- scritto da Mariangela Martellotta
- categoria Curiosità ecosostenibili
Vallone dei Mulini di Sorrento: dall'abbandono al recupero
Il vallone dei Mulini di Sorrento è uno dei luoghi più suggestivi del mondo che, in seguito ad alcuni eventi franosi delle pareti naturali che lo cingono, è stato abbandonato e rischia di scomparire.
Il vallone dei Mulini si estende sul lato sud-est dell'attuale centro storico di Sorrento. Lo spettacolo naturale che offre si può ammirare direttamente dal centro storico, dietro Piazza Tasso. Dall'alto si presenta con una enorme spaccatura nella roccia, che scolpisce in profondità e trasversalmente il banco calcarenitico. Questa antica spaccatura ha avuto origine dalla più grande eruzione che ha scosso il Mediterraneo circa 35.000 anni fa.
Il Vallone dei Mulini di Sorrento deve il suo nome ad un vecchio mulino, usato in antichità per macinare del grano. Un tempo, oltre al mulino, nella valle esisteva anche una segheria, alimentata dalle acque delle sorgenti che scendendo dalle colline alimentava altri edifici per la lavorazione di diverse essenze di legno – ciliegio, ulivo e noce – impiegate dagli ebanisti sorrentini la realizzazione dei celebri intarsi artigianali lignei. Nel Vallone dei Mulini di Sorrento si trovano anche i resti di un lavatoio pubblico, dove le donne dell’insediamento che popolava il sito lavavano il bucato.
Pur non essendo tra i siti turistici più frequentati della zona, il Vallone dei Mulini di Sorrento è conosciuto virtualmente in tutto il mondo. Tra le varie segnalazioni del sito, il blog giornalistico americano "Buzzfeed" lo ha inserito nella sua lista dei 30 luoghi più affascinanti del pianeta. Nel 2013 ha conquistato anche i social: immortalato da “Nature”, uno dei profili Instagram più visualizzati, il Vallone dei Mulini di Sorrento ha ottenuto milioni di visualizzazioni, raccogliendo in poche ore più di trecentomila like.
La formazione del Vallone dei Mulini e il suo insediamento
Il vallone dei Mulini è originato da una violenta eruzione dei Campi Flegrei che riempì il lato opposto del golfo di detriti, a loro volta scavati col tempo da due corsi d’acqua.
Con l’arrivo dei romani lo scenario mutò ulteriormente: le due valli minori vennero unite tra loro ed incanalate nel più grande Vallone dei Mulini: questo intervento rese decisamente più agibile la zona, favorendo la costruzione di alcuni insediamenti stabili.
Da fonti storiche pare che i romani riuscirono ad erigere un imponente tempio dedicato alla dea Cerere proprio nel punto in cui la valle sfociava nel mare: per questo la zona in questione conservò per moltissimi secoli il nome di Capo Cerere. Malauguratamente due frane, rispettivamente nel 1580 e nel 1604, distrussero completamente il tempo dei romani e, in seguito a ulteriori modifiche antropiche la zona cambiò definitivamente destinazione e sembianze, divenendo molto più simile alla Sorrento che oggi si conosce.
Nell’Ottocento, l’allora proprietario dell’area del Vallone dei Mulini, Onofrio Correale fece edificare il porto di Marina Piccola nello stesso punto in cui sorgeva il tempio di Cerere, e questo sbocco commerciale diede uno slancio importantissimo all’economia del luogo, facendo sorgere qui le prime attività artigianali. A poco a poco nel fondovalle si sviluppò un piccolo polo industriale che faceva capo all’enorme mulino che sfruttava l’acqua raccolta dal torrente ed alimentava una segheria ed un lavatoio pubblico.
Il Vallone dei Mulini inoltre era collegato direttamente con Marina Piccola e con il porto, e rappresentava un punto di ritrovo per la popolazione locale, soprattutto per contadini e pescatori, come dimostrato da numerosi dipinti e stampe ritrovate negli archivi storici.
L’abbandono del Vallone dei Mulini e delle sue funzioni però avvenne dopo la costruzione di Piazza Tasso, nel 1866: l'incanalamento delle acque ed il riempimento della parte terminale del vallone, in prossimità della Marina Piccola di fatto svuotò il Vallone rendendo impossibile il prosieguo delle attività produttive locali.
A proposito dell’evoluzione urbana di Sorrento l’antropologo Giovanni Gug rintraccia nell’importanza dell’incanalamento delle acque l'etimologia stessa del nome Sorrento:
«La copertura dei valloni intorno a Sorrento può considerarsi l’evento più profondo nella metamorfosi del paesaggio locale, perché ne ha snaturato addirittura l’antico significato del nome: secondo l’archeologa Paola Zancani Montuoro, infatti l’etimo di Sorrento non avrebbe alcun collegamento col mito delle sirene, ma deriverebbe dal greco ‘surreo’, che significa ‘scorro insieme’ o anche ‘confluisco’ ».
Diversi episodi franosi hanno minacciato nel corso degli ultimi anni il Vallone dei Mulini di Sorrento: l’ultimo tra i più evidenti è uno smottamento di poco più di un anno fa che ha provocato la caduta di detriti, macigni e residui di piante che si sono depositati nell’alveo del rivo sottostante. Secondo l’ipotesi del WWF, attualmente al vaglio dei periti della procura di Torre Annunziata, la frana sarebbe stata provocata anche a causa dell’eliminazione delle ceppaie di lecci secolari, avvenuta durante l’estate del 2018, ma varie potrebbero essere le cause da accertare: vero è che la mancanza di manutenzione di un’opera antropica all’interno di un paesaggio naturale è soggetta sempre a un ritorno alle origini, ad un ripopolamento delle specie floro-faunistiche autoctone, a cui è complicato opporsi.
Il recupero del Vallone dei Mulini di Sorrento
Attualmente si può accedere al vallone dei Mulini di Sorrento esclusivamente attraverso un piccolo cancello, visibile dalla strada che collega Piazza Sant'Antonino con il porto. La costruzione di Piazza Tasso ha, infatti, isolato il vallone, chiudendo tutte le vie di comunicazione e determinando condizioni climatiche inaccettabili per la sopravvivenza degli esseri umani, visto che il tasso di umidità si conserva costante intorno all'80%. La cosa che però ha dato adito alla rinaturalizzazione del Vallone dei Mulini è il particolare microclima che ha favorito lo sviluppo di una rigogliosa vegetazione spontanea. L’aspetto che lascia perplessi inoltre è la posizione dell’attuale parte di centro abitato di Sorrento rispetto al Vallone: gli edifici moderni e le infrastrutture viarie infatti si affacciano sullo strapiombo che finisce nel canale sottostante.
Proposte e progetti (più o meno approfonditi) per la salvaguardia, il recupero e anche il possibile riutilizzo del sito naturale e dei ruderi che ancora resistono all'interno del vallone dei Mulini, ne sono stati avanzati alla comunità di Sorrento, da associazioni locali e altri portatori di interesse: il vincolo però resta che il sito è in gran parte di proprietà privata e solo una parte pubblica, il che limita fortemente la possibilità di investire fondi pubblici a meno della cessione del sito stesso alla comunità da parte dei proprietari. Alla fine del 2018 un gruppo di geologi, coadiuvati da esperti rocciatori ha intrapreso delle verifiche sul costone roccioso che maggiormente ha mostrato i fenomeni franosi. Dal quadro fessurativo rielaborato mediante accurati rilievi tecnici e campionature di vario genere si è potuto ricavare il materiale preliminare utile alla stesura di un progetto per la mitigazione del rischio da sottoporre all’Autorità di Bacino dell’Italia Centrale per ottenere il via libera alle opere di messa in sicurezza della parete rocciosa.
Secondo Mariano Pontecorvo, amministratore della società “Il Maccheronificio”, attuale proprietaria di una parte dell’area del Vallone dei Mulini:
«È urgente intervenire soprattutto nell’ala ovest, quella sotto il parco Ibsen, che al momento è ad elevato rischio crollo. Ma l’intera area è zona rossa e per questo vogliamo eseguire i lavori di consolidamento il prima possibile […] Il nostro obiettivo è di riattivare la macina ad acqua e rendere il mulino nuovamente operativo, magari realizzando impasti e tipi di pane particolari».
Una volta messo in sicurezza il costone le notizie rese pubbliche sono quelle che parlano di un restauro e consolidamento degli edifici superstiti che si trovano alla base del Vallone: mulino, segheria e lavatoio pubblico.