Certificazione Leed Platinum in Italia. Garanzia di sostenibilità e spunto per riflessioni

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L’impatto visivo offerto dal nuovo edificio polifunzionale all’interno di Energy Park, un importante parco tecnologico della Brianza, non è certo dei migliori. L’edificio ha ottenuto la certificazione LEED Platinum ed è il primo di una serie di 5 fabbricati molto simili tra loro. Lo schema volumetrico è molto semplice e si esprime con un sistema di facciata a pannelli prefabbricati in cemento armato alternati a superfici vetrate che conferiscono all’insieme un carattere anonimo e poco convincente.

Eppure le qualità di questo edificio sono molte, ma diventano percepibili solo dopo una diretta esperienza degli spazi, attraverso quella sensazione di benessere aggiunto ed impalpabile che solo un ambiente sostenibile sa offrire. Infatti se ci si aggira all’interno si avverte immediatamente una migliore qualità della luce e dell’aria, e questo grazie ad una ottima gestione e distribuzione della illuminazione naturale e ad un controllo termico flessibile che rende le temperature e i livelli di umidità sempre adeguati alle diverse esigenze e situazioni.

Al di là delle strategie mirate al contenimento energetico, la certificazione LEED Platinum, la più alta che prevede un punteggio di almeno 80 punti (40 in più al livello base), è sicuramente garanzia di sostenibilità a 360 gradi. Gli intenti che sono alla base dei vari crediti e requisiti mirano alle soluzioni di problemi ambientali di diverso tipo, che vanno dalla ottimizzazione delle risorse idriche alla salvaguardia delle aree verdi e degli habitat naturali. In coerenza con la visione che persegue tali obbiettivi si cerca di contenere se non annullare tutti quegli eventi o situazioni che possano contrastare tali equilibri. Per questo motivo sono bandite le grandi superfici asfaltate e le pavimentazioni impermeabili, perché non solo queste possono creare “isole di calore” e quindi differenze del gradiente termico tra le aree urbanizzate e non, con conseguente impatto sul microclima naturale, ma ostacolerebbero il filtraggio delle acque reflue e quindi il rifornimento delle falde acquifere. Questi due esempi rappresentano solo alcune delle tante strategie che la certificazione propone, e le modalità per il conseguimento degli obbiettivi lascia spazi a formule risolutive originali e sempre nuove.

Nel caso dell’edificio in questione è singolare il sistema adottato per gli impianti meccanici, che impiega le acque di falda sia come liquido per la condensazione della pompa di calore che per il trasferimento del calore, assicurando il riscaldamento ed il rinfrescamento dell’aria con un impianto unico.

L’architetto progettista Paolo Garretti dichiara, a ragione, che la certificazione LEED è volontaria, non obbligatoria: essa quindi presuppone un atteggiamento responsabile nella considerazione e nelle scelte delle strategie di progetto che non dovrebbe lasciare spazio a scappatoie o a corse al credito ad ogni costo, perché i conti non tornerebbero comunque. Leader mondiale nelle soluzioni software per il business, la SAP, committente e proprietario dell’immobile, ha capito che l’adozione di soluzioni sostenibili sia determinante per il successo dell’economia globale, e che il successo di una impresa derivi soprattutto da un innovativo concetto di spazio lavorativo. Per questo motivo la progettazione degli interni ha tenuto conto delle nuove esigenze di flessibilità e fluidità degli ambienti di ufficio che vanno oltre la statica e rigida condivisione dell’open–space di vecchia concezione a favore di nuovi spazi facilmente trasformabili e adattabili: necessità di concentrazione, di rilassamento o di privacy richiedono configurazioni spaziali diverse che si possono realizzare al momento ed autonomamente, secondo un gioco compositivo modulare ed intercambiabile.

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Questa sensibilità dimostrata nella progettazione di interni, al di là dei risultati raggiunti, non sembra animare la progettazione dell’edificio nella sua completezza. Probabilmente la pianificazione di spazi non integrati con il tessuto urbano (Milano dista ben 20 chilometri) si riferisce a tipologie di intervento in grande scala, quali quelle dei campus che, pur essendo una formula ben collaudata per la politica territoriale americana, in Italia non dovrebbe trovare un forte consenso. Manca l’identità del luogo, manca la storia, manca un tessuto sociale e quindi la dimensione umana di un luogo la cui accessibilità è garantita da un’uscita di tangenziale e che paventa come strategica la sua posizione solo perché integrata con le grandi arterie di comunicazione del Nord Italia.

Certamente la notizia che, dopo paesi come la Finlandia, la Svezia e la Germania, anche l’Italia possa vantare di avere il suo primo edificio LEED Platinum altamente confortevole e performativo è motivo di orgoglio, ma attendiamo che in futuro si possa dare un maggior contributo anche all’aspetto estetico e compositivo. Il rischio, altrimenti, è la diffusione di un falso messaggio, già in precedenza percepito, secondo il quale un edificio “green” debba necessariamente sacrificare l’espressività architettonica a favore di una esaltazione dell’aspetto tecnico–funzionale, che evita il confronto diretto con il tessuto urbano consolidato e denso di significati e destina quest’ultimo a diventare obsoleto e disfunzionale.











Giuseppina Ascione

Giuseppina Ascione Architetto

Dopo aver cambiato case e paesi per 10 anni, si stabilizza definitivamente a Rovereto. Qui inizia a concepire l'architettura come un mezzo per  investigare ed influenzare il nostro benessere psicofisico. Da allora sogna e promuove un’architettura sostenibile non concepita tanto nell'accezione ecologica del termine, quanto mirata a creare una esperienza rigenerativa per chi la vive.