Lo spazio incompiuto diventa ufficio green: nuove frontiere del riuso

Lo Studio 120, collettivo di architetti vietnamiti, ha trasformato una casa mai completata, in un quartiere della città a sud-ovest di Hanoi, in uno spazio di vita e di lavoro. Su richiesta della società di consulenza e design Mein Garten, i progettisti hanno riprogettato l’edificio ponendo l’attenzione sull’efficienza energetica e sul riuso di materiali di recupero, in modo da ridurre sensibilmente i costi della ristrutturazione.

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La committenza è una società che si occupa di paesaggio e di orticoltura: per questo l’edificio  aveva l’obiettivo di diventare il manifesto di una filosofia aziendale, dando spazio alla natura.

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Il progetto colpisce per l’abilità con cui sono stati creati spazi ibridi tra interno ed esterno e per aver riportato il verde in un quartiere densamente costruito.

L’ufficio mira a introdurre il concetto di riuso in ambito urbano, aprendo nuove prospettive all’incompiuto. Molte zone della città sono il prodotto dalla rapida espansione urbana che la crisi immobiliare e finanziaria ha tramutato in quartieri “fantasma”; qui come in altre parti del mondo, una pianificazione urbanistica erosiva e sregolata ha causato problemi sociali in termini di sicurezza e vivibilità. Invece di costruire ancora, ora si decide di riutilizzare le strutture grezze abbandonate, rivitalizzando zone che rischierebbero di essere dimenticate. Oltre ad essere un ufficio di rappresentanza, fornito di attrezzature e spazi adeguati, l’edificio ospita anche uno spazio per la progettazione e il lavoro creativo.

Parti delle pareti del vecchio manufatto sono state abbattute per evitare filtri tra interno ed esterno, costituendo percorsi che assomigliano a quelli di un giardino: acqua, terrazze, verande e camminamenti. Non sono stati trascurati nemmeno gli spazi per il relax, dove i dipendenti possano “ricaricare le batterie” per essere poi più attivi in ambito lavorativo.

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Lo studio 120 ha pensato questo ambiente non solo come luogo di lavoro, ma come vero e proprio luogo di vita, dove la natura aiuta gli abitanti ad avere un comfort maggiore, gli spazi stimolino continuamente l’interazione tra le persone, e tra i lavoratori sia incentivata la produttività e allontanata la noia.

I progettisti hanno scelto pannelli di legno in facciata, a mo' di corazza, per ridurre l’impatto della pioggia sulle pareti bianche intonacate e su cui far crescere piante rampicanti. Il verde diventa un elemento della costruzione, come il legno e il mattone, permettendo una metamorfosi continua dell’edificio che ogni giorno assume diversi connotati. Il resto dei materiali usati, tentando di favorire più possibile la ventilazione naturale e l’ingresso di luce solare, sono stati scelti di riuso per ridurre, oltre ai costi di realizzo, anche gli sprechi nel corso della vita dell’edificio.

Quanti edifici abbandonati ci sono nelle nostre città? È pensabile dare loro una seconda possibilità?

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Lucia Terenziani

Lucia Terenziani Architetto

Si perde passeggiando nei borghi storici e nelle città, le piace cogliere istantanee e scorci dimenticati. Vive e lavora a Parma, dove progetta e ri-progetta spazi. Ama leggere, scrivere, visitare musei, immergersi nei boschi e interrogarsi sulle possibilità dell’abitare in armonia con se stessi e la natura che ci circonda.