la parola stessa, riducono in pezzi gli inerti, materiali rocciosi impiegati nella preparazione di conglomerati leganti come la malta, nei quali vengono disciolti con acqua per fargli acquisire solidità e resistenza. È un processo che richiede vari passaggi in cui la roccia in questione comincia a essere disgregata in elementi dal diametro sempre più ridotto, partendo dai pietrischi e dalla ghiaia, fino ad arrivare alla sabbia. Grazie all’innovazione tecnologica è possibile ridurre la rumorosità di questi macchinari, rendendone l’utilizzo più salutare sia per i lavoratori che lo sfruttano che per l’ambiente in cui si opera. Ma a cosa serve il materiale che si ricava dagli impianti di frantumazione di questi materiali inerti? A seconda del volume che li caratterizza si avranno impieghi diversi: la sabbia fine sarà funzionale alla stesura di intonaci e alla creazione di decorazioni, mentre il ghiaietto/pietrisco sarà sfruttato per gettare cemento armato sia per solai che per fondamenta di edifici.