- scritto da Enza Laudone
- categoria Innovativi
Il mattone che filtra l'inquinamento
Quando pensiamo all’inquinamento, inconsciamente la mente proietta tutto all’esterno, alle strade trafficate, alle piazze, quasi a volersi difendere, credendo che le pareti delle nostre abitazioni, degli uffici o delle scuole, possano proteggerci dagli agenti inquinanti. Pensare che l’aria interna sia priva di contaminazioni è un grave errore, per questo una ricercatrice ha ideato un mattone capace di filtrare l'inquinamento e proteggerci passivamente tra le pareti domestiche.
RISCHI PER LA SALUTE TRA LE MURA DI CASA
Passiamo la maggior parte della nostra vita in ambienti chiusi, dove l’aria interna che respiriamo può essere più inquinata di quella esterna. Come è possibile? Gli elementi che formano gli edifici, come le pareti, i pavimenti e l’arredo assorbono e intrappolano in misura maggiore gli stessi agenti inquinanti presenti all’esterno. Questi ultimi si manifestano sotto forma di gas, goccioline, particelle (benzene, monossido di carbonio, ossido d’azoto, ozono, metalli pesanti ecc.), modificando la composizione naturale dell’aria e alterandone qualità e salubrità.
A questo inquinamento esterno (o outdoor) si aggiunge poi quello domestico (o inquinamento indoor), che risulta tra i principali fattori di rischio di malattie cardiovascolari e respiratorie. L’inquinamento domestico è frutto, quindi, della somma tra le sostanze nocive provenienti dall’esterno e quelle derivanti da: processi di combustione (stufe, fornelli); prodotti chimici per la pulizia e la manutenzione della casa (solventi, vernici); batteri che si annidano nei tessuti; fumo di sigaretta; apparecchi elettrici (computer, stampanti); e tanto altro ancora.
Il mattone che filtra le particelle nocive
Carmen Trudell, assistente professore di architettura al Cal Poly, California Polytechnic State University, Contea di San Luis Obispo, da anni conduce ricerche sulla qualità dell’aria nelle città. Pensando a suo fratello affetto da insufficienza renale, la Trudell ha una intuizione: cosa succederebbe se un edificio, come un organo, fosse in grado di filtrare le sostanze nocive e difendere le persone dall'inquinamento?
In collaborazione con gli studenti e il professore associato di Ingegneria ambientale Tracy Thacher, la ricercatrice giunge all’ideazione di un componente edilizio in grado di rappresentare un sistema passivo di filtrazione e funzionare senza energia elettrica, per consentirne l’uso nei Paesi in via di sviluppo.
Ispirato al funzionamento di un aspirapolvere, il Breathe Brick è, appunto, un mattone che aspira le particelle nocive dell’aria esterna.
La forma e le prestazioni del mattone purificatore
Si tratta di un mattone in calcestruzzo poroso, dalla superficie sfaccettata, per indirizzare il flusso dell’aria nel sistema di ventilazione, con una cavità all’interno, per l’inserimento della struttura in acciaio.
La parete di un edificio composta da questi mattoni speciali è formata da uno strato interno, realizzato secondo tecniche tradizionali o innovative, che fornisce l’isolamento standard, e da un doppio strato di breathe bricks, che crea una innovativa parete ventilata.
La presenza di accoppiatori di plastica riciclata, permette sia di apparecchiare correttamente i mattoni che di alloggiare la struttura di rinforzo. Al centro della doppia parete, si crea un circolo di filtrazione che separa le particelle inquinanti pesanti dell’aria, raccogliendole in una tramoggia rimovibile posta alla base del muro, da pulire regolarmente.
L'aria così filtrata potrebbe alimentare un sistema HVAC o garantire solamente aria più pulita attraverso prese d’aria, nel caso in cui gli edifici siano sprovvisti di sistemi riscaldamento, ventilazione o condizionamento. Infatti, il breathe brick può funzionare sia con sistemi di ventilazione meccanica che passiva.
I test effettuati in galleria del vento, hanno dimostrato che, attraverso questi mattoni, è possibile filtrare il 30% di polveri sottili (come fumo o inquinanti atmosferici) e il 100% di particelle grossolane (come la polvere).
- crediti fotografie © Carmen Trudell | Natacha Schnider