La matematica delle metropoli non è un’opinione

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Molti studi negli ultimi decenni hanno dimostrato che le proprietà medie degli insediamenti urbani contemporanei, dai risultati socioeconomici all'area territoriale fino all'estensione delle infrastrutture, variano in modo sistematico e prevedibile con la dimensione della popolazione. Insomma dietro alle metropoli in espansione si nasconde la matematica e, più precisamente, la teoria dell'urban scaling. 

Sotto le infrastrutture e il tessuto sociale di ogni città del mondo c'è un insieme di regole matematiche nascoste comuni a tutti 
(Cities & Urbanization Team of Santa Fe Institute)

Dai ricercatori della Colorado University sono giunte notizie su evidenti analogie tra gli scenari di espansione di metropoli odierne e del passato: in particolare, gli autori di questi particolari studi a cavallo tra la sociologia e la demografia, coordinati dall’archeologo Scott Ortman, hanno scoperto che la costituzione degli insediamenti, duemila anni fa come oggi, condizionava la produttività e l’efficienza degli abitanti.

L’espansione delle città del passato, soprattutto in termini di struttura, produttività e demografia, obbediva alle stesse regole matematiche a cui si attengono gli attuali agglomerati urbani, sebbene vi siano stati incisivi cambiamenti culturali, politici e tecnologici dall’epoca delle antiche civiltà, passando i vari periodi storici, sino ai giorni nostri.

In un articolo pubblicato nel 2013 sulla rivista “Science” dal docente universitario della facoltà di sociologia dell’Università di Chicago Louis M.A. Bettencourt, tratto da “Le origini del ridimensionamento nelle città”, si legge ad esempio che le misure dell'estensione fisica delle infrastrutture urbane aumentano più lentamente della dimensione demografica della popolazione, mostrando così economie di scala. D'altra parte, vari output socioeconomici aumentano più rapidamente del numero degli abitanti e quindi mostrano rendimenti di scala crescenti. La teoria recente, basata su analisi comparative di grandi insiemi di dati per molti sistemi urbani in tutto il mondo, ha proposto che queste proprietà delle città moderne assumano una semplice forma matematica ed emergano da alcuni principi generali dell'organizzazione sociale umana.

Questa visione richiede che nelle società umane le città funzionino come reattori sociali: le città più grandi sono ambienti in cui è possibile supportare e sostenere un numero maggiore di interazioni sociali per unità di tempo e tale dinamica, apparentemente generica, è a sua volta la base per l'espansione dell'organizzazione economica e politica della società.

Quindi se l'espressione di attività come il coordinamento del lavoro, la specializzazione della conoscenza e lo sviluppo delle istituzioni politiche e civiche riflette in tutto e per tutto la storia e la cultura di un piccolo centro abitato , in qualsiasi sistema urbano di grandi dimensioni, vengono condivise caratteristiche comuni alle varie tendenze presenti che necessariamente amplificano le opportunità di interazione sociale e forniscono opportunità di scambio, contribuendo ad un incremento di produttività e di lavoro umano.

Un aspetto importante di queste idee è che quella che viene definita dagli studiosi del fenomeno come “derivazione teorica delle relazioni di scala” non invoca caratteristiche specifiche delle economie moderne, dell'industrializzazione o del commercio globale, ma si basa invece solo su caratteristiche di base che sono le reti sociali umane incorporate nello spazio. Di conseguenza, questi modelli sono potenzialmente applicabili a sistemi insediativi antichi (e anche non urbani) e con essi possono essere formulate previsioni integrate e nuove per la struttura e la funzione di questi sistemi di evoluzione delle città; naturalmente tali modelli sono stati testati utilizzando prove archeologiche. 

La teoria dell'urban scaling

Crescendo, spiegano gli esperti, le città obbediscono a diverse regole matematiche. Innanzi tutto con l’incremento demografico l’area dell’insediamento tende a diventare più densamente popolata, anziché crescere di dimensione e questo meccanismo fa sì che le persone vivano sempre più vicine le une alle altre, usino le infrastrutture più intensivamente, interagiscano più frequentemente e, di conseguenza, siano anche più produttive. Si spiega con queste parole l'urban scaling, il cui insieme di regole (che definiscono l'analogia tra le leggi metamatiche e l'espansione urbana) fu scoperto per la prima volta nel 2014 dallurban scaling

Man mano che le nostre città diventano più grandi, le sinapsi che le collegano - persone con eccezionali capacità sociali - stanno diventando sempre più essenziali per la crescita economica.

Vi proponiamo un breve documentario dal titolo “Cities, Scaling and Sustainability” in cui sono stati intervistati esperti del settore:

Geoffrey Brian West durante una conferenza sullo sviluppo delle metropoli e l'urban scaling, al Santa Fe Institute   Geoffrey Brian West durante una conferenza sullo sviluppo delle metropoli e l'urban scaling, al Santa Fe Institute  

Per arrivare a questa conclusione i ricercatori hanno analizzato e approfondito studi sugli antichi insediamenti latino americani: la posizione degli edifici di culto e delle residenze, in particolare confrontando i dati attuali di Città del Messico (tra le metropoli più densamente popolate al mondo) con i dati disponibili da duemila anni fa ad oggi, un periodo che si stima abbia coperto ben quattro ere culturali.

Usando queste informazioni, i ricercatori hanno stimato popolazioni, densità, velocità di realizzazione dei monumenti e produttività di oltre 4.000 insediamenti. I risultati dimostrano chiaramente che le città più popolose sono le più produttive, e che il tasso di crescita della produttività degli insediamenti del passato è esattamente lo stesso di quello delle metropoli di oggi.

Secondo l’archeologo Ortman, si tratta di un risultato “bizzarro e incredibile […] ci è sempre stata inculcata la teoria che grazie a capitalismo, industrializzazione e democrazia il mondo di oggi sia radicalmente diverso da quello del passato. Abbiamo scoperto, invece, che il volano fondamentale dei modelli socioeconomici urbani è molto precedente, e strettamente collegato alla possibilità di creare reti sociali umane.

Quindi se le città crescono e la loro produttività aumenta non è “colpa” ne del capitalismo né dell’industrializzazione o di una spinta dovuta alla visione democratica del sociale, bensì ai rapporti che si instaurano tra abitanti in aree densamente popolate.

Come la geometria delle città determina le leggi di scala urbana

A sapere sin dall’avvento dell’era moderna che la dimensione e l’espansione delle città sono legate a leggi matematiche e che si vive in comunità vive (oggi come nelle civiltà del passato) fatte non di automi ma di soggetti cooperanti, artisti come Antonio Sant’Elia o il regista Fritz Lang avrebbero forse ripensato alla struttura delle loro città del futuro: futuro che loro pensavano come i decenni dopo il 2000 e che coincide con il periodo che stiamo vivendo oggi oltre tutto. Ci rendiamo conto osservando le loro “metropoli” che esse appaiono inquietanti e assai diverse da quelle reali a cui dovrebbero corrispondere anagraficamente.

Probabilmente noi spettatori le associamo a quegli scorci resi estremamente meccanizzati dove prevale la presenza della componente meccanica su quella umana ma che costituiscono una minima parte dell’aspetto attuale delle metropoli, fatto di aspetti materiali, immateriali e del fattore umano.

Le leggi di variazione della scala urbana mettono in relazione le variabili socio-economiche, comportamentali e fisiche con la dimensione della popolazione delle città. Consentono un nuovo paradigma della pianificazione urbana e una comprensione della resilienza urbana e dell'economia. L'emergere di questi rapporti potere-diritto non è ancora chiaro. Migliorare la comprensione dell’origine di queste leggi aiuta ad applicarle al meglio per ottenere uno sviluppo sostenibile e ad approfondirne le loro proprietà.

Fritz Lang, vista di Metropolis in una clip dell’opera cinematografica del 1927.Fritz Lang, vista di Metropolis in una clip dell’opera cinematografica del 1927.

Esiste una formula matematica per progettare una città perfetta? 

È di qualche mese fa l’annuncio del modello matematico sviluppato dal fisico Luis Bettencourt, con l'obiettivo di migliorare lo sfruttamento del suolo e la pianificazione urbana. Questo modello teorico racchiude tutte le dinamiche sociali, economiche e urbanistiche delle moderne aree urbane ed è stato messo a punto in vista del rapido ed esponenziale sviluppo delle città verso le quali entro la fine del secolo si stima che confluirà l’intera popolazione mondiale.

Naturalmente assieme alla popolazione confluiranno criminalità, ricchezza, ingegno, pregi e difetti degli abitanti e naturalmente sarà necessario incrementare e implementare le infrastrutture: molteplici i fattori presi in considerazione per costruire questo modello matematico.

Quello che emerge e che stupisce poiché ribalta un po’ il nostro tradizionale modo di vedere le metropoli è un ritratto inatteso del modo in cui realmente esse crescono e funzionano. Infatti da sempre sono stati utilizzati paragoni per descrivere le città e i termini di paragone sono stati tantissimi e tutti legati in un certo senso a fenomeni naturali: organismi viventi, termitai, foreste urbane ecc.. 

Le metropoli cinesi di Pechino e Tientsin viste di notte dalla Stazione spaziale internazionale (fonte: NASA--Johnson Space Center)Le metropoli cinesi di Pechino e Tientsin viste di notte dalla Stazione spaziale internazionale (fonte: NASA--Johnson Space Center)

Dagli studi sul rapporto tra matematica e sviluppo delle città esse sono descritte come entità a metà strada tra una stella e un social network: probabilmente a parole e in maniera semplice sarà difficile rendere l’idea di una scoperta scientifica così particolare e complessa ma in sintesi si può riportare un’affermazione dello stesso Bettencourt

Una città è prima di tutto un reattore sociale. Funziona come una stella, perché attrae persone e accelera le interazioni e gli output sociali proprio come le stelle comprimono la materia bruciando più velocemente e in maniera più luminosa tanto più sono grandi […] le città sono come enormi social network, fatti non tanto dalle persone quanto dalle loro interazioni, che avvengono a loro volta in altri network (sociali, spaziali, infrastrutturali) che consentono a cose, informazioni e persone di incontrarsi nello spazio urbano.

Mariangela Martellotta

Mariangela Martellotta Architetto

Architetto pugliese. Prima di decidere di affacciarsi al nascente settore dell’Ecosostenibilità lavorava nel settore degli Appalti Pubblici. È expert consultant in bioarchitettura e progettazione partecipata. Opera nel settore della cantieristica. È membro della Federazione Speleologica Pugliese.