La storia della graffetta. Rivoluzioni dimenticate

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Il XX secolo ha dato alla luce la maggior parte degli “umili capolavori” che fanno parte della nostra vita quotidiana. La comune clip, anche detta graffetta o fermaglio, è un prodotto intramontabile, in commercio da più di un secolo senza che la sua forma sia mai mutata, e oggi presente su tutti i banchi da lavoro del mondo. La graffetta è esemplare di quanto il design sociale non sia solo quello con forti connotazioni

tecnologiche, tipiche della produzione contemporanea, ma sia anche quello che nasce dalla semplicità dei materiali e delle tecniche di fabbricazione e di assemblaggio.

Cartoleria creativa: la matita che si pianta

Sara Goldsmith è l’autrice di un articolo sulla storia della graffetta, in cui così sintetizza le sue qualità: “Piegato in questa forma, il filo di acciaio era abbastanza pieghevole da aprirsi, permettendo alla carta di infilarsi tra i suoi giri, ma abbastanza elastico da stringere ancora i fogli insieme.”

Prima della clip, per assemblare i fogli si usavano gli spilli, la cui produzione era stata enormemente facilitata e velocizzata dalla temperie della rivoluzione industriale, di cui l’oggetto fu uno dei primi esempi di produzione in serie. Essendo di ferro puro, gli spilli bucavano irrimediabilmente i fogli e arrugginendosi, danneggiavano la carta.

Nel 1899 in Germania, il norvegese Johan Vaaler progettava un esemplare di clip molto simile a quello oggi comunemente usato. Prima di lui, qualcosa di simile era stato progettato, ma con una forma non arrotondata, bensì dalla geometria fortemente squadrata.
Nel 1900 l’americano Cornelius I. Brosnam depositava un ulteriore brevetto.

Il disegno definitivo si deve all’azienda inglese Gem Manufactoring, che disegnava il doppio ovale con l’arrotondamento della parte esterna. Nel 1899 infatti, William Middlebrook otteneva il brevetto per il macchinario necessario a produrre l’oggetto che oggi chiamiamo comunemente graffetta. In seguito, grazie alla vendita del brevetto alla ditta di articoli per ufficio Cushman & Denison, i nuovi oggetti per ufficio erano commercializzati con il nome di Gem Clip.
Sara Goldsmith sostiene che negli stessi anni, i primi del Novecento, erano in moltissimi a brevettare forme simili, ma la forma originaria, “un’elegante spirale schiacciata di filo d’acciaio”, sarà sempre ritenuta la forma perfetta.

In Italia, a partire dal 1850, l’azienda Dell’Era si specializzava nella produzione di prodotti derivati dal filo di ferro, tra cui i noti fermagli Leone, oggi proposti in diverse dimensioni e finiture superficiali (zincatura, ottonatura, nichelatura elettronica, che permette alla clip una durata maggiore nel tempo, grazie allo strato superficiale che funge da protezione antiruggine – oltre che da decoro formale).

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Oggi la clip è prodotta in acciaio o altri metalli, talvolta anche in plastica.Le caratteristiche che la rendono universalmente utile e “oggetto sostenibile” sono la transitorietà del suo utilizzo,essa può essere rimossa in qualsiasi momento, e la sua adattabilità e delicatezza nel non arrecare danno alla carta, pur possedendo la resistenza necessaria ad assemblare i fogli tra loro. Insomma un oggetto contemporaneamente rigido ed elastico, incredibilmente leggero ed elegante.

Come nota Sara Goldsmith, si tratta di un oggetto così diffuso e immediatamente riconoscibile da essere diventato un simbolo nell’informatica: gli allegati ai messaggi di posta elettronica. Tutto ci fa pensare che anche tra dieci anni, sarà difficile immaginare un futuro senza la nostra cara graffetta, a meno che l‘utilizzo della carta sia definitivamente soppiantato da quello del file elettronico. Ma questa è un’altra “storia”.

Graffetta: oggetto cult della cancelleria

L'immagine di una graffetta è utilizzata in tantissime applicazioni software, email e chat, per indicare l’icona degli allegati. Non solo: è stata indossata sui risvolti delle giacche dei francesi e norvegesi per protesta all’occupazione nazista, può aprire serrature e manette ed è oggetto cult dei designer. La sua funzione originale rimane umile e attualissima: ‘il fermaglio metallico’ nasce cent’anni fa per tenere uniti più fogli senza forarli e macchiarli, permettendo l’ordine dei documenti in casa e ufficio.  

Il piccolo articolo da scrivania nasconde una storia e un successo commerciale di tutto rispetto, un giallo intricato sulla sua origine e libri a celebrare la sua perfezione. La BBC annovera la graffetta tra gli oggetti cult della cancelleria –assieme alla gomma Pink Pearl, al Pritt stick, alle puntine e ai post-it- destinata a sopravvivere alla società paperless.  In ultimo, famosissima la storia di Kyle MacDonald, il ragazzino canadese che ha barattato per un anno, oggetto per oggetto, la sua graffetta rossa, ottenendo alla fine una casa. Vera o falsa che sia la notizia, ha riportato nuovamente in auge l’articolo di cancelleria, involontaria protagonista di un intero secolo. 

La graffetta in inglese si traduce ‘clip’, o ‘paperclip’, proprio a indicare l’unione di più fogli grazie alla forma del filo di metallo curvato che, con le due anse elastiche, permette di infilare la carta. Al contrario delle rilegatrici e cucitrici l’unione dei fogli non è permanente perché non vengono bucati o incollati. Con una piccola forza è possibile raddrizzare il filo curvato, come rimedio antistress ma anche per ottenere un’efficace strumento per l’espulsione d’emergenza di cd-rom e schede sim degli smartphone. 

Barbara Brunetti

Barbara Brunetti Architetto

Architetto e dottoranda in Restauro, viaggia tra la Puglia e la Romagna in bilico tra due passioni: la ricerca accademica e la libera professione. Nel tempo libero si dedica alla lettura, alla grafica 3d, e agli affetti più cari. Il suo sogno nel cassetto è costruire per sé una piccola casa green in cui vivere circondata dalla natura.