- scritto da Mariangela Martellotta
- categoria Accessori Moda
La moda rivisitata in chiave sostenibile. Il lavoro di Chiara Boni
La moda è arte, la moda è tecnica, la moda è utilità, la moda non si inventa dal nulla ma è frutto di un piano di lavoro che si fonda su studi precisi e su incroci perfetti. Come l’Architettura è un gioco sapiente di contrasti e di equilibri che raggiungono la perfezione con la funzionalità del prodotto finito. E come l’Architettura anche la moda oggi necessita di essere rivisitata in chiave ecosostenibile visti i notevoli impatti che ha sull’ambiente e sulla popolazione.
Dall’arte del riciclo alla produzione in serie, fino all’invenzione di prodotti ecologici: anche un semplice abito è paragonabile ad un progetto esecutivo in cui valutare oltre che dimensioni, materiali, colori ed eventuale “manutenzione” necessariamente un quadro economico (per produrlo ovviamente) e non per ultimi gli aspetti relativi agli effetti che può avere la catena di produzione a monte del prodotto finito.
Nel panorama della moda italiana abbiamo voluto sentire opinioni in merito a questi importanti, e nello stesso tempo controversi temi, da parte di un’illustre stilista, Chiara Boni.
Fiorentina di nascita ma cosmopolita di natura, dimostra una personale sensibilità verso le tematiche ambientali e mostra interesse per l’arte, il design e l’Architettura, e per questo motivo volevamo ascoltare cosa ne pensasse una persona con queste caratteristiche che in più nella moda ci lavora da sempre, dalla haute couture e al prêt–à–porter, della possibilità di conciliare – come sta avvenendo per l’Architettura – la moda con l’ambiente.
Salve Chiara eccoci a parlare di moda ed eco sostenibilità.
Quanto nel mondo della moda di oggi influisce il pensiero eco–sostenibile nell’ideazione degli abiti ma soprattutto nella loro produzione, secondo te?
Nel mondo della moda, oggi, una coscienza eco–sostenibile se non del tutto assente, di certo è poco radicata.
Quanti tuoi colleghi la pensano come te?
Non soquanta fiducia ripongano i miei colleghi nella produzione eco–sostenibile degli abiti, a dire il vero.
E’ difficile, facile o come ritieni che sia – se per te esiste – mantenere un equilibrio natura–moda?
E’ difficile mantenere un equilibrio natura–moda, io ci provo! Per i miei abiti utilizzo un tessuto prodotto da un’azienda italiana registrata con il suo “green programme”: un programma di produzione sostenibile realizzato sulla base di pratiche e di comportamenti etici nei confronti dall’ambiente. Non bisogna dimenticare però che una produzione eco–sostenibile parte da molto lontano: dalla coltivazione, per cui non è detto che un cotone siadi per se eco–sostenibile se è stato coltivato con molti pesticidi e se è stato finito e tinto con materiali non conformi.
Come tutte le grandi industrie la moda produce, aihmé, rifiuti, anche di tipo pericoloso se pensiamo al trattamento delle pelli e dei tessuti. Cosa si potrebbe fare per riuscire ad ovviare all’annoso problema dell’inquinamento, almeno per il settore della moda? E cosa si fa di già, se qualcosa si sta facendo in merito..?
L’azienda produttrice di cui mi sono avvalsa, per ogni Kg di tessuto prodotto ha ridotto del 5% il consumo di energia elettrica, del 13% il consumo di metano, del 19% il consumo di acqua, di 21 tonnellate il consumo di carta e cartone, del 25% il consumo di coloranti e di prodotti chimici. Oggi si impegna per il raggiungimento di nuovi obiettivi.
Alcune aziende italiane si sono mosse per risolvere il gravoso problema dell’inquinamento, per fare un esempio: nella zona di Santa Croce sull’Arno, dove sono concentrati i migliori conciatori di pelli del mondo, le nuove conce sono tutte “naturali”, peccato che il metodo richieda costi altissimi.
Alcune grandi, medie e piccole case di moda hanno spostato le loro produzioni all’estero, incuranti del preoccupante problema dell’uso di materiali e sostanze nocive che possono essere usate per produrre abiti e accessori il cui uso in altri paesi purtroppo è consentito. Come pensi si possa risolvere questo problema? E, in futuro pensi si potrà cambiare, in meglio?
Io non condivido lo spostamento della produzione all’estero soprattutto in paesi noncuranti delle norme ambientali, ma è una scelta soggettiva. E’ un problema che al momento non si può risolvere dato che il pubblico richiede un prodotto a “buon mercato” che una produzione eco–sostenibile in Italia non concede.
Sostenibilità è la “caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto ad un certo livello indefinitamente”. La moda quindi è sostenibile oggi dal punto di vista sociale, ambientale e soprattutto economico, è cioè accessibile a tutti e rispettosa dell’ambiente e della cultura di ogni paese in cui si fa strada?
Come già detto, la moda accessibile a tutti è quella che “per forza di costi” risulta meno rispettosa dell’ambiente.
La moda è arte, è ingegno, gioia anche, influisce tantissimo sulla psiche delle persone visto il forte legame che ha con l’essere umano. Quanta forza può avere un abito per “cambiare l’umore di una persona” e quanto potrebbe averne per influire sul sociale a grande scala?
Io dico sempre che acquistare un abito nuovo è a volte meglio di una seduta psico–analitica, ma se la moda èlo specchio dei tempi, è naturale che diventi inevitabilmente lo specchio di un una società in crisi.
Le sfilate che oggi attirano milioni di spettatori secondo te potrebbero essere pensate come un vettore per veicolare l’attenzione anche sull’ambiente?
Tutto può veicolare l’attenzione sull’ambiente, ma non credo che una sfilata sia l’ideale.
Per finire cara Chiara, si potrebbe pensare al riciclo degli abiti per salvaguardare in parte l’ambiente? Un po’ come lo era lo stile vintage oggi tirato fuori dal dimenticatoio e riportato agli onori delle cronache!
Il vintage è un sistema di riciclaggio efficiente e già molto apprezzato. Parlando di riciclo, Prato dagli anni ’60 in poi è stato il più grande rigeneratore di lana ma in modo decisamente non eco–sostenibile quindi la questione è piuttosto spinosa e non semplice da spiegare senza contare che esiste un mondo della moda che lavora e che necessita di continuare a lavorare mettendo in produzione “il nuovo”.