Orti urbani. Un fenomeno in crescita

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L’agricoltura amatoriale non è più una moda, ma una realtà: lo confermano i dati pubblicati da Osservatorio Nomisma, una delle principali società operanti in campo nazionale, da sempre attiva nella ricerca economica a livello nazionale ed europeo, nello studio ‘Vita in Campagna’ che ha cercato di definire un identikit di queste 2,7 milioni di persone che in Italia si occupano di orti urbani. Se pensavate che questa fosse un’attività

praticata prevalentemente da pensionati e casalinghe siete fuori strada, il parterre è decisamente più omogeneo: impiegati (12%), operai (10%), lavoratori autonomi, commercianti e imprenditori (8%), insegnanti (4%) sono di fatto esempi di nuovi agricoltori urbani che praticano questo hobby spinti dal desiderio di trovare sulle proprie tavole prodotti sani (60%) magari riuscendo a risparmiare anche un po’ (18%). Tali soggetti, sottolinea Massimo Spigola, responsabile dell’Area Agricoltura e Industria Alimentare di Nomisma, spesso non rientrano nei rilevamenti statistici poiché non coltivano la terra per professione pertanto, a causa di questo, «resta molto spesso sottovalutata la produzione di benefici ambientali e territoriali».

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Sempre più frequentemente il confine del balcone di casa viene superato: si formano così orti e giardini condivisi di cui si prendono cura cooperative, associazioni o più semplicemente gruppi di famiglie che decidono di recuperare un terreno abbandonato del quartiere per coltivarlo. Probabilmente il segreto del successo di queste iniziative risiede anche nella possibilità di creare relazioni sociali attraverso la condivisione di un comune modo di pensare: ne è una dimostrazione la frequenza con cui associazioni impegnate nella gestione di orti urbani organizzino corsi di apprendimento, spesso affollatissimi, per imparare le principali tecniche per coltivare un orto sul balcone.

Come ho accennato prima, il fenomeno è in decisa crescita in Italia e, con orgoglio meridionale, noto che, almeno in questa occasione, tale crescita è costante sia al nord che al sud: orti urbani autorizzati e non, sono presenti oramai in buona parte delle nostre città e spesso sono proprio le amministrazioni ad affidare ai gruppi di cui sopra parti di territorio da poter coltivare.

Orti urbani a Torino
nel caso di “TOCC –Torino Città da Coltivare”, progetto proposto dall’assessore all’Ambiente della Città Enzo Lavolta , si è reso necessario addirittura approvare un piano di analisi, censimento, riqualificazione e gestione delle aree verdi utilizzate in tal senso, alla luce del fatto che a Torino esistono ben 400 orti urbani dislocati negli ex–quartieri dormitorio degli operai.

Orti urbani a Bologna
A Bologna registriamo la collaudata collaborazione tra associazioni e Comune che, per l’occasione ha addirittura istituito un portale on line in cui poter controllare la disponibilità di parti di terreno da poter coltivare ed eventualmente farne richiesta.

Orti urbani a Roma
A Roma gli architetti Luca D’Eusebio, Andrea Mangoni e Silvia Cioli, attraverso il progetto Zappata Romana, hanno censito circa 100 orti urbani. E’ l’arch. D’Eusebio ad illustrare i progetti più importanti: «A San Lorenzo, storico quartiere centrale, tre associazioni hanno strappato un fazzoletto di terreno ai privati per costruire un’area di socialità realizzando un parco giochi, un orto, spazi per la convivialità. Alla Garbatella le associazioni, insieme ad alcune famiglie, hanno recuperato un’area vicino alla sede della Regione in attesa di una trasformazione edilizia, per realizzare gli orti urbani comunitari».

Orti urbani a Napoli
Nel popolare (e popoloso) quartiere napoletano di Soccavo, a seguito di un’idea di un gruppo di residenti e grazie all’intervento tempestivo degli amministratori locali, un vasto terreno abbandonato è stato recuperato e suddiviso in 13 parti ciascuna delle quali affidata a 14 anziani: un ottimo modo per migliorare la qualità del territorio fornendo agli anziani, oltre che un’occupazione, anche un luogo di incontro e di scambio.

Sulla base dell’esito decisamente positivo dell’orto di Soccavo, di recente ne è stato inaugurato un altro sulla collina del Vomero.

Orti urbani a Bari
Nel quartiere di Japigia a Bari, è stato inaugurato da poco il primo orto urbano, sorto su di un terreno di proprietà del parroco: cinquemila metri quadrati di terra che sono stati resi coltivabili grazie ad un eterogeneo gruppo di promotori costituito da forze pubbliche e private. L’associazione Ortocircuito si occupa della gestione organizzando anche corsi di apprendimento per chi volesse cimentarsi nella coltivazione.

Orti urbani in Sardegna
Anche in Sardegna, precisamente a Settimo San Pietro, lo scorso anno è stato inaugurato ‘L’orto di Emilio’, nato dalla collaborazione tra la Onlus terraterra ed il Comune, che ha concesso in uso all’associazione circa 1100 mq di terreno incolto di sua proprietà: è composto da un’area comune e da piccoli lotti di 25 mq ciascuno da affidare a quanti se ne vorranno occupare.

Quali conclusioni trarre da questo brevissimo excursus sugli orti urbani in Italia? Al di là dei benefici a livello ambientale e delle occasioni di incontro e condivisione che questo genere di iniziative possono portare, io metterei l’accento anche sul fatto che attività come questa, in cui è solo la natura a dettare i tempi ed i modi per ottenere risultati, ci possono regalare una preziosa occasione per sfuggire per qualche ora alla velocità delle nostre giornate.










Maria Leone

Maria Leone Architetto

Vive e lavora a Napoli, dove si interessa di progettazione e grafica, collaborando con siti del settore. Assieme a tre colleghe ha costituito un’associazione culturale per promuovere la cultura d’architettura. Sogna di imparare a cucinare, per la gioia del marito, figlia e cane!