- scritto da Mariangela Martellotta
- categoria Del Paesaggio
Coronavirus: come stanno cambiando le nostre città
Città deserte, uomini come isole, “distanti ma uniti”. Quella che stiamo vivendo a causa del Coronavirus è un’emergenza planetaria, una situazione senza precedenti. Siamo chiamati ad essere responsabili rimanendo isolati da mondo e chiusi nelle nostre case, mentre il mondo rallenta e paradossalmente si registrano gli effetti positivi dell’assenza umana nelle nostre città. Questa situazione che stiamo vivendo si può riassumere in un’espressione moderna: “decluttering urbano”.
In copertina: Milano - Piazza Duomo (fonte: JaCZhou/Getty Images via Artribune).
Da qualche giorno imperversano le immagini di piazze e luoghi d’arte svuotati dalla presenza umana e soprattutto strade prive di traffico veicolare. Se da un lato le immagini lanciate sul web, sia da privati cittadini che da molti siti, incutono turbamento per via della novità inaspettata dovuta alla consapevolezza di trovarci tutti in una situazione di pandemia, dall’altro si può godere – anche se solo virtualmente – della totalità degli spazi pubblici, della grandiosità dei monumenti e della vista del patrimonio architettonico non inficiata da presenze di alcun tipo.
Se oggi, alla vista degli effetti del Coronavirus sulle nostre città, a prevalere è senza dubbio un sentimento di angoscia, dovuto all’impossibilità di stingerci ai nostri affetti, è indispensabile agire responsabilmente, rispettare i divieti e i coprifuochi con consapevolezza, non dimenticando che storicamente ad ogni guerra è sempre seguita la pace.
Avevamo bisogno di un virus per costringere l’umanità intera a fermarsi e cambiare le proprie abitudini di vita in modo radicale, portando allo stesso tempo indubbi e inaspettati benefici all’ambiente? La pandemia di questo 2020 causata dal COVID-19 (acronimo dell'inglese COronaVIrus Disease 19) o malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2 (dall'inglese Severe acute respiratory syndrome coronavirus 2) è ormai noto che si diffonde tanto più rapidamente quanto più elevato è il livello di particolato nell’atmosfera; lo rileva un studio della Società italiana di medicina ambientale (Sima) in collaborazione con le Università di Bari e di Bologna, che hanno esaminato i dati pubblicati sui siti delle Agenzie regionali per la protezione ambientale (ARPA) incrociandoli con i numeri sui casi in Italia, riportati sul sito della Protezione civile (fonte Androkonos).
Le città deserte a causa del Coronavirus
È chiara la trasformazione che le nostre città hanno subito in queste ultime settimane: lunghe panoramiche su spazi pubblici deserti, sembra quasi di essere in un film senza sonoro, nessun rumore, nessuna presenza umana, niente traffico, ma soprattutto niente inquinamento!
Il presidente francese Macron ha ripetutamente utilizzato l’espressione «siamo in guerra», per definire lo stato di emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Dopo le scuole di ogni ordine e grado chiuse sin dal 12 marzo, è toccato, nei giorni seguenti, ai negozi e ai servizi pubblici non essenziali.
L’agenzia francese ZUMA mostra una Parigi desolata eppure con un fascino aspettato, così come mozzano il fiato e stringono il cuore le immagini di città in Italia e nel resto del Mondo.
Salta agli occhi lo spazio vuoto, i negozi chiusi, qualche rara persona che si isola da altri eventuali passanti (anche per via delle ordinanze) e, a volte, le lunghe file nei pressi dei pochi esercizi aperti che vendono generi di prima necessità. Una guerra mondiale contro un nemico invisibile che ci costringe tutti a casa per evitare il contagio.
Tutte le città stanno godendo silenziosamente dei benefici dei fermi veicolari e dell’assenza di attività di ogni tipo: a Venezia è perfino tornata l’acqua limpida nei canali.
In questo modo non solo si sta debellando il rischio di contagio, ma si sta favorendo indistintamente la sanificazione da inquinanti di piccoli paesi e grandi città.
Focalizzando l’attenzione sui luoghi in cui viviamo ci accorgiamo che non ci possiamo più permettere sprechi, dispendi inutili di energia, sfruttamenti incontrollati dei territori e noncuranza del patrimonio urbano esistente.
Le immagini delle città famose e di ogni singolo paese o luogo d’arte, in questo momento, mettono in risalto, nella loro aura spettrale, la grande bellezza e insieme il grande degrado dei luoghi, qualità e difetti che, quando gli spazi urbani sono popolati, non notiamo perché distratti da altro.
Serve necessariamente un carico antropico incontrollato nelle città d’arte? Si può pensare a delle misure per calmierarlo?
È necessario che i mezzi a motore invadano piazze e strade dei luoghi d’arte? O in alternativa si può favorire la mobilità pedonale e ciclabile che oltretutto ridurrebbe anche tanti costi pubblici?
Che obbligo abbiamo come cittadini di rispettare delle comunissime norme di educazione civica nei confronti degli spazi pubblici e nei riguardi dei nostri vicini di quartiere? Possiamo ancora ignorare che la res publica si chiama così perché ne possiamo godere tutti?