Entro il 2015 13 nuove torri in Italia, ma il 75% delle scuole ha più di 40 anni

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Negli ultimi anni in Italia stiamo assistendo ad un proliferare di torri e grattacieli, dal design e dalle tecnologie costruttive avveniristiche, spesso con soluzioni che strizzano l’occhio alla sostenibilità (anche se non sempre è tutto oro quello che luccica) che la crisi economica ha soltanto in parte rallentato: tra progetti approvati, in costruzione e appena ultimati, si contano più di una decina di nuovi edifici che svettano o svetteranno entro il 2015 negli skyline delle nostre città. Eppure ci sono edifici, come le nostre vecchie scuole, che meriterebbero qualche attenzione in più, soprattutto perché il 75% di queste ha già compiuto i 40 anni.

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MILANO E IL RESTO D’ITALIA

Il boom più importante per numero di torri e grattacieli si registra a Milano, dove l’Expo 2015 fa da traino ai progetti più ambiziosi (e, in alcuni casi, alla solita speculazione), oltre che da vetrina per il gotha dell’architettura internazionale: Le tre torri del Parco City Life di Isozaki, Hadid e Libeskind (rispettivamente di 202, 170 e 150 m), La Torre Solaria di Arquitectonica, il più alto edificio residenziale della Penisola (134 m), il Bosco Verticale di Stefano Boeri (116 m), il Palazzo Lombardia di Pei Cobb Freed completato nel 2011 (161 m).

Ma anche altre città, seppur con enfasi minore, assistono a questo proliferare di grattacieli: basti pensare alla nuova sede della Regione Piemonte (202 m, Massimiliano Fuksas) e la Torre San Paolo di Renzo Piano a Torino (166 m) , o alla Torre Unicredit di Cesar Pelli (146 m) e i progetti Eurosky e Europarco (120 m) di Roma, o ancora la Torre Unipol di Bologna (126 m), solo per citare i progetti più importanti (e l’elenco potrebbe continuare).

INTERVENTI PRIVATI MA ANCHE PUBBLICI

Non solo grandi compagnie private, banche, assicurazioni, che vogliono erigere una nuova sede rappresentativa della loro potenza commerciale, un simbolo fortemente evocativo da accostare al proprio brand, un edificio con una qualità architettonica che aumenti il proprio valore sul mercato: anche diverse Pubbliche Amministrazioni hanno scelto progetti di questo tipo per ospitare la propria sede,, dimenticando altre categorie di edifici, come le scuole vetuste e inefficienti.

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Se, da un lato, la scelta di erigere nuovi grattacieli dai costi spesso esorbitanti è condivisibile per quanto riguarda ovvi motivi di logistica e organizzazione dell’Ente pubblico, con l’accentramento in un’unica sede tutti gli uffici e i servizi precedentemente sparsi in diversi edifici e sedi, suscita quantomeno una riflessione se comparata con quanto emerge dal rapporto annuale del Censis, uscito nel dicembre dello scorso anno.

LA DRAMMATICA SITUAZIONE DELLE SCUOLE ITALIANE

La ricerca sottolinea come nel settore dell’edilizia scolastica il nostro Paese sia ancora drammaticamente indietro: degli oltre 36mila edifici censiti, ben il 30% risulta edificato prima del 1960 e il 44% è stato costruito tra il 1960 e il 1970, in una fase storica in cui temi come la sostenibilità ambientale, la sicurezza antisismica e la vulnerabilità degli edifici erano ancora poco presenti, se non del tutto assenti, nella legislazione nazionale. Mediamente, quindi, solo una scuola su quattro è stata costruita negli ultimi 30 anni (con punte negative in Piemonte, 17%, e Liguria, 13%): tre decenni in cui si sono avuti diversi terremoti di forte entità, durante i quali si sono registrati crolli e danneggiamenti proprio in edifici scolastici costruiti in passato senza alcun accorgimento antisismico.

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Emerge inoltre come anche gli edifici più “moderni” siano stati molto spesso costruiti in fretta e in modo inadeguato: il 33,5% degli istituti non possiede un impianto idrico antincendio, il 50,7% non dispone di una scala interna di sicurezza, il 40% manca della dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico.

Va comunque ricordato come anche in questo caso esistano divari regionali notevoli, che si discostano dai dati nazionali medi: il certificato di prevenzione incendi è presente nel 36% delle scuole emiliane e soltanto nel 4,6% di quelle sarde.

Si tratta dunque di una situazione di emergenza, in cui ogni giorno bambini e ragazzi siedono in aule non a norma, e trascorrono le loro mattine in edifici spesso ai limiti della fatiscenza. Per questo motivo risulta comprensibile lo sgomento suscitato dall’accostamento di questa fotografia del Paese reale con quella di un’edilizia che vuole spingersi oltre i suoi limiti in interventi, per quanto assolutamente legittimi, assai costosi, in termini economici ma non solo: dalla stessa ricerca infatti si evince anche come i cittadini approvino sempre meno certe scelte in ambito edilizio.

IL CROLLO DELLA FIDUCIA DEI CITTADINI VERSO LE ISTITUZIONI E I RECORD NEGATIVI DELL’ITALIA

Il numero di opere contestate è cresciuto in Italia dalle 190 del 2005 alle 331 del 2011; di queste, poco più della metà (51%) riguarda interventi non ancora autorizzati e solo allo stato di progetto. Il dato più significativo è però quello legato alla provenienza delle proteste: sono ben il 36% le contestazioni di iniziativa popolare, ma crescono anche le iniziative dei politici locali (29%) e delle istituzioni locali (23%).

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Se nel nostro Paese l’avversione verso le opere pubbliche e le infrastrutture è diventato endemico, probabilmente il “merito” va attribuito a tante, troppe scelte sbagliate effettuate in passato, e tanti interventi mancati nel presente (vedi le scuole), che hanno minato la fiducia della popolazione verso i soggetti decisori: su 139 Paesi, l’Italia occupa l’88° posto per la qualità istituzionale, il 127° per la fiducia nell’operato della classe politica, addirittura il 135° per quanto riguarda la trasparenza dei processi decisionali, il 119° per la presenza di favoritismi nelle decisioni pubbliche, il 114° per lo spreco di risorse pubbliche.
Primati di cui il nostro Paese farebbe volentieri a meno.

Matteo Gabbi

Matteo Gabbi Architetto

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