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Calcestruzzo ad emissioni zero. L’insostenibile ciclo di vita del cemento
Da quando ha iniziato ad essere utilizzato per le costruzioni, il calcestruzzo si è guadagnato un posto di riguardo nel settore e ora, sebbene l’acciaio si stia rapidamente affermando, il conglomerato cementizio resta ancora il materiale più utilizzato per le costruzioni edili. Il calcestruzzo però non è poi tanto sostenibile, anzi. L’acciaio invece, che si può fondere e riciclare, lo è molto di più, ma questo non basta a mettere un freno alle tradizionali costruzioni cementizie che continuano a spuntare come funghi nelle nostre città.
Quello di produzione del calcestruzzo, è un processo industriale tra i più energivori e inquinanti. Uno studio realizzato dal Worldwatch Institute e commentato da Ben Block su Eye on Earth, ci informa che le emissioni di gas serra dovute alla produzione di conglomerato cementizio, sono significativamente responsabili del cambiamento climatico che interesserà l’Europa nei prossimi 20 anni. La produzione di calcestruzzo incide circa per il 6% sulle emissioni mondiali di gas serra di origine antropica.
Tuttavia, il suo consumo non accenna a diminuire. Ne sono una prova i dati forniti dal WWF, secondo il quale, continuando così, la produzione di calcestruzzo potrebbe raggiungere nel 2030 i 5 miliardi di tonnellate, più che raddoppiando i 2,3 miliardi del 2005.
Questa miscela di cemento, sabbia e acqua sembrerebbe innocua, e invece non lo è: il processo di lavorazione del calcestruzzo prevede un riscaldamento della miscela in un forno che raggiunge temperature di 1450 gradi Celsius. Questa operazione, insieme a quella di macinazione, causa una produzione media di 5 gigajoule di energia per tonnellata di cemento.
Non solo consumo di energia e supporto dei cambiamenti climatici: la produzione di calcestruzzo comporta anche grandi quantitativi di rifiuti e di polveri acide che, se rilasciate nell’aria e nell’acqua possono causare problemi tossicologici.
Oltre alla sperimentazione di materiali sostenibili ed innovativi, la ricerca si sta concentrando su stabilimenti efficienti, in grado di produrre inquinando il meno possibile. Un passo avanti è stato fatto in Cina, uno dei maggiori produttori, dove nel 1995 le fornaci efficienti erano solo il 6% del totale ma si stima che diventeranno circa l’80% nel 2011.
Nel suo articolo, Block spiega che «Le fonti di energia rinnovabili, come le biomasse sostenibili, sarebbero in grado di fornire molto di più dell’attuale 5% del combustibile, oppure le fornaci potrebbero essere messi a punto con tecnologie di cattura e sequestro di carbonio. Ma anche se tale tecnologia diventasse accessibile, l’International Energy Agency prevede che l’industria del cemento nel 2050 rappresenterà ancora il 9% delle emissioni globali di anidride carbonica». Non ci resta che sperare nel cemento sostenibile in grado di assorbire la CO2 emessa durante la sua produzione.
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