Il metodo Earthbag e i 13 criteri per l‘architettura sostenibile

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In seguito al successo ottenuto con il sistema Superadobe presso la NATO e successivamente presso le Nazioni Unite oltre che agli occhi della comunità internazionale degli architetti, Nader Khalili, architetto iraniano operante a livello mondiale, fonda nel 1991 il Cal–Earth Institute, con l’intento di divulgare le conoscenze sul metodo di costruzione Earthbag, i “sacchi di terra” cruda con i quali i poveri ed i rifugiati della terra “potranno costruirele loro case con la terra che hanno sotto i piedi”.

Uno degli allievi più attivi, soprattutto dal punto di vista della divulgazione mediatica, sarà Kelly Hart, che affiancherà tale metodologia con altre di tipo naturale e a basso impatto ambientale ed economico, creando una rete di siti e blog ispirati alla bioarchitettura e alla ricerca della sostenibilità abitativa: si va dalla tecnica delle balle di fieno ai copertoni usati delle eartship, attraverso l’uso o il riuso di materiali economici e a basso impatto ambientale. In effetti spesso quest’ultimo viene limitato proprio grazie all’uso di materiali altrimenti da destinare alla discarica, e di cui per conseguenza si allunga notevolmente il ciclo di vita.

I coniugi Hart iniziano realizzando la loro earthbag–papercrete–homesecondo i principi dell’architetto iraniano. Il papercrete è un intonaco realizzato in carta riciclata, paglia e cemento portland, ed i sacchi in tela che costituiscono la muratura portante sono riempiti solo in parte da terra del luogo: data l’altitudine del sito, che si aggira attorno ai 2.500m s.l.m., essa viene arricchita da un “granulato” di roccia vulcanica. Il costo totale si aggira attorno ai 50.000$ e richiede 3 anni di lavoro, ma la casa è totalmente “customizzata” e dotata di tutte le soluzioni di risparmio energetico attive e passive.

Dopodiché Hart si dedica alla diffusione delle tecniche di bioarchitettura, ogni volta con differenti varianti realizzate in base al “genius loci”. Nascono così, assieme alla collaborazione di altri architetti (in particolare Owen Geiger, con il quale condivide il sito earthbagbuilding.com), enti locali ed associazioni umanitarie, la Free Burma Rangers Clinic, una Clinica nei Chiapas, una scuola secondaria nel villaggio di Phuleli, una Clinica nelle Filippine, coordinata da Illac Diaz un appassionato della materia che aveva già costruito alcune scuole nella zona, e numerosi altri, scrupolosamente documentati con fotografie e schemi descrittivi.

I 13 CRITERI PER L’ARCHITETTURA SOSTENIBILE

Il vero valore aggiunto nell’opera di Kelly Hart consiste tuttavia nell’enunciazione di 13 criteri, fortemente collegati alle odierne, materiali esigenze abitative, e da un comune paradigma di sostenibilità ambientale, con il fine di promuovere dibattiti e riflessioni più che di enunciare principi tecno–morali o tecno–religiosi. Egli stesso commenta: “una delle scelte più importanti per ognuno di noi è il tipo di casa in cui vivremo”.

Piccolo è bello. Una casa grande è fatta essenzialmente per soddisfare l’ego del proprietario, ma non è sostenibile. Una piccola casa invece comporta risparmi sia nell’edificazione, sia nel mantenimento, sia nella gestione, gravando molto meno sull’ambiente e sull’economia oltre che sulle proprie tasche.

Scaldarsi col sole. Una casa può soddisfare le sue necessità caloriche con il sole e l’uso accorto dei materiali e delle tecniche costruttive. La massa termica delle strutture e la capacità isolante dei materiali sono due caratteristiche che permettono di minimizzare gli apporti artificiali diversi da quelli naturali (sole e aria).

Prendere il freddo che serve. Le necessità di raffrescamento possono invece essere soddisfatte sfruttando la temperatura sotterranea: ad alcuni metri di profondità essa è poco variabile nel corso dell’anno e anche sufficientemente bassa da permettere, attraverso una buona progettazione, un condizionamento passivo della casa in estate.

Mantenere il cibo naturalmente. Le temperature basse e stabili della terra permettono di avere ambienti freschi e grandi per la conservazione dei viveri. Se la prima proprietà può essere facilmente condivisa con i moderni frigoriferi, non altrettanto accade per la seconda, ma avere buoni quantitativi di provviste può essere provvidenziale.

Energeticamente efficienti. Accanto alla produzione di energia con fonti rinnovabili, il metodo migliore per limitare l’uso delle fonti fossili e non rinnovabili consiste nel risparmio energetico: elettrodomestici a basso consumo, gestione oculata degli stessi, scelta di tecnologie avanzate riguardo all’efficienza energetica (domotica ad esempio).

Non sprecare acqua. Anche l’acqua può essere risparmiata (i consumi possono ridursi ad un decimo) attraverso: delle abitudini sanitarie consapevoli; elettrodomestici a basso consumo idrico; tecnologie e progettazione in grado di recuperare, riusare e depurare l’acqua, con la fitodepurazione o con tecnologie avanzate e a basso impatto ambientale.

Usare materiali locali. L’uso di materiali trovati in situ ha alcuni vantaggi: anzitutto permette la migliore integrazione con l’ambiente, in secondo luogo non necessita delle spese e dei consumi per il trasporto, ed infine, in genere, necessita di lavorazioni a minore impatto ambientale e di più facile approccio, gestibili “domesticamente”.

Usare materiali naturali. Si definisce naturale un materiale che sia poco o per niente lavorato, diversamente da quelli che, pur di origine naturale, necessitano di complesse procedure di realizzazione. L’uso dei primi dunque permette un minore impatto ambientale, ed in genere è più compatibile con i metabolismi del nostro organismo.

Salvare le foreste. Il legno è solo apparentemente una risorsa rinnovabile (non va infatti considerato solo il ciclo del carbonio), ed il degrado degli ecosistemi è sempre più diffuso. Vanno usate le parti morte degli alberi, e con fini essenzialmente decorativi. È preferibile progettare con archi e volte, che non necessitano di legno.

Riciclare materiale usato. Usare materiale di scarto è come unire in una unica vita due vite distinte, con un doppio vantaggio: eliminare i costi di smaltimento della vecchia e quelli di produzione della nuova. Anche senza trattamenti complessi molti materiali possono essere riutilizzati mantenendo le loro proprietà fisiche e di forma.

Costruite per resistere. I meccanismi di mercato della società usa–e–getta riducono i prezzi assieme alla qualità, e a ciò non si sottrae il settore edile. Una casa ben progettata e ben fatta può invece durare per secoli. In particolare l’umidità è un agente deteriorante, ed è preferibile l’uso di materiali che non ne subiscano l’attacco.

Coltivarsi il cibo. Alla propria casa si può anche chiedere di essere parzialmente nutriti: le superfici vetrate a sud possono in parte essere utilizzate per spazi serra devoluti alla coltivazione di verdure, ortaggi, ma anche erbe aromatiche e medicali nel corso di tutto l’anno. E quale soddisfazione dal veder crescere le proprie piantine.

Condividere le risorse. È uno dei principi basilari della sostenibilità. I mezzi e le risorse che corredano il nostro abitare spesso non vengono usati neanche al 50%, e possono dunque essere condivisi. Così da un parte si risparmia sulla produzione di nuove facilities, dall’altra si acquista in termini di varietà disponibili per il singolo nucleo.

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Francesco Cherubini

Francesco Cherubini Dottore in Fisica

Nasce ricercatore biofisico per morire progettista HVAC tra ingegneri, architetti e geometri. E’ il classico soggetto che ha una lavatrice a pedali in cantina e l'estate fa campeggio con i pannelli solari e l'impianto a 12 volts autocostruito. Passione per l'artigianato, il rugby e l'essenzialità.