Antiche tecniche per gli intonaci naturali: il tadelakt

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Tadelakt, parola che deriva dall’arabo “dellek” ( in altre parole impastare, schiacciare) indica una delle antiche tecniche per la lavorazione della calce impastata con sola acqua, applicata in monostrato e schiacciata, levigata con pietre e lucidata con sapone nero. Quella per per gli intonaci naturali è una particolare tecnica marocchina che l’edilizia sta riscoprendo anche in Italia e in Europa, dopo la diffusione smisurata del cementoa partire dagli anni cinquanta, grazie al crescente interesse per la bioarchitettura e i materiali naturali. Il risultato che si ottiene è una superficie naturale di grande impatto estetico e impermeabile.

La tecnica dell’intonaco di cocciopesto

GLI UTILIZZI DEL TADELAKT

In origine questo antico metodo era tradizionalmente utilizzato per impermeabilizzare cisterne per l’acqua potabile, fontane e gli ambienti umidi del bagno turco (hammam) perché, fra le sue qualità, vi sono anche proprietà battericide, funghicide e traspiranti.

Oggi antche tecniche come il tadelakt sono usate per rivestire bagni e pareti, in sostituzione delle piastrelle in ceramica, creando un effetto morbido e variegato e un notevole risultato estetico.

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LE FASI DI PRODUZIONE

La lavorazione ha inizio nelle campagne di Marrakesh, con la raccolta della pietra calcarea sistemata in pile, attorno alle quali sono costruiti i forni di cottura nei quali vengono fatti bruciare per tre giorni rami di olivo e di palma.
Le pietre trasformate in calce sono lasciate raffreddare e poi “spente” con poca acqua, infine setacciate e preparate in sacchi pronti all’uso.
I residui di lavorazione si adoperano successivamente come sottofondi stradali. E’ un procedimento totalmente manuale, rimasto identico da mille anni.

Occorrono almeno sette passaggi per arrivare al risultato finale del tadelakt: si stende un solo strato d’intonaco su un fondo abbastanza ruvido, si procede a schiacciare il materiale, prima livellandolo con uno strumento in legno di cedro, poi comprimendolo con una spatola chiamata lingua di gatto e infine levigandolo con delle pietre molto dure, raccolte nella Valle del Draa. Il procedimento prosegue alternando levigature e spatolature, allo scopo di chiudere tutti i pori e ottenere una superficie perfettamente liscia.

Trascorso un giorno, sulla finitura ottenuta si pennellano uno o più strati di sapone nero in forma liquida, che la rendono lucida e impermeabile.
Il colore naturale è avorio chiaro ma si può tranquillamente miscelare con terre naturali o ossidi, mentre normalmente a Marrakesh viene aggiunta una terra rossa locale con la quale si ottiene una tonalità rosata.

Elena Bozzola

Elena Bozzola Architetto

Si è laureata quando la parola “sostenibile” la pronunciavano in pochi e lei si ostinava a spedire email sulla tutela ambientale a tutti i suoi amici. L’incontro con Architettura Ecosostenibile è stato un colpo di fulmine. Ama la fatica delle salite in montagna e una buona birra ghiacciata dopo la discesa.