- scritto da Giovanna F
- categoria Progetti
Vele di Scampia: progetto originario, demolizione e stato di degrado oggi
Demolito nel febbraio 2020 un altro edificio delle cosiddette Vele di Scampia, nella periferia di Napoli. Nate affinché centinaia di famiglie potessero integrarsi e crearvi una comunità, per una serie di eventi negativi, le Vele versano oggi in uno stato tale di degrado che l’unico modo per risolvere i problemi di spaccio di droga, di delinquenza singola e organizzata che si mescola con le tante famiglie alla ricerca vana di una collocazione nella società, sembra essere rimasta quella di abbatterle.
Le Vele di Scampia: storia di un progetto abitativo
Costruite tra il 1962 e il 1975, le Vele di Scampia sono un insieme di sette palazzi dalla tipica forma a vela (triangolare) nel quartiere periferico napoletano omonimo. Il progetto, dell’architetto Franz Di Salvo, prevedeva un più ampio Piano di sviluppo della città di Napoli. Il progettista non era nuovo alla realizzazione di edilizia popolare già affrontata nel 1945 con la costruzione del Rione Cesare Battisti a Poggioreale (Na). Le Vele, commissionate dalla Cassa del Mezzogiorno, dovevano rappresentare il più grande complesso di edilizia economica e popolare del Sud.
L'area in cui le Vele furono edificate ricadeva in due lotti contigui:
- il lotto M dove furono costruite quattro Vele, indicate con le lettere A, B, C, D;
- il lotto L dove furono costruite le Vele F, G e H.
Dopo il 2003 venne aggiunta una nuova classificazione cromatica alle quattro vele rimaste in piedi: Vela Rossa, Vela Celeste, Vela Gialla, Vela Verde.
Il rione ideato da Franz Di Salvo era composto da due tipologie di edifici: a «torre» e a «tenda».
Quest'ultimo imprime l'immagine predominante del complesso delle Vele ed è contraddistinto dall'accostamento di due corpi di fabbrica lamellari inclinati, separati da un grande vuoto centrale attraversato dai lunghi ballatoi sospesi ad un'altezza intermedia rispetto alle quote degli alloggi.
Il progetto aveva l’idea nobile di creare un quartiere dove le famiglie avrebbero potuto integrarsi e creare una comunità: doveva essere un luogo di aggregazione e condivisione, collegata alla città da grandi vie di scorrimento e dotata di ampie aree verdi. In realtà l’abuso edilizio e la mancanza di controllo da parte della Polizia hanno reso questo quartiere un vero ghetto nelle mani di criminalità organizzata. Oggi lo stato di degrado è irrecuperabile.
Demolizione delle Vele di Scampia
La prima a cadere fu la Vela F, demolita nel 1998 con le ruspe nell'estate del 1998.
La seconda ad essere demolita fu la Vela G nel 2000.
La Vela H stata abbattuta nel 2003 anche se inizialmente si pensava di poterla riqualificare.
Restano ad oggi in piedi 4 edifici: tre verranno demoliti e uno solo resterà in vita e verrà riqualificato.
La Vela Celeste detta «Torre» dovrebbe cadere ai primi di marzo. In questo edificio vivono ancora 20 famiglie che dovranno essere collocate in nuovi alloggi sociali.
Una delibera del Comune ha richiesto allo Stato ed ha ottenuto lo stanziamento di 18 milioni di euro per procedere con questo intervento. Le opere di demolizione di questi tre edifici rientra nel Patto per Napoli (308 milioni di euro che lo Stato ha stanziato per alcuni progetti di rigenerazione urbana nella città di Napoli).
Cosa resta di tutto ciò: un progetto che forse nasceva da ideali grandi, un’idea di rigenerazione urbana, di edilizia sociale preferire e condivisione che non è stato mantenuto nel tempo: una struttura come quella oltre ad essere costruita deve essere controllata e manutenuta con un’attenzione particolare.
Restano anni di abusi, violenze e malaffare che hanno mostrato la città di Napoli su tutti i media, restano le persone… tante persone oneste che la vita ha portato a vivere in quella kasba di cemento, che hanno lottato quotidianamente per poter avere il diritto di vivere onestamente e di educare i figli alla cultura del bello e del lodevole e del sano in un luogo, degradato, non funzionale, privo di sicurezza e salubrità.
Vele di Scampia progetto originario
Le vele di Scampia sono oggi conosciute in tutto il mondo grazie al best seller "Gomorra" di Roberto Saviano, e ai successivi film e serie TV, come un focolaio di droga, prostituzione e mafia. Sono il simbolo del degrado del sud Italia e del fallimento delle istituzioni.
Tuttavia le vele di Scampia furono realizzate seguendo un progetto originario che seguiva le teorie urbanistiche più avanzate, per alleviare la mancanza di abitazioni popolari e migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti. Costruite tra i primi anni '60 e la metà degli anni '70, le vele di Scampia incarnavano il concetto di "macchina da abitare" elaborato da Le Corbusier e realizzato per la prima volta a Marsiglia nel 1952 con la costruzione dell’Unitè d’habitation, in cui l’architetto svizzero immaginò ogni singola abitazione come una cellula, a sua volte parte di un organismo più grande, dando così origine ad una città verticale.
Per realizzare questo complesso residenziale utopico fu chiamato l'architetto Francesco Di Salvo, che aveva fatto la sua fortuna costruendo nelle aree urbane circostanti Napoli.
Con le sette mega-strutture, le vele, Di Salvo voleva organizzare a Scampia un quartiere ricco di spazi verdi e servizi, un'oasi del progresso in cui realizzare i principi di vita comune degli utopisti Owen e Fourier.
Il progetto originario delle Vele di Scampia, prevedeva un modulo di 1,20 m, creando stanze di 3,60 x 7,20 m. Le abitazioni comprendevano tre, quattro o cinque stanze, a seconda del numero di abitanti. Ogni edificio era orientato lungo l'asse nord-sud per ottimizzare la ventilazione naturale e il controllo della luce diurna (concetti per nulla scontati all’epoca) ed era composto da due blocchi paralleli con una distanza di 10,20 m in cui passerelle sospese conducevano gli abitanti alle proprie abitazioni. Queste passerelle volevano ricreare la vitalità del tipico vicolo napoletano, con i suoi colori, profumi e melodie.
Le vele di Scampia oggi
Sfortunatamente, il progetto non fu mai realizzato seguendo il disegno originale di Francesco Di Salvo, che fu completamente sconvolto. In seguito al terremoto del novembre 1980, la necessità di abitazioni economiche nella città di Napoli aumentò vertiginosamente. Per questo motivo le vele di Scampia furono realizzate con un 23% di abitazioni in più rispetto al progetto originario, a scapito di servizi e spazi comuni.
Inoltre l’impresa di costruzioni modificò notevolmente la struttura per ridurre il costo totale dell’opera. Prima di tutto, le passerelle, che dovevano essere leggere e non invasive, furono costruite in cemento; inoltre lo spazio tra i due moduli venne ridotto a 7,2 m rendendo gli spazi dentro le vele bui e malsani.
Ma il progetto delle vele non rappresenta tanto il fallimento di un utopia architettonica, quanto piuttosto il risultato di una pessima gestione politica. A causa del terremoto, si scelse di trovare una soluzione nel più breve tempo possibile senza pensare al lungo termine, così tante persone, principalmente famiglie a basso reddito, furono trasferite con gli edifici ancora non ancora ultimati.
Oggi in molte di queste case le pareti sono piene di muffa a causa dell'umidità, in quanto la luce non può entrare nelle stanze che si affacciano sul cortile interno. Le tubazioni sono in pessime condizioni e ancora oggi, in strutture di 16 piani, non c'è ascensore. Le condizioni di vita sono estremamente negative, e a ciò si aggiunge la totale mancanza di manutenzione e l’assenza delle istituzioni.
Per questo nel 1998 la vela F fu abbattuta, seguita dalla vela G nel 2000 e la H nel 2003 e oggi si sta valutando di abbattere anche gli ultimi edifici rimasti in piedi, lasciandone solo uno da riqualificare.
Le vele di Scampia sono sempre state indicate con le lettere A, B, C, D, F, G, H. Ma dopo l’abbattimento delle vele F, G e H la popolazione ha iniziato ad utilizzare i colori rosso, celeste, giallo e verde per indicare le quattro vele A, B, C, D rimaste in piedi.