Lilypad, la città anfibia. Isole da fantascienza per un futuro abitativo sostenibile

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Per fortuna c’è ancora qualcuno che, anziché piegare l’architettura a mille compromessi lasciando per ultime le esigenze ambientali, si dedica a una progettazione sperimentale proiettata verso risultati di eccellenza, non solo quanto a ecocompatibilità, ma anche quanto a bellezza, fantasia e altissimo profilo tecnologico.

È indubbiamente questo il caso di Vincent Callebaut, architetto belga classe 1977, talento emergente dell’architettura internazionale intrisa di creatività e spinta sperimentale. Callebaut e già da anni attivo sul fronte di una progettazione di spiccata impronta futurista; le sue idee, che in più di un’occasione hanno ottenuto premi importanti in competizioni internazionali, hanno come minimo comun denominatore la volontà di dare vita a paesaggi architettonici ad alto tasso spettacolare da un lato, ma perfettamente integrati nell’ambiente e altamente ecocompatibili dall’altro.

Il risultato? Delle vere e proprie cittadelle da fantascienza, che dal punto di vista estetico possono suscitare entusiasmo o scetticismo, ma alle quali va in ogni caso riconosciuta un’alta capacità di sintesi fra un’idea utopistica dell’architettura e un’attenzione primaria alla questione dell’ecosostenibilità delle forme abitative del domani.

Il sito Internet di Callebaut offre, attraverso rendering ad altissima definizione, un’ampia panoramica su quanto da lui sinora elaborato, compresa la sua più recente proposta: Lilypad, la prima città anfibia della storia. Una grandiosa visione futurista di isola galleggiante, metà acquatica e metà terrestre, che potrebbe ospitare fino a 50.000 “rifugiati ambientali”, in fuga da un ambiente di terra ormai invivibile per inquinamento e distacco dalla dimensione naturale. Un luogo dove approdare per sfuggire all’innalzamento del livello delle acque provocato dallo scioglimento dei ghiacci, che è già cominciato e che nei prossimi decenni metterà a serio rischio la vita di intere comunità costiere in diverse zone del pianeta; la previsione è di quasi 230 milioni di persone costrette a migrare.

Lilypad, pensata anche come soluzione rispetto a questi scenari (purtroppo non così lontani da quanto potrebbe realmente accadere) si ispira totalmente a Madre Natura. L’isola architettonica ecocompatibile, infatti, è stata modellata sulla struttura di un fiore acquatico: la più grande ninfea del mondo (in inglese “ninfea” si dice “Lily”), il cui nome scientifico è Amazonia Victoria Regia, in onore della Regina Vittoria alla quale fu dedicata dal suo scopritore, il botanico tedesco Thaddeaus Haenke. Le foglie galleggianti di questa meraviglia, che cresce nell’habitat amazzonico, possono arrivare a misurare 2 metri di diametro, e sono in grado di sostenere tranquillamente il peso di un bambino!

Con Lilypad Callebaut punta a realizzare, basandosi sui principi della biomimetica, una città in totale armonia con l’ambiente, capace di crescere nel tempo rispettando la biodiversità e sviluppando fauna e flora intorno a un lago centrale di acqua dolce, formato dalla raccolta dell’acqua piovana sottoposta a processi depurativi. Si è pensato a una complessa struttura stratificata, divisa in tre aree marine e tre zone montagnose, sviluppate intorno a un cuore pulsante centrale costituito appunto dal bacino acquatico. Quest’ultimo si estenderebbe in profondità sotto il livello del mare ospitando delle acquacolture, mentre in superficie prenderebbero vita le cittadelle e le varie attività economiche e sociali della popolazione.

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Lilypad somiglia molto, nella sua forma, al suo prototipo naturale: è plastica, morbida, fatta per galleggiare e scivolare sull’acqua seguendo i ritmi delle correnti e delle stagioni, e sfruttando al massimo le risorse energetiche del sole, della pioggia e dei venti. La sua “pelle” é composta da fibre di poliestere ed é ricoperta di biossido di titanio, che reagendo ai raggi ultravioletti assorbe l’inquinamento atmosferico.

Al di là dei suoi aspetti di visionarietà, il progetto è estremamente interessante anche perché ragiona, e lo fa molto concretamente, su come rendere una macro–unità abitativa totalmente autonoma dal punto di vista delle materie prime, delle risorse energetiche, della produzione alimentare. Lilypad sarebbe capace di realizzare un compiuto equilibrio fra i quattro parametri–chiave su cui si basa l’azione dell’OECD (Organisation for Economic Cooperation and Development, in Italia nota come OCSE), ossia clima, biodiversità, acqua e salute. Infatti, attraverso l’integrazione di tutte le forme di energia alternativa, dei processi di depurazione naturale (la fitodepurazione, ossia un sistema di depurazione delle acque reflue domestiche, agricole e industriali ispirato al principio di autodepurazione degli ambienti acquatici e delle zone umide) e del trattamento delle biomasse organiche, la città anfibia non solo sarebbe a emissioni zero, ma addirittura produrrebbe più energia di quanta ne consumerebbe.

Lilypad, insomma, sarebbe praticamente la eco–città acquatica del nostro futuro, in perenne movimento e rinnovamento, dinamica come solo Madre Natura sa essere.

Cosa ne impedisce la realizzazione? Come spesso accade per questo tipo di progetti, il costo elevatissimo, che per ora purtroppo non rende possibile sottrarla alla dimensione dell’utopia.

Ma, come si diceva in apertura, questa è un’architettura che deve esistere proprio per il suo spiccato carattere visionario. Perché è dalle utopie più audaci che nascono nel mondo reale le spinte al rinnovamento, le risposte alle domande, le soluzioni ai problemi.

Fonti | Vincent Callebaut | Versunearchitecture 

Laura Montingelli

Laura Montingelli Laureata in Lettere moderne

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