- scritto da Mario Rosato
- categoria Criteri Progettuali
La fermentazione oscura abbinata a piantagioni di bambù per contrastare il cambio climatico
Le emissioni di anidride carbonica (CO2) derivate dall’uso industriale della biomassa convenzionalmente si considerano “neutre”. Tuttavia, il problema del cambio climatico globale necessita di mettere a punto soluzioni realmente efficaci per ridurre ilcontenuto totale di CO2presente nella atmosferail più rapidamente possibile. Un processo di produzione di energia, particolarmente conveniente, è la digestione anaerobica che sfrutta la biomassa generando emissioni minime di carbonio (C). Tuttavia, da un punto di vista di emissioni nette di gas effetto serra, l’alternativa migliore a tale processo biologico è la fermentazione oscura (FO).
LA FERMENTAZIONE OSCURA
Si tratta sempre di un processo biologico, simile alla produzione di biogas, che genera una miscela composta da un 70% di H2 e un 30% di CO2.
Inoltre, presenta una differenza importante: a parità di quantità di energia totale generata, le emissioni totali di CO2 raggiungono solo il 35% di quelle che produrrebbe il biogas. Altro vantaggio del processo è che la quantità di C trattenuta nel fango è notevole e si attesta attorno al 60% della quantità di C contenuta nella massa immessa nel sistema di trattamento. Possiamo quindi affermare che il processo di F.O. dei fanghi costituisce un serbatoio di C molto più efficiente del processo mediante fermentazione metanogenica.
I BOSCHI E LA COMPENSAZIONE DELLE EMISSIONI DI CARBONIO
La capacità dei boschi tropicali di compensare le emissioni di carbonio, purtroppo, è minacciata dalla crescente domanda di materia prima a scopi industriali (edilizia, mobili, carta…) ed energetici (specialmente in Africa e Latinoamerica, ma anche in Italia, per via delle distorsioni di mercato introdotte dagli incentivi alla generazione elettrica da biomasse). Se il legno pregiato potesse essere sostituito da un materiale ricavato da piante di rapida crescita, i boschi tropicali soffrirebbero una minore pressione antropica e avrebbero il tempo necessario (decadi) per rigenerarsi.
LA PROPOSTA DELL’AUTORE PER CONTRASTARE IL CAMBIO CLIMATICO
La proposta dell’autore, e del suo gruppo multidisciplinare di collaboratori, per contrastare il cambio climatico consiste nell’integrare una piantagione di bambù ad un impianto di trattamento mediante Fermentazione oscura della frazione organica di rifiuti solidi urbani (FORSU) e/o acque reflue di tipo organico. In questo caso il suolo della coltivazione e, successivamente, i materiali derivati dall’industrializzazione del bambù fungono da serbatoi di carbonio e azoto. Mediante la sostituzione dei materiali tradizionali da costruzione (la cui produzione è una delle principali fonti di emissioni di CO2) con prodotti derivati dal bambù è possibile fissare il carbonio in forma di beni durevoli (50 – 100 anni). Il processo produttivo ipotizzato utilizza bioidrogeno (eventualmente anche biogas) al posto dei combustibili fossili consentendo un’importante riduzione di emissioni di CO2 .
Un ettaro di bambù può fissare 8,86 tonnellate di C / anno nel suolo e nei prodotti durevoli, l’equivalente a 31,5 tonnellate di CO2. Combinato con la FO di 18,75 tonnellate di FORSU, la coltivazione di bambù può risparmiare fino a 142 tonnellate di emissioni di CO2 / anno se la si compara con il conferimento in discarica di FORSU. In Italia, la coltivazione in zone marginali, improduttive e a rischio di dissesto idrogeologico, con l’obiettivo di assorbire CO2 e nitrati zootecnici è perfettamente fattibile. La coltivazione massiva di bambù in Europa rappresenterebbe una valida opportunità capace nel contempo di riattivare l’economia con nuova occupazione, denitrificare suoli contaminati e assorbire CO2 atmosferico.
DESCRIZIONE SCHEMATICA DELLA SOLUZIONE PROPOSTA
Fase 1: Fermentazione Oscura
Un metodo immediato per la produzione di idrogeno attraverso la F.O. è la coltivazione di batteri capaci di generarlo selettivamente. Dalle prove realizzate, possiamo assumere un rendimento di 0,3 m3 di H2/kg di Solidi volatili (SV).
Con una densità “tipica” di rifiuti alimentari pari a 500 kg/m3 e il 19% del contenuto di SV, si può dedurre un rendimento “tecnico” pari a 53,38 m3 H2/ton di FORSU. La quantità di fango che rimane dopo la fermentazione sarà di circa il 40% della massa immessa e avrà un tasso di umidità dello stesso ordine di grandezza. La relazione C / N dei fanghi dopo della FO è dell’ordine di 10.
Fase 2: Fissaggio del carbonio mediante il bambù
Ad oggi, più di 1000 specie di bambù sono state classificate e la caratteristica che le accomuna è l’elevato tasso di crescita e la notevole resistenza meccanica delle fibre. La più ampiamente diffusa per uso industriale è la Phyllostachys pubescens (e varietà relazionate) ovvero il bambù gigante. Tale specie si caratterizza per una grande capacità di assorbimento di CO2 e da canne di grosso spessore, ideali per ottenere prodotti durevoli come i pannelli di parquet, travi e altri elementi strutturali, tavolati per fabbricazione di mobili, ecc. Tutti i prodotti citati possono rimpiazzare gli omologhi realizzati con legno duro. Consideriamo dunque la specie ideale il Phillostachys pubescens per l’alto tasso di fissaggio di CO2 a lungo termine. Dall’altra parte, dato che può sostituire altri materiali da costruzione che emettono grandi quantità di CO2 nel suo ciclo di produzione, il beneficio è duplice: la costruzione di edifici e beni durevoli con il bambù rappresenta un serbatoio di carbonio anziché una fonte di emissioni come lo è l’industria dei componenti edilizi tradizionali.
Il bambù rispetto al legno presenta un vantaggio notevole: il tempo di crescita per l’ottenimento della materia prima è molto più corto, al massimo 4 anni contro i 50 anni. Altro pregio del bambù è che cresce in suoli degradati e incluso contaminati, quindi è ideale per bonifiche ambientali.
IL SALDO FINALE
Possiamo calcolare come segue flussi di C di un ettaro coltivato con bambù, gestito in sinergia con un sistema di F.O. di FORSU:
Fig. | Flussi di carbonio nel processo proposto
Il saldo finale è un tasso di fissaggio del C netto di 8,86 ton / ha.anno.
Il sistema proposto per il trattamento dei rifiuti organici abbinato ad una piantagione di bambù per la produzione di pannelli funziona dunque come un serbatoio netto di C. Inoltre, durante il processo si produssero 2.502 m3 di H2. Considerando 10.789 kJ/m3 di potere calorifico inferiore, l’idrogeno prodotto equivale a 882 kg di carbone fossile. Pertanto, la quantità di emissioni di CO2 risparmiate all’ambiente è di 3,23 ton. A parità di superficie di piantagione, la quantità di pannelli di fibra di bambù ricavabile al termine di un anno è la stessa ricavabile da un bosco tropicale in 20 anni.
Immagine in alto | L’autore alla bambuseria di Prafrance (Francia). Foto di Giovanna Barbaro.