- scritto da Maria Laura Leo
- categoria Turismo
Bioagriturismi e fattorie didattiche. Tra turismo e sostenibilità
Il turismo è una delle principali attività produttive del nostro Paese ed è anche il settore che risente meno della crisi, come dimostra il fatto che buona parte degli italiani è disposta a rinunciare a tutto, tranne alla vacanza.
Nell’ambito delle strutture turistiche sempre più numerose nel Bel Paese, quelle che, nell’ultimo periodo, sembrano essere preferite dai viaggiatori sono gli agriturismi. A confermarlo è un rapporto redatto da Coldiretti per l’estate 2015 in relazione ai dati forniti da Terranostra e Federalberghi: le presenze nelle strutture turistiche “di campagna” hanno subito un incremento del 10% rispetto all’anno precedente, toccando i 6 milioni di check-in durante tutta la stagione estiva.
IL BIOAGRITURISMO PASSATO IN CLASSE A
Bioagriturismo: agricoltura biologica ed etica professionale
Il dato della Coldiretti su bioagriturismi e fattorie è particolarmente confortante se si pensa agli sforzi compiuti da proprietari e istituzioni nel sensibilizzare i “fruitori-turisti” ad optare per una vacanza responsabile e rispettosa dell’ambiente e del territorio. La filosofia che sta alla base delle aziende agrituristiche, del resto, è proprio il rispetto della natura: sfruttare con criterio la terra in cui sorgono e trarre da essa i prodotti che servono sulla tavola dei propri ospiti, senza “violentare” quella fonte inesauribile di ricchezza.
L’attività agrituristica, infatti, è in grado di tutelare indirettamente il paesaggio, instaurando uno stretto legame tra lo sfruttamento delle risorse ambientali e i prodotti aziendali. In altri termini, essendo interesse del gestore dell’agriturismo stesso ottenere e offrire prodotti di alta qualità, costui si impegna a sfruttare in modo responsabile e sostenibile le risorse che la natura gli mette a disposizione.
Nel settore agrituristico sta prendendo sempre più piede la forma del “bioagriturismo”, struttura ricettiva a cui è data la possibilità, previo ottenimento di una specifica certificazione, di produrre e vendere i prodotti agricoli biologici coltivati e raccolti in loco. Tale certificazione viene rilasciata dall’AIAB - Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica ed è attiva dal 1998, individuando quotidianamente aziende che svolgono questo tipo di attività. L’obiettivo dell’AIAB è quello di controllare che i bioagriturismi non soltanto rispettino le regole di un’agricoltura biologica, ma si impegnino a gestire l’attività ricettiva secondo norme etiche ed ecologiche dettate da ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale). All’Istituto è affidato anche il compito di verificare che l’azienda si attenga a tali disposizioni.
Il bioagriturismo si può definire a pieno titolo una struttura ricettiva sostenibile, in quanto la sua attività è basata sulla sinergia che il gestore riesce a creare tra rispetto profondo nei confronti dell’ambiente e servizio offerto ai clienti proprio grazie a quell’ambiente tutelato.
Le azioni che i proprietari di un bioagriturismo possono avviare per rientrare in questa cerchia di strutture turistiche sono l’impegno al risparmio di energia, l’utilizzo consapevole delle risorse energetiche a disposizione e il ricorso a fonti alternative e rinnovabili. È necessario, inoltre, che il bioagriturismo si impegni a limitare il consumo idrico e ad organizzare un sistema di riciclo delle acque reflue.
Al bioagriturismo viene assegnato un compito importantissimo, quello di sensibilizzare i giovani, attraverso un’attività didattica mirata, a rispettare e, soprattutto, scoprire la natura, il paesaggio e l’ambiente, comprendendo le leggi che li regolano e la collaborazione che si instaura tra il mondo naturale e lo sfruttamento consapevole dell’uomo. Sono queste le tematiche affrontate dalle aziende agrituristiche che ricadono anche nella categoria delle fattorie didattiche.
Le Fattorie Didattiche
Con l’attività di Fattoria Didattica, l’azienda agricola sfrutta la sua condizione di essere contestualmente anche agriturismo per spiegare, a visitatori piccoli e grandi, come il lavoro in campagna venga svolto in perfetta armonia con l’ambiente circostante e con quello che offre. In particolare sono approfonditi le tecniche di trattamento dei prodotti biologici affinché questi restino tali, il legame tra la fauna naturale della campagna e la trasformazione dei prodotti in “cibi” di elevata qualità, l’importanza per il consumatore di optare per questo genere di alimenti, facendo del bene a se stesso e all’ambiente.
La storia della fattoria didattica e il suo arrivo in italia
Le Fattorie Didattiche affondano le loro radici nei primi anni del XX secolo, quando le aziende agricole di Norvegia, Danimarca e Svezia cominciano ad aprire le loro porte ai “cittadini” per illustrare come si vive in campagna. L’iniziativa risulta così interessante da propagarsi a macchia d’olio in tutta Europa, raggiungendo, negli anni Settanta, anche le coste del Mediterraneo.
L’idea della “fattoria didattica” nasce a partire da un movimento giovanile statunitense datato 1914 e tuttora esistente. Si tratta del Club 4H, dove la lettera “h” sta ad indicare le quattro parole head, health, heart e hand (testa, salute, cuore e mani). L’obiettivo del movimento è quello di promuovere una crescita personale dell'individuo attraverso un metodo di insegnamento racchiuso nello slogan “learn to do by doing (imparare facendo)”.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale le fattorie didattiche arrivano prima in Germania, con l’obiettivo di far conoscere ai ragazzi di città gli animali della fattoria, e poi in Olanda, con il nome di “City Farms” e la funzione identica a quella dell’iniziativa tedesca.
Seguono, negli anni Settanta, le fattorie didattiche dei Gran Bretagna e Belgio. Nel Paese della Regina le City Farms sono utilizzate anche per recuperare luoghi cittadini abbandonati.
L’Italia è l’ultima ad interessarsi a questa nuova forma di insegnamento e accoglie le fattorie didattiche soltanto negli anni Novanta, quando l’associazione Alimos e alcuni imprenditori della provincia di Forlì-Cesena costituiscono una “Rete delle Fattorie Didattiche Romagnole”. Da allora, fino al 2010, il numero delle fattorie didattiche italiane accreditate è arrivato a 1936.
Il contest che premia gli agriturismi sostenibili
Il tema del rispetto dell’ambiente è particolarmente sentito dai gestori di strutture agrituristiche, come ha dismostrato l’ampia partecipazione al contest “Agriturismo e Sostenibilità” indetto da Agriturismo.it.
Sono stati 300 gli agriturismi che hanno chiesto di partecipare al concorso per dimostrare il loro interesse nei confronti delle pratiche rispettose dell’ambiente e del territorio e il loro impegno a produrre in modo consapevole e responsabile. L’esito del contest è stato l’individuazione delle pratiche a cui gli agriturismi italiani ricorrono maggiormente per dare il loro contributo in favore della sostenibilità. La vendita dei prodotti a km0, freschi o trasformati, direttamente in azienda ricopre la fetta di torta più abbondante, essendo praticata dall’85% delle strutture agrituristiche italiane. Seguono il ricorso a tecniche agricole finalizzate alla riduzione di emissione di CO2, con una percentuale di applicazione dell’83% e la realizzazione di infrastrutture verdi, praticata dal 76% degli agriturismi. Ultima, non per importanza, è l’agricoltura biologica a cui si cerca di sensibilizzare sempre più intensamente negli ultimi tempi. È il 67% delle strutture agrituristiche ad optare per questo tipo tecnica agricola.
Fabrizio Begossi, Product Manager di Agriturismo.it, in occasione del contest, ha espresso il suo interesse a “tenere alta l’attenzione sul tema della sostenibilità ambientale”. “Un’agricoltura sostenibile e un turismo responsabile”, ha precisato Begossi, “sono alla base della difesa di ambiente e paesaggio”. Gli agriturismi, del resto, fanno del luogo in cui sorgono la propria fonte di ricchezza e la tutela del territorio potrebbe costituire un punto di partenza per lo sviluppo della struttura ricettiva in questione. A questo punto, perché non impegnarsi per curare, preservare e rendere migliore il posto dove si vive e si lavora?