Monolite autosufficiente sulla roccia: storia della battaglia uomo-ambiente

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Il rifugio autosufficiente che somiglia ad un monolite sulla roccia, progettato da Bearth & Deplazes Architekten, rappresenta la storia di una coraggiosa sfida tra uomo e ambiente. Quando le condizioni climatiche e morfologiche di un paesaggio lo rendono naturalmente inospitale per l’uomo, le più innovative tecnologie costruttive e di risparmio energetico sono l’unico strumento in mano ai progettisti per vincere la battaglia dell’uomo colonizzatore contro la natura ostile.

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Il rifugio alpino di cinque piani, sorge in un contesto decisamente avverso per l’uomo, situato ai piedi del monte Rosa e a circa 3000 metri di altitudine: un paesaggio isolato, incredibilmente freddo, in definitiva un ambiente non antropizzabile.
L’edificio autosufficiente sulla roccia è un punto di riferimento in un panorama dalle tinte algide e decisamente fuori–scala; con la sua forma concisa, è un volume compatto adagiato sulla dorsale rocciosa, potente, epico nella sua monoliticità che si scompagina in numerose facce diversamente orientate.

La forma compatta dell’architettura non è però semplice suggestione poetica, ma risposta concreta a problematiche legate alla questione dell’efficienza energetica: il monolite dal volume pieno minimizza la superficie esterna e massimizza quella interna, riducendo la dispersione del calore attraverso il rivestimento; i prospetti riescono a risparmiare e accumulare energia allo stesso tempo, rispettivamente attraverso l’alta capacità isolante dei materiali della facciata e le ampie finestrature perimetrali. La facciata sud, rivestita interamente con pannelli fotovoltaici, massimizza gli introiti energetici, che rendono l’edificio per il 90% autosufficiente.

L’organizzazione spaziale e funzionale del rifugio è volta a privilegiare la qualità degli spazi privati: i progettisti collocano i sistemi distributivi verticali in periferia, così da tagliare l’involucro con finestre a nastro e incrementare la superficie utile per l’irraggiamento e l’illuminazione naturale, oltre ad offrire al visitatore suggestivi scorci sul paesaggio.
Lo spazio centrale, un atrio baricentrico in cui convergono gli assi geometrici dell’impianto, è lo spazio pubblico, da cui si accede alle camere, luminose, spaziose, numerose.

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La scelta del materiale da costruzione è ricaduta, anche stavolta, sul legno: materiale leggero ma sufficientemente resistente sotto l’aspetto statico e costruttivo, offre un alto grado di prefabbricazione a tutto vantaggio delle tempistiche e dell’economia del cantiere in legno. Non essendo il sito accessibile da settembre a maggio, l’organizzazione del cantiere è dipesa dalla sua praticabilità: i componenti in legno sono stati trasportati con un elicottero e montati direttamente in situ in soli quattro mesi.

Fin dal concepimento dell’edificio, tutte le fasi progettuali hanno riservato la massima importanza alla questione dell’impatto dell’edificio sull’ambiente: l’Istituto di Ingegneria ambientale dell’ETH di Zurigo, è stato coinvolto in tutte le fasi di costruzione del fabbricato, per garantire la sostenibilità del rifugio da un punto di vista ecologico, attraverso lo studio dei materiali, dei componenti e dei processi di costruzione.

Barbara Brunetti

Barbara Brunetti Architetto

Architetto e dottoranda in Restauro, viaggia tra la Puglia e la Romagna in bilico tra due passioni: la ricerca accademica e la libera professione. Nel tempo libero si dedica alla lettura, alla grafica 3d, e agli affetti più cari. Il suo sogno nel cassetto è costruire per sé una piccola casa green in cui vivere circondata dalla natura.