L’urbanizzazione selvaggia dei territori costieri

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Negli ultimi 50 anni le coste italiane hanno subito pesanti e irreversibili trasformazioni a causa di attività antropiche quali cementificazione, edificazione, creazione di industrie e porti, eliminazione di foreste e dune. A peggiorare le cose si è aggiunta l’erosione costiera, fenomeno che costituisce una costante minaccia per ilitorali e che negli ultimi decenni ha subito una fortissima accelerazione soprattutto a causa del mancato apporto di sedimenti fluviali al mare e per la costante artificializzazione dei litorali. Ultimamente il WWF ha elaborato un dossier – “Spiagge d’Italia: bene comune, affare privatoche mette in guardia, affermando che “le spiagge, demanio pubblico e bene comune, si sono trasformate in una imponente macchina economica. La spiaggia libera rimane in alcune parti del Paese un miraggio, gli stabilimenti balneari spesso sono stati trasformati per inseguire un modello iperconsumistico del turismo balneare, i guadagni spesso sfuggono al fisco e rimangono in tasca dei privati”.

Sempre il WWF, tra il 1995 ed il 1997, ha effettuato una serie di ricerche da cui è emerso che solo il 29% del nostro litorale sabbioso era libero da edilizia e stabilimenti balneari, mentre l’edilizia intensiva ne occupava il 58%e l’estensiva il 13%. Si è calcolato che in media c’è uno stabilimento ogni 350 metri di costa utile alla balneazione, e che le concessioni più lunghe – 20/25 anni – hanno strutture più pesanti, in alcuni casi si può parlare di vere e proprie cittadelle recintate provviste di ristoranti, palestre, piscine, saune oltre a bar, spogliatoi, cabine, ombrelloni, sdraio. Per realizzare strade e parcheggi, i cordoni dunali vengono spianati; per fare posto ad ombrelloni e campi da beach volley la spiaggia viene alterata; per irrigare prati finti di campi da golf si realizzano impianti di desalinizzazione e durante la stagione estiva i problemi aumentano perché milioni di persone si riversano sulle coste, attirando inevitabilmente gli interessi speculatori e anche della criminalità organizzata. A tutto ciò si deve aggiungere il problema dell’inquinamento ambientale, degli scarichi abusivi dei liquami, della scarsa e mal gestita depurazione delle acque, della presenza di catrame e rifiuti galleggianti o addensati sui fondali marini.

Ma si tratta di un fenomeno che non riguarda solo il territorio italiano, addirittura le previsioni dicono che entro il 2025 oltre il 50% delle coste mediterranee sarà cementificato. In Spagna, ad esempio, l’economia costiera ha avuto uno sviluppo rapido ed incontrollato e le sue coste sono tra le più edificate del Mediterraneo.

Nonostante la crisi dell’edilizia, colate di cemento invadono i litorali, spesso rendendo addirittura inaccessibile la libera discesa al mare: in Liguria, Emilia–Romagna, Abruzzo, Veneto, in Toscana con la Versilia, nel Lazio con Ostia, in Campania con Bagnoli e in Sicilia con la spiaggia di Mondello, numerosi sono gli esempi di ‘spiaggie negate’ in cui non è possibile accedere se non a pagamento. Il lungomare di Ostia ormai è stato ribattezzato ‘lungomuro’ di Ostia: un’interruzione di cemento lunga 17,5 chilometri. A Pontecagnano, in provincia di Salerno, 20.000 metri quadrati di strutture balneari realizzate in zone soggette a vincolo paesaggistico sono state sequestrate, ma non è possibile rimuoverle perché si tratta di costruzioni permanenti, realizzate in cemento armato. Anche il litorale di Bagnoli è stato sottratto alla cittadinanza ed invaso dal cemento, senza alcun rispetto per la legge Galasso né è mai stato realizzato alcun intervento di demolizione. A peggiorare le cose i vari condoni edilizi che dal 1985 in poi hanno cancellato dall’abusivismo chilometri e chilometri di coste. Tra l’altro l’urbanizzazione delle coste, insieme al fenomeno della subsidenza ed alla diminuzione del trasporto di sedimenti da parte dei fiumi, sono tra le principali cause dell’erosione costiera, cioè l’insieme di azioni naturali che portano alla disgregazione e alla demolizione della superficie terrestre. Il 30% dei nostri litorali ne è interessato (dato Ispra), le spiagge arretrano, le azioni antropiche creano delle fratture interrompendo i normali processi naturali, mentre il litorale è un territorio molto fragile e dinamico che deve essere libero da infrastrutture pesanti come strade, costruzioni, porti turistici. La creazione di lidi, strutture alberghiere, strade ha modificato pesantemente il litorale costiero dell’Emilia–Romagna, tanto che già nel 1979 è stato necessario redigere un Piano Coste per contrastare il fenomeno dell’erosione. Si è intervenuti innanzitutto bloccando le escavazioni lungo gli alvei fluviali, in modo da aumentare l’apporto di sedimenti a mare, contenendo poi i prelievi delle acque sotterranee, frenando l’espansione urbanistica e provvedendo al ripascimento delle spiagge. La Commissione Europea ha redatto un documento – “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse”– in cui indica l’anno 2050 come termine entro il quale non sarà più possibile edificare su nuove aree, con la speranza che l’Italia recepisca questa norma e che nel frattempo non si costruisca di tutto!

Ultimamente in Campania e nel Lazio ci sono state mobilitazioni cittadine per rivendicare il diritto alla balneazione e alla bonifica dei litorali inquinati – come le associazioni Spiaggiabenecomune, Riprendiamoci le spiagge di Ostia e L’Avvocato del mare –che richiedono il semplice diritto ad un accesso e ad una fruizione libera e gratuita delle spiagge, così come è previsto dalla legge 296 del 2006: “Il bagnante ha diritto di usufruire di una libera discesa al mare”. Il 7 luglio 2012 è stata indetta a Napoli la Prima Giornata Nazionale di Mobilitazione per la Spiaggia Bene Comune in cui si richiedeva la necessità di un mare e di una spiaggia puliti e liberi, denunciando i prezzi proibitivi per ombrelloni e lettini. Tra l’altro le attività sulle spiagge sono regolate da ordinanze che prevedono che si debba lasciare ‘un corridoio’ tra uno stabilimento e l’altro per poter accedere gratuitamente e liberamente e che sia anche garantito uno spazio di transito e di sosta temporanea tra i lettini e la battigia (solitamente di 5 metri) per agevolare le operazione di soccorso in mare.

L’auspicio è che lo sviluppo delle zone costiere avvenga secondo criteri di tutela e sostenibilità, assicurando la protezione di ambiente e paesaggio insieme alla crescita economica, sociale e culturale, in modo da preservarle per le future generazioni. I beni ambientali vanno utilizzati nel rispetto dei loro cicli naturali di formazione, rinnovamento e stabilità, la battigia costituisce un confine tra due ecosistemi diversi e complessi ma strettamente connessi tra loro, si tratta quindi di un luogo estremamente fragile, così come il sistema dunale serve a sbarrare il cammino all’erosione costiera e a conservare la biodiversità delle coste, oltre a mitigare l’effetto di vento e mare. Per cui, modificarne la conformazione o eseguire la pulizia meccanica delle spiagge, impedisce alla sabbia di accumularsi, alle dune di formarsi e alle specie animali e vegetali di trovare il loro habitat naturale, causando la perdita delle biodiversità.

Per questo le normative dovrebbero garantire un corretto equilibrio tra la salvaguardia degli ecosistemi naturali e lo sviluppo delle attività turistiche e ricettive, bloccando il rilascio di nuove concessioni, ampliando la fascia di rispetto costiera da 300 a 1000 metri, obbligando alla costruzione di strutture temporanee di facile rimozione e alla pulizia manuale delle spiagge, assegnando per gara le nuove concessioni in modo da garantire equità, qualità e trasparenza, premiando gli esercizi meritevoli di aver rispettato i criteri di sostenibilità ambientale, sensibilizzando ed educando al rispetto per le bellezze marine e costiere, da non trattare semplicemente come beni di consumo.

Esiste ormai un turismo moderno, soprattutto giovanile, che ricerca sempre più ecosistemi protetti ricchi di biodiversità, basti pensare alle 900 miglia di coste inglesi integre appartenenti al National Trust, oppure alle oasi WWF e alle proprietà Fai sempre più frequentate.

Angela Crovace

Angela Crovace Architetto

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