L’arte del rifiuto con l’up cycling nel design e in architettura

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Bidoni, sedie e poltrone, vecchie biciclette, contenitori e bottiglie di plastica, carta e portoni di legno: potremmo trovarli vicino ai cassonetti delle nostre città, nel salotto o su qualche rivista patinata di interior design. Questi oggetti, che si sono rifatti una vita e ritrovano un uso, sono stati sottoposti a dure operazioni di up–cycling, detto anche ‘riciclo creativo’: prendi un oggetto o materiale dallo scarso valore o nessun utilizzo e con la fantasia,poesia o creatività puoi dargli un senso, un valore aggiunto e allungargli anche la vita. Le lampade, le sedute e tutti gli oggetti riciclati, unici e irripetibili, pur denunciando sempre la loro onesta provenienza, potrebbero divenire creazioni da sfoggiare ed usare con orgoglio nelle abitazioni, piazze o allestimenti. Unici ed irripetibili non solo per i materiali utilizzati, ma soprattutto per il gesto artigianale e le condizioni in cui sono stati realizzati.

ARREDI E ALLESTIMENTI UP–CYCLING

I chirurghi dell’up–cycling non sono semplici interior designer, ma artisti che recuperano e riassemblano materiali ed oggetti dalla perduta funzione e alla ricerca di una nuova identità. Guardiamo, abbandoniamo e dimentichiamo con indifferenza oggetti che, dopo essere stati comperati e brevemente usati risultano, tutt’ ad un tratto e a volte senza ragione, declassati a materiale di scarto.

Artisti perché vedono in vecchie casse di vino, specchi e semplici assi di ponteggio, potenzialità ed energie inespresse, storie da raccontare; manipolano gli stessi oggetti che noi consideriamo esausti e ce li riconsegnano per un nuovo uso quotidiano. Inoltre, dietro queste creazioni troviamo un’ottica di risparmio, sostenibilità e recupero della memoria storica degli oggetti. Artigiani perché ogni pezzo è unico e realizzato a mano; imprenditori, perché lavorano nell’ottica di una produzione in serie senza eccessi di offerta (realizzazioni su misura e su commissione); poeti e filosofi del rifiuto, perché si oppongono all’economia capitalista, che definisce tempi, costi ed efficienza degli oggetti e realizzando qualcosa che è diverso, imperfetto e vissuto.

Borisbally utilizza cartelli stradali per realizzare coloratissimi arredi e accessori domestici, YukenteruyaStudio usa sacchetti di Mac Donald’s, rotoli di carta igienica o di pizza per realizzare installazioni raffinatissime, Junktion disseziona le macchine da scrivere realizzando gigantesche figure umane anatomicamente corrette, chi innesta vecchie sedie in poufo ricopre di colorata e morbida resina, vecchi bidoni di latta (bidone all’uva, alla menta, all’albicocca).

ARCHITETTURE UP–CYCLING

L’up– cycling è una vera e propria mania, alimentata dai consumi spropositati e dall’accumulo di oggetti e relativi incarti; dilaga, perciò, in tanti settori: arte, interior design, moda, hobbistica e, con risultati sorprendenti, anche in architettura. Citiamo progetti realizzati con tre materiali sottratti al cassonetto, a dimostrazione che sbarazzarsi di oggetti inutili è tanto sbrigativo quanto antieconomico e anticreativo.

Nelle abitazioni o al parrucchiere vi sono sempre cumuli di riviste patinate e coloratissime che, prima o poi, saranno soppiantate da altre, in un ciclo cadenzato da mode e gossip. EldingOscarson ha realizzato un’intera parete a Oktavillacon pile di vecchie riviste legate per anno, creando una separazione – finestre e porte annesse! – che crea un pattern lineare e raffinato.

I bancali o pallets furono usati durante la seconda guerra mondiale dai militari americani per movimentare le merci; in legno o plastica, sono ora utilizzate come pedane d’appoggio per spedizioni e spostamenti prodotti; ottima soluzione per limitare danni causati da superfici umide e risparmio di tempo, diventano onerosi nello smaltimento. Seconda chance per il pallets è data dall’up–recycling, utilizzati per allestimenti, panche e tavoli per esterni come nel Parking day di Torino 2010; diventano elemento caratterizzante dell’ufficio Brandbase dei Most Architecure, per realizzare gradonate, sedie e scrivanie scalettate, o modulo di un intero padiglione temporaneo come il Pallet Pavillion di Matthias Loebermann.

Come utilizzare 600 costumi da bagno nuovi e, nasce spontanea la domanda, cosa potrà mai giustificare tale spreco di produzione? Dopo aver prodotto la linea LZR Raced, la nota marca Speedo si è vista bocciare i costumi hi tech perché reputati pari ad un doping tecnologico, a seguito di severe modifiche del regolamento della Federazione Italiana di Nuoto (FINA). Duro colpo per la Speedo che ha pensato bene di riscattarsi cedendo gratuitamente i costumi al Chelsea College of Art & Design; gli studenti, dopo aver testato la resistenza del tessuto, hanno realizzato un padiglione con 200 costumi. Costumi destinati alle piscine sono stati assemblati per realizzare un’opera d’arte, esposta per due settimane al London Festival of Architecture. Attendiamo con ansia l’opera che sarà prodotta dai rimanenti 400 costumi!

CICLO DI VITA DEL PRODOTTO

Le teorie economiche di R. Vernon sottolineano come il ciclo di vita del prodotto sia come quello biologico scandito da fasi ben definite. Le quattro fasi che attraversa si traducono in economia in:

– introduzione (concordata una precisa strategia di marketing, il prodotto è immesso sul mercato);
– crescita (pubblicità e aumento di vendite);
– maturità (i concorrenti lasciano il mercato e il volume di vendite è costante);
– declino (prodotto superato e poco venduto).

E’ possibile prolungare la fase di crescita e maturità, produrre e consumare meno nell’ottica di una decrescita serena e convertirsi al business sostenibile.

D’altro canto le aziende dovrebbero considerare l’impatto ambientale del prodotto sul mondo – Valutazione del Ciclo di Vita LCA – e tra le strategie di marketing da adottare (ridurre gli sforzi di promozione, eliminare distributori marginali, riposizionare il prodotto per allungarne la vita o semplicemente eliminarlo) aggiungere il riciclo (perché no, ricreativo) per reinserirlo sul mercato. L’oggetto in sé può offrire molto più del prodotto che usiamo e per cui è stato creato.

Elisa Stellacci

Elisa Stellacci Architetto

Di origine barese e studi ferraresi, si occupa di architettura e grafica a Berlino. Lavora in uno studio di paesaggio, adora le ombre, concertini indie-rock e illustrazioni per bimbi. Volubile e curiosa, si perde nei dettagli e divide non equamente il tempo tra lavoro, amici e passioni.