Geotermico a Milano. Tortona 37, la riqualificazione di un angolo di ex periferia industriale

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In Via Tortona a Milano, in un angolo di ex periferia industriale sottoposta a radicali trasformazioni a partire sin dagli anni novanta e ora divenuto uno dei quartieri cittadini più trendy, sorge un moderno complesso residenziale denominato “Tortona 37” firmato dallo studio Matteo Thun & Partners.Ad una

prima occhiata il complesso appare come un normalissimo intervento di riqualificazione urbana, eseguito interpretando in chiave moderna lo schema delle vecchie case a corte e aggiungendo ariosità, leggerezza, armonia, buon gusto.

Ma un osservatore attento noterà la totale assenza di camini sulle grandi terrazze panoramiche e, quindi, anche di fumi. Cosa significa?

Semplicemente che i cinque edifici rettangolari a sei piani disposti a corte attorno ad un ampio giardino alberato, costituiscono un modello di architettura a basso impatto ambientale e ad alta efficienza energetica.
Punto di forza di questo progetto è, infatti, lo sfruttamento geotermico dell’abbondante acqua di falda sotterranea con il quale i costi del riscaldamento invernale e del condizionamento estivo vengono abbattuti riducendo al minimo le emissioni di CO2 in atmosfera. Vi pare poco?

Guarda il video in cui Matteo Thun presenta il suo progetto!

Vediamo più approfonditamente di cosa si tratta.
L’impianto geotermico a bassa entalpia utilizzato per gli edifici civili, è costituito essenzialmente da sonde infisse nel sottosuolo che hanno lo scopo di captare il calore del terreno durante la stagione invernale oppure cederlo durante quella estiva. All’interno di esse circola un fluido che in inverno, durante la discesa, si riscalda per poi risalire ad una temperatura di qualche grado più elevata rispetto a quella del terreno.

Qui intervengono le pompe di calore che, innalzando la temperatura mediante un compressore, estraggono il calore e lo trasferiscono al sistema idraulico distribuendo acqua ai pannelli radianti delle singole unità immobiliari ad una temperatura di 28–32°C. Dopo aver ceduto calore, l’acqua ritorna alla pompa con una temperatura di 23–25°C e viene reintrodotta nella sonda di mandata, riavviando il ciclo.

Il raffreddamento degli ambienti avviene con processo contrario, la pompa dotata di inverter in questo caso preleva acqua dai pannelli ad una temperatura di 25–30°C e la immette nel sottosuolo dove subisce un raffreddamento per poi essere rimandata all’impianto con una temperatura di 12–17°C.

In generale, il 60% del calore arriva dall’energia estratta dalla falda, il rimanente dall’integrazione con l’energia elettrica raggiungendo ottimi valori di efficienza e di rendimento fino a 4,5 (1000 watt elettrici utilizzati per il funzionamento della pompa equivalgono a 4500 watt termici resi con una produzione di 0,5 Kg di CO2).

Se in più ci fosse la possibilità di ottenere energia elettrica da fonti pulite quali l’eolico o il solare, il nostro impianto diverrebbe totalmente “a impatto zero”.

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Quindi solo vantaggi per il geotermico:
costi di gestione bassissimi (l’energia elettrica consumata costa circa 18 centesimi a kw/h ma integrando con un impianto fotovoltaico anche questa voce di spesa verrebbe ammortizzata)
– si tratta di energia termica gratuita e disponibile per 365 giorni l’anno;
– un unico sistema permette sia di riscaldare che di rinfrescare l’edificio eliminando i costi elevati per il condizionamento estivo;
– contribuisce alla riduzione delle emissioni inquinanti di CO2 in atmosfera;
– non inquina i terreni perché all’interno delle sonde circolano fluidi completamente atossici;
– la pompa di calore è un macchinario estremamente silenzioso, alla pari di un frigorifero;
– l’assenza di processi di combustione e di canne fumarie riduce al minimo la necessità di manutenzione.

E’ possibile applicare la geotermia ovunque vi sia una grande disponibilità di massa d’acqua; Milano è fortunata in tal senso, potendo godere di una falda acquifera sempre disponibile e a una temperatura costante fra i 14° e i 16°, cioè più calda dell’aria esterna in inverno e più fresca in estate ma è un vero peccato che questa tecnologia si diffonda così lentamente. Ciò è dovuto al fatto che le leggi in materia cambiano spesso e vi sono norme molto rigide all’ottenimento delle concessioni per la realizzazione dei pozzi.

Non possiamo che augurarci un maggiore sforzo da parte dell’amministrazione locale perché questi progetti non restino casi isolati ma siano lo stimolo per una programmazione architettonica coscienziosa e attenta ai bisogni reali della città.

Fonte | Sette Magazine n.16 – Aprile 2011














Elena Bozzola

Elena Bozzola Architetto

Si è laureata quando la parola “sostenibile” la pronunciavano in pochi e lei si ostinava a spedire email sulla tutela ambientale a tutti i suoi amici. L’incontro con Architettura Ecosostenibile è stato un colpo di fulmine. Ama la fatica delle salite in montagna e una buona birra ghiacciata dopo la discesa.