- scritto da Vanessa Tarquini
- categoria Green Economy
Agricoltura biologica: il Sikkim in India è il primo paese 100% bio
“Perdere la pazienza significa perdere la battaglia”. Lo sa bene il governo dello stato federato del Sikkim in India che, dopo un iter lungo più di dieci anni, è riuscito nell’intento di trasformare il paese nel primo ad agricoltura 100% biologica.
In copertina: immagine da www.siasat.com
Agricoltura biologica: scegliere consapevolmente
Il processo è iniziato nel 2003 quando il Primo Ministro Pawan Chamling ha lanciato la “Sikkim Organic Mission 2015”: eliminare completamente l’uso di sostanze chimiche fertilizzanti nei processi agricoli entro il 2015.
Per portare a termine tale operazione ci sono voluti 10 anni esatti mentre altri due sono stati necessari per acquisire le certificazioni da un ente indipendente. Il processo si è concluso a dicembre 2015, quando anche le ultime aziende agricole hanno ottenuto l’attestazione “100% organic”; la comunicazione ufficiale è arrivata il 18 gennaio 2016 con l’annuncio del Primo Ministro durante l’inaugurazione del “Sikkim Organic Festival 2016”.
Perché scegliere il biologico: la scelta dell'India
La decisione di abolire gradualmente l’uso di fertilizzanti chimici è stata presa per salvaguardare la salute di persone e ambiente e per proteggere gli ecosistemi a rischio.
La correlazione tra alcuni tipi di malattie e l’uso agricolo di pesticidi è infatti supportata da sempre maggiori evidenze scientifiche, ma un episodio di cronaca ha segnato il punto di non ritorno per lo stato indiano: la morte di alcuni uccelli e topi nei campi dell’Assam, una regione del Sikkim dove erano utilizzate larghe quantità di diserbanti ed altri prodotti chimici. Se quello era l’effetto sugli animali esposti a tali sostanze, quali le ripercussioni sugli uomini?
Dietro tale scelta si cela anche una motivazione di tipo economico-commerciale. La sempre maggiore sensibilizzazione delle persone in varie parti del mondo al biologico aveva già portato alcune regioni dell’India ad un ritorno a metodi di coltivazione tradizionali; quando infatti la notizia dell’uso di fertilizzanti nelle colture di piante da tè ne aveva causato il crollo delle esportazioni era stato necessario correre ai ripari. È il caso del Darjeeling, tè prodotto nell’omonima regione del Bengala Occidentale e tradizionalmente considerato il più pregiato dei tè neri, soprattutto in Gran Bretagna.
Le strategie per un'agricoltura 100% bio
Gli sforzi messi in campo da parte delle autorità sono stati notevoli, sia dal punto di vista politico che economico e gestionale.
Sul fronte legislativo si è dovuto partire da zero in quanto non esisteva nello Stato, e più in generale in India, una normativa orientata in tal senso. A partire dal 2003 sono state dunque emanate una serie di leggi sempre più restrittive che hanno prima limitato e poi totalmente vietato l’uso di sostanze chimiche nei processi agricolo-produttivi a favore di fertilizzanti naturali.
Parallelamente risorse finanziarie sono state indirizzate sia alla ricerca che alla formazione degli agricoltori. Era necessario perfezionare e promuovere le tecniche tradizionali di concimazione e di coltivazione, che prevedessero non solo l’uso di fertilizzanti e insetticidi naturali (come il compost e le trappole a feromone per neutralizzare i moscerini della frutta), ma anche un miglior utilizzo dei terreni: accorgimenti quali rotazione delle coltivazioni e selezione accurata delle piante consentono infatti un uso più razionale e produttivo del suolo, impedendone lo sfruttamento intensivo.
Una delle prime operazioni effettuata è stata quella di convertire due aziende agricole del governo, una a sud e una ad est del paese, in centri di eccellenza dell’agricoltura biologica. Successivamente sono stati attivati corsi di formazione e workshop per gli agricoltori che, oltre ad essere totalmente inconsapevoli dei benefici di tale tipo di produzione su popolazione ed ambiente, non erano a conoscenza dei principi e delle tecniche di “organic farming”.
Sono stati infine condotti attenti studi di settore che hanno portato all'individuazione di 5 prodotti dall’elevato potenziale per il mercato biologico: curcuma, zenzero, peperoncini, mais e senape. Su queste principali colture è stato condotto il maggior numero di sperimentazioni per la “Mission2015”.
Il mercato del biologico ed i benefici per l’economia
Una delle maggiori preoccupazioni legate al commercio del biologico è l’onerosità di tali merci. Come però spiegato dall’attivista ambientale Kavita Kuruganti in un’intervista, si tratta di una questione legata alla legge del mercato "domanda e offerta".
"Quello che accade comunemente nel commercio del biologico è che i rivenditori hanno a che fare con una piccola quantità di prodotti provenienti da una vasta gamma di agricoltori [...]. Questo fa salire il prezzo del prodotto. Quando uno stato produce esclusivamente merci biologiche allora i costi di stoccaggio, imballaggio e etichettatura scendono” e la differenza di prezzo crolla.
A supportare tale posizione intervengono i primi report. Secondo quanto dichiarato dal Primo Ministro al Sikkim Organic Festival 2016, da quando tutte le colture sono diventate 100% bio la richiesta per i prodotti del Sikkim è aumentata, gli agricoltori guadagnano il 20% in più e sono stati creati nuovi posti di lavoro. Sta inoltre nascendo una nuova generazione di imprenditori oltre che una nuova tendenza di turismo legato al biologico.
L’Europa verso il biologico
Anche in Europa c’è una nazione che mira a raggiungere lo stesso obiettivo del Sikkim. Si tratta della Danimarca che non si accontenta di essere il paese più sviluppato al mondo nel commercio del prodotti biologici e punta ad un’agricoltura 100% bio.
Il primo traguardo è già stato fissato: entro il 2020 i terreni destinati alla coltivazione di merci organiche dovranno essere il doppio rispetto a quelli del 2007. I numeri fanno ben sperare. Attualmente la loro richiesta è la più alta di sempre.
Nel 2015 il marchio nazionale danese del biologico ha festeggiato i 25 anni ed è conosciuto dal 97% della popolazione; l’8% del cibo venduto nel paese è organico e l’esportazione di prodotti “bio” è aumentato del 200% rispetto al 2007.
La strategia elaborata dal governo danese si articola su due fronti: stimolare alla coltivazione con tecniche tradizionali e biodinamiche e far aumentare la domanda di cibo e merci bio. A tale proposito nel 2015 sono stati stanziati 53 milioni di euro.
La trasformazione di terreni agricoli in “organic farm” è incentivata grazie a finanziamenti atti a supportare chi decide di investire nelle nuove tecnologie e nelle iniziative volte a favorire la crescita di tale mercato.
Per l’incremento della domanda sarà il governo a dover dare per primo l’esempio: il 60% del cibo servito nei locali pubblici quali scuole, ospedali e mense non privatizzate dovrà essere organico.
Inoltre corsi sull’agricoltura biodinamica saranno tenuti a scuola all’interno delle lezioni di Scienze, perché la consapevolezza nasce dalla conoscenza.
Il Sikkim come modello
Dopo un processo graduale, lungo e complesso, le autorità del piccolo stato indiano si augurano che il Sikkim sia da esempio per l’India e per il resto del mondo. Per questo il 18 gennaio 2016 il Primo Ministro ha lanciato una sfida alle altre regioni dell’India ovvero selezionare un distretto o un gruppo di 100/150 villaggi strategici per il settore agricolo e cominciare il graduale ritorno alla coltivazione tradizionale, senza pesticidi né OGM. Se l’esperimento avrà successo allora, secondo il Primo Ministro, si genererà un effetto domino e automaticamente anche altri stati intraprenderanno lo stesso percorso: "gli agricoltori non possono essere influenzati attraverso conferenze e letture di scienziati. Per loro vale il vedere per credere".
“Quello che vediamo oggi è il risultato di un enorme, duro lavoro e della fede in un’idea”: Il Sikkim ha indicato la strada, ora sta al resto del mondo scegliere se seguirla o meno.