Renzo Piano e l’ampliamento sostenibile del Gardner Museum di Boston

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Il Gardner Museum di Boston si compone di una nuova ala, inaugurata il 19 gennaio 2012, che porta la firma inequivocabile dell’architetto Renzo Piano e del suo team. Per il continuo aumento delle visite – di oltre 200.000 l’anno!– è stato indispensabile pensare ad un ampliamento, necessario non solo per fornire agli stessi visitatori servizi integrativi all’esposizione museale – come spazi per concerti e per esibizioni –, ma anche per conservare

la parte storica dell’edificio e permetterne il restauro. La progettazione di questa nuova area è stata quindi affidata all’architetto Renzo Piano, il cui intervento mostra il rispetto del contesto in cui sorge senza perdere personalità: “[…]come in passato ho voluto assorbire, studiare, far mio quello che vedevo per poi dimenticare. Solo allora si può creare seguendo il linguaggio del proprio tempo.”

L’EDIFICIO STORICO
L’edificio storico, punto di partenza per l’ampliamento, fu aperto nel 1902 per volere della collezionista Isabella Stewart Gardner da cui il museo prende il nome. La donna giunse a Boston da New York nel 1860. L’esuberanza e vitalità della giovane, nonché la sua passione per l’arte, non erano viste di buon occhio dall’alta società di Boston, molto differente rispetto alla vitale New York dell’epoca. Quando Isabella sposò Lowell Gardner, uno dei più illustri uomini della città, insieme acquistarono numerose opere d’arte della famiglia Medici. Fu a quel punto che la donna decise di costruire nella nuova zona di Boston, in un’area un po’ isolata della città di allora, un palazzo in stile rinascimentale veneziano con al centro una corte sempre ricca di fiori che divenne il Grardner Museum.

Nella città, tuttavia semplice, il museo appariva sorprendentemente ricco con la sua sala di Raffaello, il chiostro spagnolo, la stanza gotica, una loggia cinese e la sala per i concerti; per non parlare poi delle opere in esso custodite: dipinti di Tiziano, Giorgione, Piero della Francesca, Paolo Uccello, Botticelli, e Vermeer, Rembrandt, Degas, Manet e John Singer.

Isabella Gardner ha continuato ad arricchire di opere d’arte il suo palazzo per oltre 20 anni e dopo la sua morte, per suo volere, si stabilì che il museo doveva rimanere identico e si doveva continuare ad arricchirlo e curarlo per valorizzarlo. Oggi ha una collezione di oltre 2500 opere, molte delle quali sono state rubate nel corso del tempo poiché Isabella non volle assicurare alcuna delle sue opere mossa dalla convinzione che le raffigurazioni di San Lorenzo e San Pietro avrebbero protetto le opere da furti e incendi.

L’AMPLIAMENTO DEL MUSEO
L’ampliamento riguarda una superficie di ben 70.000 mq sulla cosiddetta “collana di smeraldo”, un sistema di parchi e giardini della città. La nuova ala sorge alle spalle del vecchio palazzo ed è stata realizzata in vetro e rame ossidato che conferisce un colore verde alla struttura; colore naturale di questo tipo di materiale e caratteristico di Boston. Si compone di quattro blocchi connessi tra loro. Elemento cardine della composizione architettonica è la luce naturale che caratterizza l’ingresso, accogliente e aperto per permettere una vista ininterrotta sul palazzo e i giardini storici. Al suo interno libri e monitor touch screen permettono di conoscere la storia di Isabella Gardner e di orientarsi nel museo illustrando le collezioni e gli eventi presenti.

LA SALA CONCERTI
Il primo dei quattro blocchi dell’ampliamento è la sala concerti di 6000 mq con 300 posti a sedere, denominata Calderwood Hall. È lo spazio più grande, pensato con uno sviluppo in verticale: al centro c’è l’orchestra e intorno, lungo le pareti, si sviluppano le logge, creando un rapporto intenso e ravvicinato tra spazio e musica. “Musica e architettura obbediscono entrambe alla stessa ansia di precisione e geometria. Precisione che l’architetto come il musicista si diverte a buttare all’aria”. [Renzo Piano, da la Repubblica.it 13–02–2012]
Per curare gli aspetti tecnici progettuali, riguardanti la risonanza del suono, il team di Renzo Piano si è avvalso dell’ingegnere Yasuhisa Toyota del Nagata Acoustics, supporto indispensabile! Il suono risulta essere chiaro ma complesso, in grado di cambiare a seconda delle posizione dell’ascoltatore all’interno della sala.
Il suono e la luce sono stati gli elementi guida dell’architetto, insieme al concetto di “durata” che è quello che deve caratterizzare i musei per poter costruire spazi che accolgono opere poste fuori dal tempo secondo il pensiero dello stesso autore. “l’architettura vive di tempi lunghi: è il tempo che rende le cose belle ed il classico di oggi è stato moderno quando è stato realizzato. […]L’architettura vive di tempi lunghi come le montagne e i fiumi” [Renzo Piano, da la Repubblica.it 13–02–2012]

SPECIAL EXHIBITION GALLERY
C’è poi La Special Exhibition Gallery, uno spazio flessibile caratterizzato da un soffitto a scomparsa con un occhio puntato sempre sullo storico museo e il giardino attraverso numerose aperture.

La nuova ala ospita anche una serra, delle aule destinate all’organizzazione di workshop e laboratori d’arte, due appartamenti per gli artisti, un negozio e un ristorante.

Il museo vuole ottenere la prestigiosa certificazione Leed oro, poiché la forza di questa riqualificazione non sta solo nell’organizzazione spaziale che permette di godere di un’esperienza nel verde ben orchestrata, ma anche nella cura di un sistema tecnologico a favore dell’ambiente. Per ridurre l’impatto ambientale associato al trasporto si è prediletto l’uso di materiali locali e regionali; inoltre un sistema di recupero dell’acqua piovana permette di sfruttarne il suo utilizzo, per non dimenticare poi la presenza di un sistema geotermico nonché lo sfruttamento eccellente della luce naturale, che fa da elemento tecnico e artistico.

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Durante l’inaugurazione l’Italia è stata ancora una volta protagonista con le installazioni di Luisa Lambri e Stefano Arienti.
Luisa Lambri presente già nel 2008 nel museo, ha curato l’esposizione nell’entrata–vestibolo dell’ala storica. Luisa Lambri fotografa interni architettonici durante i suoi viaggi per il mondo e alle sue numerose foto del Gardner Museum ora aggiunge le immagini dell’ampliamento.
All’esterno della nuova ala invece, all’inaugurazione era presente l’installazione di Stefano Arienti, anch’egli già ospite del museo nel 2004 e nel 2007. Arienti ha eseguito un lavoro temporaneo per la facciata della nuova ala di circa 11 metri d’altezza per 5 di larghezza pensata proprio per installazioni artistiche, e inoltre ha prodotto un guest book per la Living Room , ove il visitatore può lasciare un segno della sua presenza attraverso note, ricordi ed aneddoti legati alla visita al museo.

Immagini © Nic Lehoux Photography











Maria Pia Cibelli

Maria Pia Cibelli Ingegnere Edile

Sognatrice cronica per amici e colleghi, opera sul versante del Somma-Vesuvio della provincia di Napoli, in un territorio straordinario, ricco di valori storico-architettonici e ambientali da preservare. Il tempo libero tra gite enogastronomiche e campi di volley non è mai abbastanza.