Architettura in legno nel Regno delle Due Sicilie. Il primo regolamento antisismico d’Europa

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Le norme antisismiche attualmente vigenti nella legislazione italiana risalgono al 2008 (NTC 2008), stilate purtroppo come risposta tardiva ad eventi drammatici che ci si ripromette ogni volta di prevenire (non ho detto prevedere) e che si finisce invece per commemorare (con varie sfumature di ipocrisia). Eppure nel Regno delle Due Sicilie un primo regolamento antisismico che favoriva il ricorso ad una speciale architettura in legno riuscì a contenere danni e morti dei potenti terremoti che colpirono il Sud d’Italia, studiando la storia e la tradizione costruttiva locale.

TERREMOTI: QUANTI MORTI PER CORRUZIONE?

Il primo regolamento antisismico in Europa

Anche se ancora poco noto, il primo regolamento edilizio pensato per contrastare i terremoti in Europa fu elaborato e attuato dai Borbone nel 1785, in seguito ai due fortissimi eventi sismici che nel 1783 colpirono con particolare violenza la Calabria Ulteriore (l’attuale Calabria meridionale) e la Sicilia, provocando (si stima) cinquantamila vittime e danni incalcolabili. L’efficacia di queste norme costruttive è stata messa alla prova dalla storia due volte in particolare: nel 1905 e nel 1908, a fronte dei rispettivi e ben noti sismi. L’architettura costruita seguendo le prescrizioni messe in atto dal regolamento borbonico, pur riportando danni significativi, non subì in nessun caso crolli totali.

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Fu proprio osservando le rovine delle costruzioni sparse in tutti i centri abitati della Calabria che le varie fonti dell’epoca registrarono la risposta soddisfacente alle scosse sismiche di tali edifici. Si trattava di strutture in legno o in muratura rinforzata da intelaiature lignee all’interno: tra tutte, l’esempio più noto e sorprendente è quello del Palazzo del Conte di Nocera a Filogaso (Vibo Valentia): senza aspettare nessuna normativa, era stato costruito prima del terremoto del 1783 con una analoga struttura lignea, e fu l’unico edificio che a rimanere in piedi dopo il sisma. Fu lì che ci si cominciò a chiedere cosa avesse mai di speciale quell’edificio...

Il sistema costruttivo borbonico promosso a pieni voti dal CNR

Qualcosa di speciale queste strutture lo possiedono davvero: lo dimostra la serie di test recentemente eseguiti dal CNR–IVALSA, che riproducendo sezioni murarie seguendo le indicazioni redatte all’epoca ha certificato caratteristiche di resistenza ai terremoti giudicate “eccellenti”.

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Alla prova strutturale ha assistito una delegazione del COST Action FP 1101 Assessment, Reinforcement and Monitoring of Timber Structures, composta da circa cinquanta studiosi provenienti da tutto il mondo. L’esito del test “ha dimostrato chiaramente che un sistema costruttivo ideato a fine Settecento come quello borbonico è in grado di resistere a eventi sismici di una certa rilevanza e che questa tecnologia, una volta compiuti i dovuti approfondimenti e adottando sistemi di connessioni innovativi, potrebbe essere favorevolmente applicata a edifici moderni garantendone stabilità e dando sicurezza alle persone che li abitano”.

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I risultati definitivi del progetto CNR–IVALSA saranno presentati in occasione dell’incontro internazionale H.Ea.R.T 2013 (Historic Earthquake–Resistant Timber Frames in the Mediterranean Area).

I caratteri tecnologici della “casa baraccata”

Queste sorprendenti NTC ante litteram – di cui ci restano i bellissimi disegni dell’architetto Vincenzo Ferraresi pubblicati da Giovanni Vivenzio nella sua “Istoria e Teoria de’ Tremuoti: In Generale Ed in Particolare Di Quelli Della Calabria e di Messina del MDCCLXXXIII” – prescrivevano nel Regno delle Due Sicilie l’utilizzo di tralicciature di legno all’interno delle murature perimetrali, al fine di controventare gli elementi verticali e di garantire un perfetto “comportamento scatolare”. Qualcosa in effetti di molto simile a quello che insegna oggi la moderna scienza delle costruzioni, pur senza averne analoga impostazione analitica: era piuttosto l’applicazione di semplici accorgimenti empirici e di buon senso architettonico tradizionale (ricordiamo che principi antisismici sono presenti in modo intuitivo fin dagli albori dell’architettura).

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All’epoca dell’elaborazione di questo primo regolamento antisismico, Napoli era una florida città collegata alle principali realtà urbane d’Europa quali Parigi, Londra, Vienna e Madrid (R. de Sanctis, “La nuova scienza a Napoli tra ‘700 e ‘800” edizioni Laterza, Bari 1986), e fu da esse che giunsero alcune proposte per realizzare strutture in legno antisismiche, sperimentate pochi anni prima con il violentissimo terremoto di Lisbona del 1755.

Tale sistema costruttivo, noto come casa a gaiola, era formato da una struttura di legno e da tamponamenti di terra cruda (o più raramente da laterizi).

Sicuramente gli architetti di Ferdinando IV, che studiarono i modelli costruttivi dopo il sisma del 1783, erano a conoscenza della normativa portoghese, a cui in parte si ispirarono per le loro ipotesi costruttive in Calabria, realizzando delle proposte che però attingevano prevalentemente dalla tradizione costruttiva locale. Nell’Italia meridionale infatti, architetture simili erano già ampiamente note e denominate case baraccate, abitazioni a struttura lignea che in Calabria erano in uso ben prima del terremoto del 1783.

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Le descrizioni di questa casa antisismica fornite dal Vivenzio sono tecnologicamente precoci da diversi punti di vista:

  • innanzitutto, il principio intuitivo di legare insieme come in un’unica unità strutturale l’intera costruzione rappresenta un’acuta comprensione del modo in cui gli edifici reagiscono ai terremoti;
  • in secondo luogo, l’adozione di diagonali lignee di controventatura lungo l’intera costruzione fornisce resistenza alle azioni laterali (quelle che gli strutturisti chiamano azioni “nel piano”), risultando una soluzione estremamente efficace e a buon mercato in archietttura;
  • terzo, la simmetria in pianta e in alzato, ovvero proprio quella cosa tanto ripudiata dai molti architetti in cerca di notorietà. Tale efficacia antisismica viene implementata da un impianto planimetrico semplice, basato su un quadrato perfetto.

Nei prototipi del Ferraresi le unità laterali più piccole, scrive Vivenzio, servono a contraffortare quella centrale, di modo che se anche quest’ultima dovesse crollare, non andrebbe a ribaltarsi sulla strada.
È significativo inoltre come il tema della casa baraccata ritorni in alcuni dei 54 brevetti rilasciati dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio tra il novembre del 1908 e gennaio del 1910 (C. Barucci, “La casa antisismica. Prototipi e brevetti”, Gangemi Editore, Roma 1990).

La casa baraccata dunque era un’efficace struttura di legno concepita in modo organico e compatto, rafforzata lungo tutta la sua altezza e resistente in ogni direzione grazie ai collegamenti diagonali incrociati che, sebbene non fossero presenti in tutte le soluzioni, dimostravano una buona resistenza alle azioni orizzontali e non solo a quelle gravitazionali. Le connessioni tra gli elementi strutturali e la deformabilità del materiale inerte garantivano comunque la possibilità di un certo assestamento della struttura che avrebbe potuto assicurare un buon dissipamento di energia, nonché un adattamento ad eventuali deformazioni permanenti imposte dal sisma.

Nell’edilizia corrente, anche per edifici di un certo impegno, si è proseguito invece costruendo edifici in blanda muratura privi di un efficace connessione tra le parti: ecco perché la Storia ha ancora molto da insegnarci.


Alberto Grieco

Alberto Grieco Architetto

Frequentando una signora chiamata Storia, ha scoperto che l’architettura bio-eco-ecc. non ha inventato Nulla©, ed è per questo che perde ancora tempo sui libri. Architetto per vocazione; tira con l’arco, gira per boschi, suona e disegna per vivere. Lavora nel tempo libero per sopravvivere.