L’orfanotrofio sostenibile del Mali e l’architettura tradizionale africana

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Nel cuore dell’Africa Occidentale, in Mali, nasce un orfanotrofio completamente ecosostenibile dallo studio dell’architettura tradizionale locale. La sua storia ha un po’ il sapore di una favola. Il suo Fondatore, Fatoumata Goundourou, ospitò nella sua casa il primo bambino orfano nel 1978 e da quel momento in poi la sua abitazione divenne un rifugio per molti altri bambini senza una famiglia. Nel 2010 il sindaco di Fresnes, nel sud della Francia, Jean–Jacques Bridey, venne a conoscenza della storia di Fatoumata Goundourou e decise di incontrarlo. Dopo il suo viaggio in Mali il sindaco decise di costruire un vero e proprio orfanotrofio a Dialakoroba, in grado di ospitare molti bambini, di garantire loro una casa, ma anche cure mediche e istruzione.

L’orfanotrofio di TYIN Tegnestue Architects in Thailandia

IL PROGETTO

Il progetto, firmato dallo studio parigino F8 Architecture, nasce dall’analisi dell’architettura tradizionale del Mali: una serie di blocchi, contenenti gli alloggi per i bambini e per il personale, un piccolo centro medico, i servizi, la cucina e la sala da pranzo, sono disposti intorno ad un ampio cortile centrale. Al piano primo sono disposte invece le aule e delle ampie terrazze, destinate allo svolgimento di alcune attività ricreative per i bambini.

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Il risultato è un’architettura ispirata ai codici tradizionali della regione sub–sahariana per adattarsi alle condizioni estreme dell’ambiente. Per ragioni economiche ed ambientali, il progetto non prevede l’utilizzo di impianti di aria condizionata per il sistema di raffrescamento.

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I PRINCIPI ECOSOSTENIBILI

L’intera progettazione è stata incentrata su tre principi che garantiscono un buon confort climatico nell’edificio.

Il primo principio è la riduzione del assorbimento del calore dovuto al forte irraggiamento solare. Il progetto prevede la costruzione di un tetto sul tetto, il che limita l’incremento del calore nelle stagioni calde e crea degli spazi piacevoli da vivere per i giovani abitanti dell’orfanotrofio nei periodi più miti. Le tettoie sporgenti, inoltre, riducono la superficie della facciata direttamente esposta al calore dovuto dal sole torrido.

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Il secondo principio è legato al miglioramento della massa termica dei muri. Tutte le pareti sono costituite da blocchi di cemento“H”, i cuivuotiinternisono riempitida fango e bucce di grano fermentato. Questa miscela, chiamata “banco” è tipica dell’area sub–sahariana ed è nota, dai costruttori del posto, per le sua inerzia termica. Le pareti più esposte all’irraggiamento solare sono rivestite in gabbione, riempito con pietre e ciottoli per uno spessore di 50 cm, per rafforzare ulteriormente l’inerzia termica delle pareti.

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L’ultimo principio è quello legato alla ventilazione naturale dell’edificio. L’intero complesso architettonico è studiato al fine di avere una buona ventilazione naturale, ma anche ogni singolo corpo architettonico è studiato per garantire la circolazione dell’aria al suo interno, generando un raffrescamento naturale continuo.
Questi accorgimenti progettuali hanno portato, durante la stagione calda, ad avere una differenza di temperatura interno–esterno di circa 20°C.

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L’orfanotrofio malese, distante dal centro abitato di Dialakoroba, è stato progettato per essere completamenteautosufficiente: l’elettricitàè generataattraverso i pannellisolari, posti in coperturae l’acquaviene pompatada 70m di profonditàetrattata.

La scarsità di acqua nelle zone sub–saharianea ha condizionato un altro aspetto importante del progetto: la gestione delle acque reflue. L’acqua utilizzata nell’edificio viene raccolta e purificata, attraverso un bio–filtro che utilizza batteri anaerobici. Parte dell’acqua depurata viene convogliata in un laghetto, utilizzato per l’allevamento ittico, e parte viene utilizzate per l’irrigazione di un piccolo orto.

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Questo sistema ha non ha solo lo scopo di garantire cibo a tutti gli abitanti della struttura, ma è anche fortemente educativo per i bambini, che imparano a coltivare ortaggi e a pescare. L’orfanotrofio è così, non solo un rifugio per i bambini senza famiglia, ma diventa parte integrante della loro formazione per la loro futura realizzazione.

Lucia Pacitto

Lucia Pacitto Architetto

Architetto per passione, ha iniziato a scrivere per colmare l’irrefrenabile bisogno di raccontare quello che l’architettura e la natura insieme riescono a fare. Nel tempo libero adora gironzolare con la sua Nikon tra i vicoli di Bologna, dove vive, per rubare qualche scatto.