- scritto da Anellina Chirico
- categoria Progetti
La clinica pediatrica di Emergency a Port Sudan
Nella periferia di Port Sudan, città portuale situata in una zona strategica per chi arriva dal mare, si è compiuta l’ultima impresa di Emergency e del suo bioarchitetto Raul Pantaleo. Dopo il Centro pediatrico di Mayo (2005) ed il Centro “Salam” di cardiochirurgia di Khartoum (2007), la nuova clinica pediatrica è stata inaugurata nel settembre 2011, accogliendo i suoi primi piccoli pazienti, bambini fino ai 14 anni.
IL PROGETTO DELLA CLINICA PEDIATRICA DI EMERGENCY
Una lunga strada asfaltata nel mezzo del deserto sudanese conduce ad un edificio che si staglia contro l’orizzonte. Bianco e rosso appare tra la sabbia la nuova clinica pediatrica di Emergency in Sudan. La città portuale di Port Sudan ha conosciuto negli ultimi anni un enorme sviluppo demografico, in gran parte dovuto all’emigrazione di poveri e bisognosi, contadini in fuga dalle campagne, lavoratori del porto, profughi giunti dalle varie regioni del paese in cerca di aiuto. È per rispondere alle nuove esigenze della popolazione di questi luoghi che Emergency ha commissionato allo Studio TAMassociati di Venezia questo nuovo progetto. Lo studio TAM non è nuovo a queste sfide, anzi negli ultimi anni l’architetto Raul Pantaleo e i suoi soci, Simone Sfriso e Massimo Lepore, hanno collaborato con l’associazione più e più volte, seguendo lo sviluppo dei cantieri aperti in tutti i Paesi africani dove opera lo staff di Emergency. Parole d’ordine del loro modus operandi sono “collaborazione” ed “efficienza”.
Lo schema di lavoro si basa sul fondamentale diritto alla salute: il rispetto delle persone passa necessariamente attraverso il diritto dell’uomo di vivere in luoghi accoglienti, in città come in periferia, a qualsiasi latitudine. Per la costruzione sono stati stabiliti accordi con il Ministero Federale della Sanità sudanese, che integrerà la struttura nel sistema sanitario nazionale una volte raggiunte l’autonomia tecnica ed amministrativa della clinica.
L’ospedale ha una superficie coperta di 780 mq che accolgono 14 posti letto, 4 posti letto in isolamento, 3 ambulatori, la farmacia e il servizio diagnostico, rispondendo agli elevati standard fissati dall’organizzazione e fissandone dei nuovi.
Il progetto è stato finanziato grazie all’opera fotografica di Massimo Grimaldi “Emergency’s Pediatric Center Supported by MAXXI”, vincitrice del concorso internazionale MAXXI 2x100 che, testimoniando tutte le fasi di costruzione della clinica, ha destinato il premio di 643.000 euro alla costruzione dell’edificio.
TECNOLOGIA E RISORSE
L’ospedale sorge su un’area di 5000 mq sulla quale hanno lavorato maestranze del luogo con risorse locali e tecnologie italiane.
L’idea originaria voleva la clinica come una sorta di piazza/giardino pubblico, un cortile verde che desse il benvenuto a quanti giungessero al centro per ricevere assistenza sanitaria gratuita, ma anche uno spazio di aggregazione per ospitare adulti e bambini, giochi e attività sportive. Come nei precedenti lavori dello studio TAM, i principali temi riguardano le problematiche legate al forte caldo e alla presenza di polvere e sabbia del deserto, risolte con l’impiego di pannelli frangisole ispirati alle costruzioni tradizionali di Suakin, antica città, ora ridotta a rudere, che dista pochi chilometri dall’ospedale. È da qui che proviene anche la pietra di corallo recuperata dalla demolizione di un carcere d’epoca coloniale ed impiegata nella facciata principale: un antico scalpellino del luogo ha insegnato l’arte di intagliare questa pietra ai giovani muratori, trasformando il cantiere in un piccolo laboratorio di restauro dove si incrociano modernità e tradizione, etica ed estetica.
IL RUOLO DELL’ ARCHITETTURA NEI TERRITORI DI GUERRA
L’opera congiunta di Emergency (l’Ong fondata da Gino Strada e Teresa Sarti nel 1994) e di TAMassociati insegna ancora una volta che costruire bene non è questione di costi, ma di cultura: occorre sempre lavorare con buon senso, soprattutto in un territorio degradato. Se l’architettura sa immaginare il futuro, non esistono utopie né sanità da terzo mondo ed anche il deserto può accogliere la vita e ridare la vita.