- scritto da Vanessa Tarquini
- categoria Arredamento
Costanza Algranti: la designer del riciclo
Legno, rame e ferro erano i materiali a cui la designer italiana Costanza Algranti, venuta a mancare lo scorso aprile, restituiva nuova vita. Ex insegnante di tennis, dava a queste sostanze “una seconda chance”, la stessa che a lei aveva dato il destino; vassoi, lampade, librerie, tavoli sono solo alcuni degli oggetti prodotti nel suo laboratorio di Milano.
Il riciclo ricrea l'atmosfera di un locale storico di Shanghai
La Algranti non si riteneva un’ecologista; iniziò a recuperare i materiali quando ancora non era di moda e “per salvare la loro bellezza, non il mondo”.
Un’abitazione in campagna da ristrutturare, pochissimi soldi per farlo e un amico saldatore di navi come architetto: così è iniziato Il suo lavoro di artigiana, per caso e per necessità.
Durante i lavori, mentre faceva da manovale, fu conquistata dal fascino della pietra delle pareti, ingiustamente nascosta dall’intonaco; da lì l’intuizione. Da livornese DOC aveva ereditato la “tara mentale” della raccolta, così realizzò che discariche e spiagge nascondevano pietre, legni e metalli dalle quali ricavare armadi, letti e altri elementi per decorare la sua casa. Non ha più smesso.
La svolta arrivò quando dalla sua Livorno si trasferì a Milano. In cerca di un laboratorio, lo trovò in Via “Pepe”, come il nome di suo nipote; pensò ad un segno del destino, presto si accorse che c’era molto di più. Quartiere “Isola”, il sole battente proprio di fronte, il muretto che divide il locale dalla vicina stazione: sembrava di stare in un molo e per una come lei, ossessionata dal mare, non poteva esserci posto migliore.
Quando chiedeva a qualcuno se poteva acquistare oggetti destinati alla discarica, la guardavano come se fosse pazza; lei ci rideva su. In quelle che per gli altri erano cose da buttare lei ci vedeva altro; il verde smeraldo delle vecchie grondaie di rame per Costanza racchiudevano il mare, l’orizzonte, il tramonto mentre le lastre di ferro rappresentavano la sabbia e le dune. “Puoi dire che uno sia meglio dell’altro?”. Ogni materiale reagisce al tempo in maniera diversa e L’Algranti li manipolava il meno possibile, solo in base alla destinazione d’uso finale, senza mai cancellare i segni del loro vissuto. “Luce, acqua, smog, ossigeno sono ingredienti del quotidiano che intercorrono a costruire il quadro. Questo vale per tutta la materia, funzioniamo tutti nello stesso modo. Perché coprirli i segni o toglierli?”.
Divenuta richiestissima e nota in tutto il mondo, il New York Times le aveva dedicato un articolo nell’International Herald Tribune dal titolo “Trasforming Trash into Treasure” (“Trasformare rifiuti in tesoro”).
Dopo che un male l’ha portata via dalla terra, Costanza Algranti è tornata al mare, quello della sua Livorno, dove ha chiesto che venissero sparse le ceneri; la sua anima è rimasta negli oggetti che ha prodotto, nella materia che ha salvato, nelle mani di suo nipote Pietro che oggi dirige l’Algranti Lab. LAB non sta solo per laboratorio ma anche per Libertà, Amore e Bellezza. In tre lettere ha racchiuso tutto ciò che è stata la sua vita: lo spirito libero da “marinaio”; l’amore per il proprio lavoro; la vera bellezza, nascosta nelle imperfezioni.