Restauro architettonico sostenibile con la criosabbiatura

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Intervenire sull’edilizia monumentale in modo efficiente ed efficace significa saper scegliere le tecnologie che minimizzino il rischio di alterazioni irreversibili delle superfici pregiate ma soprattutto che abbiano un basso impatto sulla salute del restauratore e sull’ambiente naturale. Proponiamo i risultati di un progetto di cooperazione internazionale sull’applicazione della criosabbiatura nel restauro architettonico ecosostenibile.

Si tratta di una ricerca pilota di cooperazione, tra ricercatori argentini del LEMIT (Laboratorio Ensayo Materiales Industriales Tecnològicos) e italiani del CNR–ICIS (Consiglio Nazionale di Ricerche – Istituto di chimica e fisica delle superfici di Padova) finanziata nel 2006 –con circa una ventina di migliaia di euro e per un anno di lavoro– dagli enti SECyT (Agenzia argentina di promozione scientifica e tecnologica) e MAE (ministero italiano degli Affari Esteri). Se all’epoca questa tecnologia era innovativa oggi è poco diffusa. Abbiamo cercato di capirne il perché dato che è certamente più sostenibile di altri metodi di pulitura attualmente in uso.

LO SCOPO DEL PROGETTO

Il progetto di ricerca scientifica aveva lo scopo principale di mettere a punto unvademecum per la corretta applicazione di una tecnologia innovativa nell’edilizia storica, la criosabbiatura.Specialmente nel nostro Paese, dove incombe la Soprintendenza dei Beni Culturali –sempre particolarmente diffidente nei riguardi di tecnologie non sufficientemente sperimentate– era di rilevante importanza valutare l’aggressività della tecnologia, principalmente gli effetti derivati dallo shock termico, sulle superfici da trattare. In pratica, la differenza di temperatura tra i granuli di ghiaccio secco e la superficie da pulire colpita dagli stessi, comporta un fenomeno meglio conosciuto come “criccatura” –una serie di lesioni superficiali– in certe condizioni può manifestarsi in modo evidente. È in fatti notorio, specie agli addetti ai lavori, che alle basse temperature la fragilità è diversa per ciascun materiale. È proprio la differenza termica, tra la patina da rimuovere e il supporto (differenti coefficienti di espansione termica), che rompe i legami e quindi determina il distacco delle sporcizie superficiali. In ultima analisi, i ricercatori intendevano valutare l’efficacia e l’appropriatezza della criosabbiatura in funzione della natura dei materiali da trattare (substrati), dei depositi da rimuovere e delle condizioni climatiche in cui operare.

LA VALUTAZIONE DEI RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE

Le prove vennero realizzate su campioni rappresentativi dei materiali originali da trattare come: lastre in pietra d’Istria e in trachite –diffuse a Venezia da secoli– e tegole in terracotta di La Plata (città a 60 km da Buenos Aires, n.d.r.). I ricercatori riscontrarono che il degrado era relazionato con la presenza di patine organiche come: colonie biologiche di batteri e di licheni.

Per ogni materiale gli scienziati definirono –in termini di massima efficacia e minimo impatto superficiale– la combinazione ottimale tra i due parametri: pressione della pistola di erogazione del ghiaccio secco e distanza della stessa dal materiale da trattare in funzione delle sue caratteristiche chimico–fisiche.

Riportiamo due considerazioni utili –osservate nel progetto di ricerca– sull’azionedeteriorante dei substrati da parte dei batteri attraverso processi chimici (acidificazione) e fisici con il fine di massimizzare l’efficacia degli interventi di pulitura. La prima considerazione: i batteri prolificano molto bene su materiali interessati da patine organiche. La seconda considerazione: la proliferazione dei microorganismi è particolarmente frequente sulle parti degli edifici più protette dalla luce del sole. Da qui scaturisce il consiglio dei ricercatori di attuare un’efficace programma di manutenzione periodica partendo, innanzi tutto, dalla rimozione delle patine scure, intervento fondamentale per bloccare lo sviluppo dei microorganismi e, in definitiva, per allungare la vita dell’edificio o del monumento.

Tutti gli effetti indotti dalla criosabbiatura sulla morfologia dei materiali furono attentamente studiati in laboratorio e documentati mediante fotografie e relazioni tecniche presentate al termine della ricerca in molti convegni internazionali dagli stessi ricercatori. Le analisi mediante microscopio a scansione elettronica dimostrarono che la criosabbiatura non è particolarmente efficace nella rimozione di licheni ben radicati, ricordiamo che la loro parte inferiore –costituita da alghe– è endolitica, ovvero immersa nel substrato.

Mediante termocamera ad alta risoluzione venne osservato che la variazione termica rimaneva circoscritta alle porzioni direttamente interessate dal getto di ghiaccio secco.In pratica, quando si utilizza la criosabbiatura è necessario evitare che lo shock termico generi una tensione, dovuta alla dilatazione termica, superiore a quella di rottura caratteristica di ciascun materiale da trattare. Si pone a questo punto il problema di diagnosticare, previamente all’intervento di pulitura, la presenza di micro fessurazioni pregresse –quantomeno superficiali– onde evitare di erogare i granuli di ghiaccio a pressioni troppo elevate. Ad esempio nella rimozione di una patina nera, fortemente aderita alla superficie di una pietra arenaria, i ricercatori riscontrarono che la criosabbiatura causava la perdita significativa di porzioni di materiale quando la pressione di sparo del ghiaccio superava i 3,5 bar.

Gli esperimenti evidenziarono invece l’efficacia della criosabbiatura sui seguenti materiali: tegole e materiali lapidei. Sumateriali a base di arenaria e ceramica i ricercatori notarono –già alla pressione di due bar– distacchi di porzioni (vedere foto tegola di epoca coloniale spagnola).La ricerca scientifica internazionale si concludeva con la necessità di proseguire le prove in particolare su questi ultimi due materiali. Purtroppo un anno di finanziamento risultò insufficiente per determinare i parametri corretti di applicazione della criosabbiatura. Tuttavia, i ricercatori determinarono che la tecnologia può essere conveniente per trattare superfici di grandi dimensioni, le quali non possono ricevere trattamenti speciali eseguibili solo nei laboratori di restauro. Gli apparecchi per la criosabbiatura sono in fatti compatti e perciò facili da trasportare in cantiere.

Concludiamo con un appello: ci auguriamo che la ricerca scientifica in genere e, in modo particolare quella polarizzata verso la messa a punto di tecnologie innovative a basso impatto ambientale, possa continuare ad essere sostenuta economicamente. Senza ricerca non c’è sviluppo. Nel nostro Paese, l’attuale governo Monti con la spending review per i prossimi tre anni (orizzonte 2014) ci lascia poco margine di miglioramento, in quanto ha previsto tagli che ammonteranno a ben 210 milioni di euro. La mancanza di finanziamenti imporrebbe l’utilizzo di attrezzature e tecnologie obsolete –non di certo competitive– e lo sfruttamento di personale precario al quale verrebbe impedita la possibilità di condurre a termine esperienze interessanti come il menzionato progetto di ricerca italo–argentino.

Fonti:
AA.VV., Dry ice blasting as a cleaning method for historical buildings: preliminary assessment of feasibility, efficiency and compatibility, CNR Italia, LEMIT Argentina. Per la documentazione fornitaci ringraziamo sentitamente in particolare il direttore del progetto di ricerca, il prof. Umberto Casellato e la responsabile del LEMIT, la prof.ssa Vilma G. Rosato.

Giovanna Barbaro

Giovanna Barbaro Architetto e Tecnologo

Deve il suo carattere cosmopolita a Venezia, dove si laureò in architettura (IUAV). Dal 2008 europrogettista nei settori green economy e clean tech. Nel 2017 ha realizzato uno dei suoi più importanti sogni: fondare Mobility-acess-pass (MAP), un'associazione no profit per la certificazione dei luoghi pubblici per le persone con disabilità motorie. Tra i suoi hobby preferiti: la fotografia e la scrittura