- scritto da Lenny Schiaretti
- categoria Criteri Progettuali
Guardare l’architettura. Che tipo di osservatore sei?
Al fine di evitare un’analisi troppo ampia restringiamo il campo d’azione ai soli edifici, alla città a tre dimensioni che ci circonda, fatta di volumi, vuoti, materiali, luci e ombre ma anche di tanti piccoli dettagli che creano un microcosmo visivo. I cittadini e gli edifici sono gli oggetti, l’osservare è una funzione; è la relazione tra l’individuo e la città. Questa relazione può mostrarsi in modi profondamente differenti tra loro.
Può essere interessante domandarsi secondo quale tipo di relazione l’edificio riceve il nostro primo sguardo perché probabilmente, pure non essendone pienamente consapevoli, c’è qualcosa che attira di più la nostra attenzione.
ARCHITETTURA E SOCIOLOGIA: IL RAPPORTO uomo-spazio
Osservatori differenti
Alcune persone camminano con il naso all’insù guardando gli interstizi di cielo tra le linee di colmo dei palazzi di un centro storico, osservano gli edifici come in scorcio totale; sono attratti da tutto ciò che dista almeno qualche metro da terra.
Altre invece conoscono ogni portoncino di ingresso, apprezzano tutto ciò che è toccabile con mano, ogni dettaglio che possa restituire loro una sensazione tattile, sono circondati da un universo ad altezza uomo, tutto ciò che ne sta al di sopra o al di sotto gli appare sfuocato, insignificante.
Ci sono poi gli amanti dei volumi e dei rapporti proporzionali, incuranti del particolare, del dettaglio dell’infisso o della superficie del materiale, desiderano portare l’architettura ad un ragionamento fondato sui volumi puri, sui pieni e sui vuoti, vedono di fronte a loro cubi, parallelepipedi, sfere, a loro interessano le relazioni tra le forme e come gli edifici si inseriscono nel contesto.
La qualità dei materiali, di ogni particolare e la tecnologia adottata appassiona invece una folta schiera di passeggiatori-tecnologi per i quali la forma ha una valenza minore, i loro occhi catturano le risposte date dal progettista alle necessità funzionali e così, fin dal primo momento, hanno già un quadro completo di tutte le tecnologie utilizzate nell’edificio e di tutti i punti ancora irrisolti.
Insegne, luci, vetrine e prodotti, tutta la moltitudine di messaggi che bombardano quotidianamente la nostra vista sono l’attrazione prediletta di coloro per i quali Venturi e Scott Brown avevano ragione 1.
Non possiamo poi dimenticarci dei nostalgici, degli amanti di tutto ciò che suscita in loro un ricordo, ed ecco che il loro occhio si sofferma su quei particolari che rimandano nella loro mente alla storia dell’architettura oppure ai luoghi della loro memoria, sono attratti da fessure, una macchia sull’intonaco, una persiana cadente, vedono colori, forme e materiali che vivono ancora nel passato.
C’è infine una folta schiera di passeggiatori (in)differenti, loro non osservano o se lo fanno è un atto inconscio, non si pongono delle domande, camminano nella città senza essere consapevoli di essere in un luogo, potrebbero essere altrove e non noterebbero alcun cambiamento. Intonaco o muratura a vista, rivestimenti a cappotto, persiane o facciate completamente vetrate, un edificio storico o una palazzina popolare di periferia per loro non fanno alcuna differenza, “ci sono delle case, dei palazzi” rispondono così nel caso debbano descrivere un luogo.
Questo tipo di passeggiatori non sono osservatori, loro non riescono a vedere ed ovviamente questo non è un spunto di riflessione rivolto a loro.
1. Si fa riferimento qui alla manifestata esigenza di un’architettura sempre più simbolica e comunicativa, come un insieme di segni dove “La comunicazione domina gli spazi intesi come l’elemento principale della conformazione architettonica ed ambientale” (R. Venturi, D. Scott Brown, A Significance for A&P Parking Lots or Learning from Las Vegas).
- crediti fotografie © Lenny Schiaretti