- scritto da Luca Facchini
- categoria Progetti
Stato, Religione ed Architettura: le moschee in Italia e il caso di Firenze
Da sempre l’uomo si nutre di aspirazioni che si manifestano attraverso l’istintiva necessità di fondare luoghi e modellare spazi dove esprimere e condividere il proprio bisogno di spiritualità. L’arte di creare spazi riconoscibili e delimitati, integrati nel territorio e con il tessuto urbano e sociale si esprime attraverso un processo edificatorio, diversificato nella forma e nella sostanza, che rappresenta la vera essenza delfare Architettura. A tal proposito risulta molto interessante l’affermazione di Louis I. Khan secondo cui “ Tutto ciò che un architetto fa, risponde prima di tutto ad un’istituzione dell’uomo e poi diventa un edificio”.
Il fenomeno migratorio e il pluralismo religioso
In uno Stato laico, provvedere al compito di mediare in maniera equilibrata le relazioni tra i due pilastri della vita sociale, Stato e Religione, rappresenta una delle competenze più difficili che le comunità degli uomini si sono sforzate di svolgere nel corso dei secoli; nel caso italiano è un compito che, per non minare le fondamenta della convivenza civile in una società sempre più multietnica e antropologicamente multiculturale, dovrebbe essere risolto a livello politico facendo ricorso, in via di principio, agli strumenti che sono già indicati nella carta Costituzionale della nostra seppur giovane Repubblica parlamentare (art. 8 c.1 e art. 19).
La presenza sul nostro territorio di una molteplicità di comunità etniche – religiose è la manifestazione di un fenomeno migratorio di massa (ahimè in molti casi con effetti tragici e atroci) che coinvolge ed ha coinvolto negli anni tutti i paesi cosiddetti più sviluppati. Il dibattito acceso del pluralismo religioso in Italia ha raggiunto però livelli d’indecenza civile preoccupanti tanto che è percepito negativamente da molti settori della società italiana.
Le risposte dell'Italia all'esigenza degli spazi di culto
Se volgiamo lo sguardo verso paesi confinanti o attraversati da fenomeni d’integrazione fra culture diverse d’entità maggiore, dobbiamo prendere nota, tra l’altro, che le risposte delle istituzioni alle richieste di luoghi di culto da parte delle diverse comunità etnico – religiose sono state in termini di tempo e di numero molto importanti. In Germania ne sono stati realizzati circa settanta e in Francia se ne contano più di duecento. In Italia, come sottolineato da una recente inchiesta giornalistica dal titolo “Moschee e luoghi di culto: Italia, ultima in Europa”, esistono soltanto due veri e propri luoghi di culto, progettati e realizzati come tali: una a Roma (la più grande Moschea d’Europa progettata da P. Portoghesi) e l’altra a Segrate vicino Milano (la seconda moschea costruita cronologicamente in Italia dopo quella, ora demolita, a Lucera, in Puglia, del 1239). Certo, si contano in Italia circa cinquecento luoghi di culto; a mio avviso però, e contrariamente ad una linea di pensiero purtroppo diffusa e erroneamente condivisa, non si possono inserire nell’elenco dei luoghi di culto gli edifici dismessi e fatiscenti riadattati all’uopo. Sono luoghi in cui i requisiti fondamentali alla base della convivenza civile tra comunità diverse in uno Stato Laico come il nostro, sono disattesi e nel futuro potrebbero minare l’equilibrio sociale già di per se precario se a livello politico non saranno prese delle misure precise e di buon senso in accordo con i criteri indicati dalla nostra lungimirante Costituzione.
Il caso della moschea di Firenze
All’interno del percorso individuato dalla nostra Costituzione si muove l’ambizioso progetto della Regione Toscana; la Legge Reg. 69/2007 sulla partecipazione dei cittadini, sicuramente migliorabile e su cui non mi soffermo al momento, rappresenta un interessante strumento a disposizione delle istituzioni e dei cittadini per ripensare la rappresentatività democratica e la partecipazione alle trasformazioni in atto nel nostro territorio.
Il caso della costruzione della Moschea di Firenze ha seguito il percorso indicato dalla legge sopra citata ed ha portato, attraverso diverse fasi partecipative, coinvolgendo tutti gli attori diretti e indiretti,cittadini e residenti alla redazione di un progetto sommario interessante, forse provocatorio e con una scelta di linguaggio architettonico a mio avviso molto discutibile.
Di certo il percorso fin qui intrapreso ha sancito, per ora che la Moschea si farà; dove ancora non è chiaro, anche se la scelta di luoghi estremamente periferici non sembrano graditi per l’effetto del fenomeno della “ghettizzazione”. Del resto l’attuale Moschea(un magazzino in disuso e riadattato, capace di contenere fino a 500 persone per volta)è al momento localizzata nel pieno centro fiorentino, e rappresenta un buon esempio d’inserimento in un tessuto urbano e sociale densamente abitato e storicamente stratificato.
In un intervista all’Imam di Firenze, il sig. Izzedin Elzir, dice: ”… Oggi il dibattito non è se costruirla o meno, ma come costruirla” e prosegue “… Si tratta di fare un altro passo per renderla più bella e accogliente all’altezza dell’identità storica della città”, e ancora “… Ben vengano altre idee progettuali . magari recuperare un pezzo di città oggi abbandonata, un edificio dismesso, una vecchia area industriale da restituire al tessuto urbano cittadino”. Conclude dicendo: “E’ importante sottolineare che le rivoluzioni arabe sono state condotte per un desiderio fortissimo di partecipazione diretta alla cosa pubblica. E’ stata [e si riferisce al fenomeno della “Primavera Araba” e agli eventi che hanno sconvolto tutto il bacino Mediterraneo del Maghreb ndr.] una bellissima risposta a chi diceva che il mondo islamico fosse impermeabile e addirittura incompatibile con la libertà e la Democrazia”.
L’importante però, nel caso fiorentino, è che a tale risultato ci si sia arrivati senza una contrapposizione ideologica ed estremismi razzisti; il tutto si è svolto nei limiti della tolleranza e della convivenza civile. Del resto dobbiamo prendere atto che la presenza di ca 30.000 persone di religione musulmana a Firenze non è avvenuta per caso, ma rappresenta il prodotto di manifestazioni dell’attività umana regolata dalla libera circolazione delle persone, delle cose e delle idee e regolata dai principi essenziali del Libero mercato, elementi fondanti delle Democrazie Moderne. E’ un tema che un “grande paese” come l’Italia non può permettersi di non affrontare in termini Civili.