Trabocchi: viaggio in Abruzzo alla riscoperta di un’antica tradizione

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Disseminati lungo il litorale della costa abruzzese per un tratto lungo circa 50 chilometri, in viaggio da Ortona a Vasto, si possono incontrare gli affascinanti “Trabocchi”, antiche macchine da pesca protese verso il mare che sfidano la modernità e continuano a dare testimonianza della tradizione locale e di una vita profondamente legata al ritmo della natura e in particolare del mare, che rappresenta una preziosa risorsa per il territorio d’Abruzzo.

Le origini

Non ci sono fonti certe sulle origini di queste macchine da pesca e molto di quello che si conosce viene tramandato oralmente dalle famiglie dei traboccanti. Secondo la tradizione si racconta che i trabocchi apparsero sulle coste abruzzesi intorno al 1627, quando arrivarono sul territorio gruppi di ebrei provenienti dalla Francia e dalla Germania, che, da esperti artigiani e falegnami, inventarono e costruirono queste strutture tenute su pali di legno incastrati tra gli scogli per resistere alle mareggiate.

Successivamente, intorno alla fine dell’800, la tecnica costruttiva fu affinata con il ricorso ad elementi in ferro provenienti dalla vicina costruzione della linea ferroviaria. I legni utilizzati per la piattaforma e i pali erano quello di castagno, olmo, pino o acacia, facilmente reperibili nelle vicinanze, mentre per le corde il materiale usato era la canapa. Una costruzione quindi apparentemente semplice, ma frutto di una esperienza secolare di tentativi di contrastare l’incessante azione distruttiva del mare.

La struttura

Un trabocco appare come una struttura effimera, fatta di pochi elementi: una passerella che da terra conduce sulla piattaforma dove trovano posto un casotto come ricovero degli attrezzi da pesca e un argano girevole che serve per gettare in mare le reti. Dalla piattaforma poi si protendono le antenne, che sostengono le reti attraverso un sistema di carrucole e funi.

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Quello che colpisce è il groviglio degli elementi che intrecciandosi tra loro conferiscono al trabocco grande stabilità e dinamicità allo stesso tempo. Un’architettura leggera che ha saputo coniugare alla perfezione funzionalità e armonia estetica, sospesa tra terra e mare a regalare leggende e antiche storie di pescatori.

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I trabocchi oggi

Lo stesso scrittore Gabriele D’Annunzio affascinato da tali strutture, che descrisse come dei “ragni colossali” nel suo romanzo Trionfo della morte e in altre opere, intuì la straordinarietà dei trabocchi. Dopo un periodo di abbandono nel quale sono andati perduti numerosi trabocchi, oggi purtroppo se ne contano solo 28 mentre negli anni ’50 erano più di 60, finalmente la Regione Abruzzo è intervenuta a partire dal 1994 con la legge regionale n.93, la prima che promuove il recupero e la valorizzazione dei trabocchi, riconoscendone l’alto valore culturale e paesaggistico, oltreché turistico.

 foto di Rossana Contento foto di Rossana Contento

E, in effetti, oggi molti dei trabocchi ospitano anche attività di ristorazione, con gestione diretta dei traboccanti, eventi gastronomici e di accoglienza ai turisti con l’organizzazione di visite guidate.

 foto di Rossana Contento foto di Rossana Contento

Iniziative che possono garantire lo sviluppo dell’economia locale in linea con il cosiddetto turismo naturalistico, basato su un concetto sostenibile e responsabile del turismo, che permette di valorizzare il territorio senza danneggiarne il patrimonio naturale.

Cristina D'Agostino

Cristina D'Agostino Architetto

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