- scritto da Mario Rosato
- categoria Green Economy
Sviluppo sostenibile in Cina: fra sostenibilità e consumismo
La crescita cinese è un argomento che preoccupa la comunità internazionale non solo per le ripercussioni economiche, ma anche sull’ecosistema globale. Il Governo cinese dichiara pubblicamente la sua volontà di far evolvere l’attuale strategia di sviluppo nazionale, da mero fornitore di manifatture low cost più o meno copiate da altri Paesi, a produttore di tecnologia propria da esportare con valore aggiunto. In questa ottica il Governo locale della città di Shenzhen ha organizzato di recente la Prima Conferenza Annuale Internazionale sulle Industrie Emergenti.
La Cina investe nello sviluppo sostenibile: la conferenza di Shenzhen
In copertina: Plastico d’insieme del futuro distretto della ricerca di Pingshan.
Aldilà dell’inevitabile (e prevedibile) propaganda di regime,il contenuto delle presentazioni e la visita al nuovo distretto di ricerca e sviluppo di Pingshan mostrano che la Cina (o quantomeno le autorità locali della provincia di Guangdong) ha le idee ben chiare su come garantirsi uno sviluppo sostenibile.
La prima cosa che colpisce il visitatore è lo spostamento dall’hotel al centro congressi lungo la Shennan Avenue: diversi chilometri di percorso nel quale ogni lampione dell’illuminazione pubblica è dotato di una microturbina ed un piccolo pannello fotovoltaico. Ciò può sembrare solo una goccia “verde” in un mare di energia alimentato perlopiù da carbone, ma certamente costituisce un esempio di razionalità, in quanto non esiste nessun ostacolo tecnico nello sfruttare i pali dei lampioni esistenti per montarci sopra dei piccoli generatori eolici, ma chissà come mai in Occidente ancora non si è visto niente del genere in una grande città.
L’estetica dei grattacieli lungo le vie principali, fiancheggiate da strisce di verde lussureggiante, è di stampo nettamente orientale ma punta a rivaleggiare con quella dell’Occidente per il virtuosismo strutturale. Purtroppo nessuno degli addetti all’organizzazione è stato in grado di fornire dati sulle normative o protocolli di sostenibilità eventualmente applicati, né sui consumi energetici (ricordiamo che Shenzhen ha clima subtropicale umido, quindi il consumo prevalente è di energia elettrica per l’aria condizionata). Stando alle informazioni ambientali fornite dagli organizzatori, Shenzhen è da due anni la città cinese con l’aria più pulita ed ha già il 10% del suo parco macchine costituito da auto elettriche (entro il 2020 raggiungerà il 50%) e ospita nel suo distretto industriale la prima fabbrica di autovetture 100% elettriche con tecnologia 100% cinese.
Il centro congressi e gli stand dell’annessa mostra sullo scambio tecnologico richiamavano l’attenzione per le dimensioni e sfarzo, tutti rigorosamente illuminati con lampade LED, ma piuttosto poveri di contenuti.
In alto: Lampione eolico–fotovoltaico lungo la Shennan Ave.
La visita a Pingshan, il nuovo distretto di ricerca e sviluppo di Shenzhen ancora in costruzione, ha comportato forzosamente il passaggio attraverso dei quartieri di età maoista, caratterizzati da fatiscenti parallelepipedi di cemento con le finestre chiuse da inferiate dall’aspetto carcerario e tetti tappezzati di antenne paraboliche e matasse di cavi fissati alla meno peggio. La visita al distretto è iniziata con l’arrivo ad un campo nel quale si apprezzava qualche edificio in cantiere e niente che lasciasse supporre alcuna destinazione d’uso di tipo scientifico.
Il tour è poi continuato con la visita alla “City of the New Power”, ambiguo titolo che sembrerebbe indicare “nuove energie”, ma forse intende altri tipi di “potere”. L’edificio, tapezzato di LED, è una specie di museo alla rovescia: mostra quello che dovrebbe diventare Pingshan ma niente del suo passato. Fra le aziende visitate dopo il “museo” forse la più pittoresca è una fabbrica di prodotti di erboristeria tradizionale cinese, che punta sulla coltivazione biologica delle proprie materie prime. Durante la presentazione del progetto, il governatore del distretto ha spiegato che la politica di Pingshan consiste nell’attirare professori, ricercatori e investitori dall’estero, siano questi stranieri oppure cinesi emigrati. Gli incentivi offerti sono di varia natura, e le aree prioritarie sono biotecnologia, mobilità sostenibile, energie rinnovabili e sviluppo Hi Tech in genere ma l’implementazione del progetto resta ancora un po’ nebulosa.
Sulla falsa riga del congresso di Shenzhen, il governo cinese ha organizzato allo stesso tempo un altro congresso con patrocinio della UNIDO vicina Guanzhou. Questo evento era più focalizzato nel diffondere esempi di progetti di successo, dibattere sulle politiche di sviluppo da redigere, i metodi per quantificare il progresso, e fungere da punto d’incontro e networking per ricercatori e imprenditori green provenienti da tutto il mondo.
Una maratona di varie sessioni tenutesi in parallelo, dove oltre 80 relatori di alto livello hanno presentato i loro progetti o le politiche di sviluppo dei rispettivi Paesi d’origine. Un aspetto da far risaltare è la creazione di una piattaforma di donne imprenditrici nel settore green tech, a dimostrazione del supporto della UNIDO al ruolo delle donne nell’implementazione di politiche di sviluppo sostenibile.
Tutti gli atti del congresso sono tradotti in inglese, pubblici e scaricabili nel seguente sul sito della UNIDO.
La Cina continua ad essere un Paese di contrasti: problemi di malnutrizione in alcune provincie e spreco di cibo in altre, stipendi bassissimi ma consumismo che niente ha da invidiare a quello occidentale. Riuscirà davvero a raggiungere la sostenibilità prima di collassare sotto il suo proprio peso?