Digital Med 2012: la terza edizione attraverso i progetti dei partecipanti

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Un mese fa si concludeva la terza edizione della Summer School Digital Med, il workshop in mapping, parametric design e digital fabrication organizzato dalla Nomad Area, l’accademia d’architettura avanzata nata alle porte della costa d’Amalfi, e dal team dell’Aramplus con il supporto dell’ Ordine degli Architetti di Salerno e dell’ INARCH. Prendere parte ad un workshop come il Digital Med mi ha dato la possibilità di colmare un vuotolasciato dalla mia formazione accademica. In un’ aula universitaria ci viene insegnato a ragionare in termini di spazi, requisiti, prestazioni, preesistenze, ma assai raramente vengono forniti gli strumenti e quell’ apparato concettuale che permettono a dei futuri professionisti di aprire davvero il proprio orizzonte culturale, di proiettarsi concretamente nello scenario attuale e al contempo entrare in maniere competitiva nel mercato del lavoro. Laurearsi con lode e sentirsi un alieno sfogliando una rivista d’ architettura: dov’è il gap? Il limite è nelle proprie radici culturali o in una mente costruita per seguire, nelle migliori delle ipotesi, il solco tracciato dai padri dell’ architettura? Occorrerebbe prendere consapevolezza che questi, prima di noi, hanno rotto col passato con senso critico e con i mezzi che avevano a disposizione. Oggi, come sempre, siamo chiamati al nostro dovere di professionisti, ma avvalendoci di una serie di strumenti che ci mettono nelle condizioni di creare qualsiasi cosa, tecnologie con un potenziale generativo che, accostato ad un approccio interdisciplinare, possono essere guidate verso la creazione di nuovi scenari e nuove forme.

Per tre settimane il complesso di Santa Sofia, nel centro storico di Salerno, ha accolto e raccolto le idee degli 11 partecipanti del workshop: Carmen Cascone, Anellina Chirico, Giuseppe Cocco, Antonella De Angelis, Maria Rosaria Della Pepa, Barbara Fiacchino, Agostino Granato, Antonella Petrocelli, Valeria Prete, Cosetta Silvestro e Daniela Scovotto.

Calamitati dalla curiosità e dalla voglia di metterci in discussione, ci siamo imbattuti in concetti perlopiù sconosciuti: sistemi complessi, mapping, pattern, infovisualizzazione. Abbiamo imparato come, attraverso una serie di relazioni matematiche e l’uso di software quali Rhinoceros e Grasshopper, i dati informino le geometrie e come queste vengano prototipate con la fabbricazione digitale.

LA RIQUALIFICAZIONE DEL LUNGOMARE DI SALERNO: ESITI E SPERANZE

E’ difficile comunicare in poche righe il bagaglio di conoscenze che ci è stato trasmesso in quasi un mese di lavoro, ben più semplice è far parlare i nostri progetti. Tema del workshop è stato la riqualificazione del lungomare di Salerno e del sistema di spazi pubblici che si snocciolano tra città e mare, da Piazza della Concordia a Marina D’Arechi. Sei sono le aree oggetto di studio, denominate field all’interno delle quali hanno preso corpo i progetti dei partecipanti, che si collocano all’interno di 4 macrocategorie progettuali: la proliferazione di oggetti nello spazio, la struttura composta da ribs, la modificazione del suolo, la smart city.

Di seguito ve ne presentiamo alcuni, soffermandoci su quelli che, più di altri, si sono distinti per la loro sostenibilità.

Il progetto degli architetti Carmen Cascone ed Antonietta Petrocelli prevede la realizzazione di una copertura dalla geometria fluida e dalla forma sinuosa, un richiamo alle mosse colline della zona, ma anche all’acqua ed alle onde del mare.

La struttura è formata da un insieme di triangoli, che variano di densità, forma e dimensioni in funzione dell’irraggiamento solare ed all’esigenza di avere aree con più o meno ombra. Si genera così una geometria morbida attraversata da giochi di luce. La particolare geometria a cui si è giunti deriva da una modificazione della superficie di partenza nel piano e nello spazio, a cui è stata associata una densità strutturale, il tutto generato dall’analisi degli agenti presenti nell’area e dal mapping di questi ultimi.

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Nel progetto ha un ruolo molto importante la natura, fonte di ispirazione che guida un approccio globale alla sostenibilità di forme e materiali; l’intento è quello di superare il classico modo di costruire che sottrae spazio alla natura, per progettarne uno che la incorpori, anzi la porti lì dove non c’è. Nel progetto la natura, intesa come elemento vegetale, è presente: la copertura in alcuni punti sarà rivestita di materiale geotessile per la crescita di piante rampicanti, un tetto ricoperto di muschi e licheni ed essenze varie che contribuiranno a pulire l’aria. In questo modo il verde in città sarà reintrodotto in maniera strutturale e non accessoria, esprimendo nuove modalità di rapportarsi con l’ambiente e con la sfera sensoriale ed il progetto, nella sua globalità sarà così un incrocio tra agronomia ed architettura, all’ insegna di una città più verde, ecologica, sostenibile e vivibile.

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Nella proposta dell’ architetto Daniela Scovotto e di Anellina Chirico è la natura stessa a guidare il processo progettuale dall’ individuazione delle emergenze del luogo, alla generazione degli elementi che, proliferando all’interno dell’area, riconnettono ambiente naturale e spazi antropizzati, suggerendo perfino la tecnologia impiegata per produrli.

Un elemento, derivato fisicamente da superfici che si sviluppano in un cubo e concettualmente da una similitudine biologica attraverso un processo di form finding, occupa lo spazio attraverso la sua proliferazione non indifferenziata, bensì condizionata dall’ambiente stesso, proprio come accade per alcune specie di piante che colonizzano le spiagge, nel caso specifico l Achilea marittima. A dettare le regole di occupazione spaziale è la mappatura degli agenti che più incidono sulla fruizione del luogo (salti di quota, permeabilità visiva ed inquinamento acustico), che definiscono la modalità di aggregazione e distribuzione degli elementi: il loro addensarsi lì dove si vuole ridurre l’inquinamento acustico o la loro rarefazione dove si vuole godere di uno scorcio sul mare. È il vento ad indicare la direzione di questa proliferazione sulla spiaggia, mentre la direzione del traffico veicolare suggerisce la creazione di una barriera al suono.

La struttura finale sarà costituita dalla somma dei singoli elementi, costruiti con un sistema completamente sostenibile messo a punto da Marcus Kayser

una stampante 3D permette di costruire oggetti con il solo impiego della sabbia come materia prima e del sole come fonte di energia. I granelli di sabbia vengono compattati e fusi insieme dal calore del sole e, strato dopo strato, compongono l’oggetto finale.

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Riconsegnate al loro ambiente naturale, queste sculture di sabbia vengono invase dalla vegetazione, che le abita per molti mesi all’anno offrendo refrigerio e ombra e abbattendo l’inquinamento acustico. Quando l’estate lascia il campo al freddo, le piante muoiono, pioggia e vento erodono la struttura e le condizioni ambientali trasformano lo scenario. L’architettura diventa supporto alla natura.

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Gli architetti Maria Rosaria Della Pepa e Barbara Fiacchino hanno affrontato il progetto di riqualificazione di una porzione dell’ area del lungomare prendendo spunto dal concetto di smart city. La fase di mapping ha messo in evidenza le relazioni tra gli agenti protagonisti nella zona interessata, attraverso l’analisi di macrocategorie quali l’ ambiente, l’architettura, le attività, le reti, i suoni, l’inquinamento, la temperatura e l’ illuminazione e l’ importanza delle relazioni tra le “zone di contatto” , intese come “barriere” da reinterpretare. Fisicamente il progetto prevede la divisione del lungomare in fasce di percorrenza caratterizzate da una propria identità. Tra la fascia occupata dal traffico veicolare e dal traffico ciclo–pedonale viene inserito un muro d’ acqua nebulizzata sul quale verranno proiettate le informazioni da comunicare ai cittadini. Questo tipo di “restituzione grafica” verrà inoltre adottata anche sul bordo delle vasche d’ acqua poste a diverse quote lungo la linea di costa, nelle quali sarà possibile la balneazione, annullando di fatto la barriera tra terra e mare e creando tra questi due elementi una forte interazione. Lo studio dei percorsi è stato sviluppato sul principio della frizione: considerando che le piccole quantità di energia elettrica da moto sono ovunque intorno a noi, è possibile realizzare dei percorsi caratterizzati da una pavimentazione smart che capta l’ energia e la restituisce al fruitore sotto varie forme. Sono previsti percorsi differenti a seconda delle diverse esigenze, come ad esempio l’ “energyrun”: il percorso dedicato ai cittadini amanti della corsa sul lungomare produce energia sfruttando le forze di attrito tra le superfici che la compongono e le vibrazioni generate dai corridori. Inoltre, la variazione di quota del percorso è stata progettata rispettando una funzione messa a punto da esperti del settore, che permette la corretta esecuzione dell’ allenamento svolto. Durante il percorso gli utenti potranno, inoltre, godere di oggetti smart posizionati su tutto il lungomare, elementi puntuali dotati di sensori ed attuatori in grado di interagire direttamente con le persone per raccogliere informazioni su ciò li circonda (ad esempio postazioni per ricaricare iPod o nebulizzatori che diano refrigerio dopo l’allenamento). In questo modo sarà possibile trasformare Salerno in una città consapevole, sostenibile ed in grado di aggregare, elaborare e restituire quelle informazioni idonee a rendere più efficienti i suoi processi di gestione e più consapevoli i suoi cittadini, incidendo in modo virtuoso sulla qualità della vita.

L’ arch. Giuseppe Cocco e l’ing. Valeria Prete hanno proposto uno spazio polivalente, un centro polifunzionale ricreativo nel cuore della Salerno balneare sul lungomare Colombo denominato Sea Network Center. La struttura, realizzata in legno lamellare, è nata da uno studio sul campo dei principali agenti (inquinamento acustico, del suolo, dell’aria) e delle loro interazioni nel sistema complesso oggetto della riqualificazione. Le linee morbide, l’intersecarsi delle ribs, il loro addensarsi, la luce e le ombre, i vuoti e i pieni, altro non sono che la materializzazione degli agenti analizzanti nella fase di mapping, poi divenuti la base per la definizione della geometria della struttura.

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Il gruppo formato dagli architetti Agostino Granato e Antonella De Angelis ha lavorato sulla mappatura degli odori che caratterizzano il lungomare per poi sviluppare il progetto di una copertura in travi reticolari in acciaio e al contempo lavorando sul movimento del suolo ipotizzando la realizzazione di un terrazzamento che procede dalla quota stradale fino al mare.

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In un clima disteso, ogni intuizione, ogni insicurezza diventano spunti di riflessione fertili.

Alla fine delle tre settimane il puzzle si ricompone, tutte le nozioni assorbite nei tre moduli trovano il loro sbocco naturale in scelte progettuali che hanno il sapore di conquista.

I risultati finali dimostrano come da un tema comune e dal supporto di una stessa tecnologia possano discendere soluzioni assolutamente eterogenee ed originali.

Anellina Chirico

Anellina Chirico Architetto

Cilentana, si avvicina al mondo delle costruzioni per gioco grazie ad un regalo della Befana. Quella casa in legno da montare diventa una passione e decide di farne il suo mestiere. Quando ripone matite e computer, guarda fuori dalla finestra, parla tanto e lavora a maglia.