- scritto da Elena Bozzola
- categoria Progetti
Casa Capriata di Carlo Mollino. Una casa sostenibile sospesa fra i boschi
Amanti della bioarchitettura e della montagna, sta per essere finalmente portata a termine l’opera di un maestro indiscusso del Novecento, Carlo Mollino (Torino, 1905–1973). Si tratta di “Casa Capriata”, nel comprensorio sciistico di Weissmatten (AO) ad un’altitudine di 2100 m, realizzata grazie a un progetto di ricerca avviato dal Dipartimento di Progettazione Architettonica del Politecnico di Torino insieme al comune di Gressoney Saint Jean e la partecipazione dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Torino e la Fondazione OAT.
Procediamo con ordine andando a ritroso nel tempo di ben sette decenni.
Carlo Mollino, architetto, designer, fotografo, docente della Facoltà di Architettura di Torino, maestro di sci FISI, con il suo ironico anticonformismo, le sue curiosità artistiche, la sua personalità prorompente e originale in maniera ricercata, i disegni in cui mescola astrazione e cura per il dettaglio, fu uno dei protagonisti delle vicende architettoniche italiane degli anni precedenti e successivi la seconda guerra mondiale.
Ed è proprio agli anni quaranta che risale la sua prima idea per una casa di montagna con schema a triangolo presentata poi nel 1951 nell’ambito del concorso Vetroflex – Domus con il nome “Mini–modulo”. Da questa prima idea, successivamente rielaborata in diversi progetti, prende sempre più corpo la concezione di una costruzione leggera in legno che utilizza un’ossatura formata da tre capriate a catena portanti gli orizzontamenti, in cui le pareti laterali sono generate dalle falde del tetto stesso interamente esteso a tutto il lato inclinato della capriata.
In occasione della X Triennale nel 1954, Mollino presenta finalmente l’esito del suo lungo percorso progettuale e di conoscenza che costituisce il punto di arrivo di un’esperienza e l’evoluzione del modo di intendere la casa alpina traducendo in termini moderni le architetture Walser dell’alta valle di Gressoney e di Valtournenche, da lui lungamente studiate negli anni trenta. A questo proposito scrive: “Essendo impossibile un effettivo ritorno, l’unico modo di far vivere la tradizione è quello di negarla come conclusa (...)”.
La casa aerea, interamente sollevata dal suolo, è distribuita su tre piani che ospitano, al primo piano l’ingresso con un piccolo disimpegno per il deposito degli sci, il soggiorno–pranzo, la cucina e un bagno; al secondo piano due camere e un bagno; al terzo piano due camerette di piccole dimensioni e una serie di vani contenitori.
L’utilizzo di nuovi materiali come il resinflex, la gommapiuma e la plastica, accostati ad altri più tradizionali come il legno, l’ottone e il cristallo, indica il preciso intento dell’architetto nel voler sperimentare prodotti innovativi e tecniche costruttive ingegnose e colte ispirate da tradizioni antiche.
Sfortunatamente, il mancato accordo economico fra gli sponsor e la Triennale, furono la causa del fallimento dell’iniziativa e il progetto rimase null’altro che una brillante esercitazione sul tema, fino ad arrivare all’anno 2006, quando, in occasione delle celebrazioni per la sua nascita, un gruppo di ricerca del Politecnico di Torino coordinato dall’arch. Guido Callegari propose la realizzazione del progetto originario concretizzato in un edificio sperimentale in cui gli aspetti architettonici, strutturali, tecnologici e impiantistici vengono ripensati con nuove soluzioni rispettando i criteri progettuali indicati dall’architetto torinese. Il cantiere, avviato nel 2010, è ormai in fase di ultimazione e l’edificio entrerà in funzione nel corso dell’estate 2011 diventando il Rifugio Alpino Carlo Mollino.
L’edificio, avveniristico per l’epoca, è anche un validissimo esempio di bioedilizia. Vediamo perché.
Innanzitutto perché coniuga sostenibilità ambientale, riduzione dei costi energetici e miglioramento del comfort abitativo grazie all’utilizzo di un materiale che già originariamente Mollino aveva previsto: la lana di vetro. Isolante naturale, termo–acustico, ignifugo, resistente ad acqua e umidità, ecocompatibile e inalterabile nel tempo, consente un ottimale isolamento sia in estate che in inverno e riduce al minimo l’energia necessaria al riscaldamento e dunque le emissioni di CO2 in atmosfera.
I serramenti esterni sono del tipo ad alta efficienza termica mentre il rivestimento esterno, il decking e il parapetto del terrazzo solarium sono in legno termotrattato allo scopo di aumentarne la stabilità e la durabilità nel tempo, qualità indispensabili per un sito di alta montagna sottoposto a notevole escursione termica e mutevoli condizioni meteorologiche.
Sulla superficie di copertura a falde notevolmente inclinate, sono posizionati moduli solari integrati per la produzione di energia anche in condizioni di luce diffusa.Per quanto riguarda gli impianti, i sistemi riscaldanti sono a basso consumo energetico in fibra di carbonio mentre quello di adduzione idrica è completato da un sistema di trattamento delle acque reflue.
Una parte dell’arredo interno prevede la presenza di mobili in legno disegnati dallo stesso Mollino, nel quale si evidenzia l’attenzione per l’anatomia umana e si coglie, nella curvatura e nell’elasticità delle linee, una chiara ispirazione ai lavori dell’architetto finlandese Alvar Aalto.
Casa Capriata, raggiungibile a piedi, con gli sci o in seggiovia, può adesso essere ammirata secondo la visione ideale di Carlo Mollino: “Tengo per fermo che la migliore spiegazione della propria opera sia la silenziosa ostensione dell’opera medesima.”
Fonti | “Carlo Mollino 1905–1973”, Electa | www.casacapriata.polito.it